Participate Translate Blank profile picture
Image for Baobab, un nuovo stile di accoglienza dei migranti a Roma

Baobab, un nuovo stile di accoglienza dei migranti a Roma

Published on

Romasocietà

Sfidando freddo e maltempo, prosegue a Roma il presidio di accoglienza autogestita per i migranti transitanti, in attesa di partire per il nord Europa. In una città che si rifiuta di garantire delle strutture adeguate, il Baobab è un insieme di storie di accoglienza partecipata.

«I migranti erano carne da macello». Queste la parole del PM Ilda Boccassini nel presentare i risultati della maxi operazione della Polizia di Cremona nel contrasto al fenomeno del traffico dei migranti.  Arresti in varie province italiane, compresa la zona di frontiera di Ventimiglia, tristemente nota per le condizioni disumane in cui viaggiano i migranti. La polizia, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, ha scoperto una banda di trafficanti di esseri umani che operavano a livello internazionale. L'inchiesta ha documentato ben 62 "viaggi" in cui i migranti, fra cui anche bambini, venivano trasportati in camion chiusi col lucchetto, ammassati fino a 40 in unico mezzo, quasi senza aria. Si tratta di profughi che, dopo aver affrontato un viaggio in mare pagato fino a 5mila dollari, raggiungono Catania dove affrontano una nuova tappa per attraversare in treno l'Italia e arrivare a Ventimiglia. Spendono poi altri mille euro per attraversare la frontiera e raggiungere il nord Europa.  

Chi sono e come vivono i migranti transitanti per l’Italia prima di giungere a quei camion dove si giocano il tutto per tutto? Alcuni di loro, prima di questa tappa del viaggio, si fermano a Roma dove trovano accoglienza temporanea grazie ai volontari di  Baobab Experience.  

Una storia di accoglienza e sgomberi

Baobab Experience nasce dall’esperienza dell’ex centro culturale Baobab di via Cupa, trasformato in centro di accoglienza autogestito per migranti provenienti soprattutto dal Corno d’Africa, Sudan, Gambia, Libia ma soprattutto Eritrea, in fuga da regimi corrotti e sull’orlo di una guerra civile, transitanti per l’Italia e desiderosi di raggiungere paesi del nord Europa per ricongiungersi con parenti o amici o, semplicemente, per cominciare una nuova vita in un paese a loro più congeniale.  Fra il 2015 e il 2016, dal Baobab di via Cupa sono passati oltre 35.000 migranti transitanti. Poi lo sgombero della struttura il 6 dicembre 2015. In assenza di una sede e di risposte concrete da parte di Comune e I Municipio, il gruppo di volontari del Baobab ha continuato a offrire una accoglienza "fai-da-te" nella medesima struttura di via Cupa.

Un’accoglienza basata su tanta forza di volontà e il prezioso supporto di associazioni mediche e legali e dalla rete costituita nei mesi con associazioni di attivisti nazionali ed europei. Fino al 30 settembre 2016, quando è avvenuto lo sgombero definitivo dell’edificio per  "questioni di sicurezza".  I migranti hanno dormito per qualche giorno in via Tiburtina, nei pressi del cimitero Verano. Poi le autorità hanno tassativamente proibito qualsiasi presidio o assembramento sul posto. Per qualche notte i profughi hanno dormito nel giardino della Basilica di San Lorenzo. Ma durante il giorno, erano circa 300 a vagare per la città in attesa di ripartire. Fino a che i volontari di Baobab non hanno riorganizzato l’accoglienza in piazzale Spadolini, a est della stazione Tiburtina.

Un nuovo stile di accoglienza

Così è nato "Baobab Experience": i principi di accoglienza del Baobab replicati in un contesto in cui non c’è più la struttura di via Cupa, ma rimane lo spirito che lo ha animato.  E’ un’accoglienza basata sull’impegno di un manipolo di volontari che riescono, giorno dopo giorno, ad assicurare due pasti caldi ai migranti accampati laggiù, in attesa delle condizioni migliori per andare a nord e varcare la frontiera.  In questi mesi, sfidando anche l’emergenza freddo e maltempo, hanno offerto ai migranti transitanti sostegno psicologico, cure sanitarie, assistenza legale, vestiti, cibo, cultura e svago. Ora i migranti accampati in piazzale Spadolini sono "tollerati" dalle autorità che semplicemente hanno deciso di non farsi carico della situazione, sebbene  svariati sgomberi  siano stati effettuati negli ultimi mesi. Nessuna sede, nessun luogo riparato, solo la strada ad accogliere questi uomini, donne e bambini in cerca di una chance di vita migliore da quella da cui sono sfuggiti. Il Baobab è stato definito "fenomeno di civiltà", i volontari parlano del loro impegno come “atto di disobbedienza civile”. La verità è che se non ci fossero loro, che tutti i giorni coordinano tramite un gruppo chuso di Facebook preparazione ed erogazione di 2 pasti al giorno per minimo 50/60 personequesti migranti transitanti sarebbero completamente abbandonati a se stessi in attesa del fatidico viaggio in quei camion descritti da Ilda Boccassini.

I pasti tipici preparati dai volontari del Baobab Experience sono riso e pollo al curry, panini con la frittata o col tonno, dolci fatti in casa. Si scambiano consigli tramite il loro gruppo Facebook su come e cosa cucinare per una così elevata quantità di persone, come trasportare i cibi mantenendoli caldi e quali spezie privilegiare. Organizzano uscite fotografiche ed escursioni culturali domenicali per far scoprire agli "ospiti" anche le bellezze che offre Roma. 

Roberto Viviani, presidente di Baobab Experience, definisce questo slancio di solidarietà come una «incredibile esperienza di attivismo della cittadinanza». Con un ingrediente fondamentale, continua Viviani: «Ci mettiamo empatia».

A dispetto dell’indifferenza delle istituzioni capitoline, il Baobab Experience ha perfino suscitato l’attenzione dei media oltreoceano. In un reportage  del New York Times dedicato agli "angeli italiani" che aiutano i migranti, è stato  intervistato Andrea Costa di Baobab Experience: «La nostra idea di accoglienza è completamente diversa da quella del governo- ha spiegato al NYT- per molti migranti l’Italia è solo il primo passo per una vita migliore. Vogliono raggiungere i paesi più ricchi. Ma Roma è l’unica capitale in Europa a non avere non ha un centro per i migranti in transito». 

Oltre ai transitanti che sostano a Roma pochi giorni prima di andare all’estero (principalmente in Francia, Germania, Finlandia o Olanda), al Baobab si fermano anche migranti che non riescono ad accedere alla procedura di asilo o che aspettano il ricollocamento.

La trattativa

La "trattativa" fra Baobab Experience e Comune di Roma è durata oltre cinque mesi, per concludersi malamente a fine dicembre 2016, quando si è definitivamente interrotto il tavolo con il Dipartimento delle Politiche Sociali del Comune di Roma con il rigetto di tutte le richieste delle associazioni presenti. Le richieste del Baobab erano le seguenti: allestire un presidio umanitario di prima accoglienza gestito da Baobab Experience, MEDU, Intersos e dalla rete legale (Cir, A Buon Diritto, Action e Radicali) in collaborazione con l’amministrazione capitolina. La location richiesta era un parcheggio inutilizzato, dove offrire ai migranti in arrivo un pasto caldo, abiti puliti, un primo accertamento delle condizioni psicofisiche e una prima informativa legale. Il tutto a costo zero per la città di Roma. La risposta del Comune è stata invece una vettura con due operatori per qualche ora al giorno, per indirizzare gli stessi migranti a posti letto in realtà non disponibili, in quanto i centri sono già stracolmi.  «Le istituzioni competenti sono incapaci di offrire soluzioni di lungo periodo», denunciano i volontari di Baobab Experience.

«Da circa due anni abbiamo questa situazione assurda- spiega a Cafébabel Giovanni Visone, portavoce di Intersos- di tende che si spostano da un piazzale all’altro della città e un sistema di accoglienza che si regge sulle spalle dei volontari e delle associazioni. Avere questa situazione in pieno inverno significa creare tutte le premesse per provocare un’emergenza d’estate. Ma questa non è un’emergenza, è un fenomeno strutturale, legato al peso dei regolamenti europei sui sistemi nazionali. Queste persone sono vittime della burocrazia».