Attentati a Parigi: una carneficina lunga una notte
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Era un venerdì sera come tanti nel decimo arrondissement. Che si è rivelato il preludio dell'hangover peggiore della mia vita. Resoconto della notte che ci ha portati all'inferno.
È un venerdì sera come tanti altri nel decimo arrondisement di Parigi. In rue du Faubourg Saint-Denis, i locali pullulano di gente che è uscita per bersi un bicchiere. Il venerdì sera la birra è più buona. E sentiamo di essercela meritata. «Settimana di fuoco», «giornate tese», «pieni zeppi di lavoro».... i parigini si sfogano più del solito per liberarsi dello stress.
Bisogna passare sotto un portico per entrare nella cour des Petites Écuries. Da una parte all'altra della strada pavimentata, i beoni del Tribal, Ô P’tit Paris, Bleu Cerise, Gros, si scambiano battute. Ridiamo al pensiero di andare al Gros, e allora vada per il Tribal. Sono le 21:05. L'happy hour è finito da 5 minuti. È assurdo, ma il gin tonic costa comunque 4 euro. La partita in TV è iniziata da 5 minuti. Francia-Germania. Grande prova per Euro 2016. Si sta bene, il gin ci scalda un po', ci si fa un selfie con un limone in bocca. Nel mentre, ci si fuma una sigaretta. Si parla della settimana. «Al momento avete molto lavoro?». E poi arriva Oscar, una mano in tasca, nell'altra il telefono. Ci dà una pacca sulla spalla. È alterato. Parla velocemente. «È mio fratello che lavora da Vice, c'è una sparatoria al Canal Saint-Martin. Un sacco di morti».
Oscar ha l'abitudine di esagerare. E molto. Gli sorridiamo scherzosamente e rispondiamo: «Sì sì, è un po' teso l'ambiente da quelle parti». Oscar insiste, «Piantala, sei pesante». Rientriamo nel bar. Phubbing, sono tutti attaccati al loro smartphone. Una notifica dall'applicazione della TV BFM: "Spari nel decimo arrondisement". Si delinea meglio la situazione, è la rue Bichat, una via tranquilla a 2,3 km da qua. Un comunicato di Le Figaro: "Esplosioni allo Stade de France". Non capiamo, guardiamo la partita, continuano a giocare. Non c'è il volume. Hanno fatto evacuare il Presidente della Repubblica. Il cameriere sorride, la gente è piegata sugli schermi dei cellulari, un tipo ci spiega che già questo pomeriggio c'era un casino a Gare de Lyon. Niente panico. Terza notizia: i tizi adesso sono al teatro Bataclan, undicesimo arrondisement. Non sappiamo ancora se sono le stesse persone, ma dalla rue Bichat alla sala dei concerti si deve passare per forza da qua vicino. Guardiamo fuori, stanno chiudendo i déhors. Ce la facciamo sotto. Laura più degli altri. Ce la squagliamo.
Nell'appartamento siamo una decina. Nel panico abbiamo perso della gente. Ci connettiamo immediatamente ai newsfeed sui social network. Davvero, quest'anno sono diventati la cassa di risonanza dell'inferno. Romain prepara degli shot. Doppi. Fa caldo, va un po' meglio. Gridiamo cose del tipo: «Non saranno loro a fotterci la serata. Facciamoci la serata del secolo». Degli amici sono venuti da Tolosa per il weekend. Ci diamo il cinque. Cominciamo a dire cavolate. Oscar riprende con le sue battute. Arriviamo persino a parlare di altre cose. «Li abbiamo battuti i tedeschi alla fine?». Prendiamo in giro Olivier Giroud, si parla di Karim Benzema. «In Europa, si dice ancora che è colpa del motore franco-tedesco». Lol.
23:30. Il titolo di I-Télé è cambiato. Persone in ostaggio al Bataclan. Erwan è qui con noi, è preoccupato. Lavora nella musica, i suoi amici sono al concerto degli Eagles Of Death Metal. D'altra parte, ci diciamo che andrà tutto bene. Come all'Hyper-Casher a gennaio, che le forze dell'ordine lo metteranno in sicurezza. C'è un sacco di persone nella corte interna. Scendo. Chiacchieriamo un po', beviamo whisky. Rispondiamo ai parenti. Non molte chiamate, soprattutto messaggi e i clic sul Safety check di Facebook.
Nell'appartamento, siamo una trentina. Non conosco la metà delle persone. Mezzanotte e qualche minuto. Al Bataclan scatta il blitz. «I quattro terroristi sono stati uccisi». La gente mi chiede il wifi. Mettiamo un post-it sul muro. Fiona, una giornalista americana, parla al telefono con la sua redazione di San Francisco. Apprendiamo che l'hashtag #portesouvertes ha salvato delle vite. Non molte. Da Facebook veniamo a sapere che ci sono un centinaio di morti al Bataclan. In ritardo leggiamo un messaggio di Benjamin: «Sono ancora al Bataclan. Primo piano. Ferito grave! Che diano al più presto l'assalto. Ci sono ancora sopravvissuti all'interno. Stanno abbattendo tutti. Uno per uno». Una mattanza. Anche un amico di Erwan* è stato ferito. Con Sophie, ci stringiamo tra le braccia. Siamo seduti di fronte alla TV, a gambe incrociate. Lo sguardo perso. Delle dita si stringono su un polso sconosciuto. Le sigarette si consumano da sole. Nessuno si è tolto il giubbotto. Nessuno parla.
Le 2 del mattino. La gente inizia ad andarsene. I taxi sono morti, con Uber ancora si trova qualcosa. Ci diciamo appena ciao. L'appartamento si svuota. Ci sono gli scheletri delle bottiglie, dei caricabatterie pendono senza il telefono all'altro capo. Odore di tabacco freddo. Mi bevo un altro goccio di fronte alle Tartarughe Ninja, il film peggiore che abbia potuto trovare. Il corpo reagisce, finisco per prendermi una sbronza. Sobbalzo. È una delle più grosse degli ultimi 10 mesi. Il Jack Daniel è rancido. La sigaretta disgustosa. Mi preparo alla peggiore sbornia di tutta la mia vita.
*Aggiornamento: cafébabel è addolorato di dover annunciare che l'amico di Erwan è morto domenica sera. Il suo nome era Thomas.
Translated from Attaques à Paris : carnage au bout de la nuit