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Atene chiama terra: la Grecia sfida la troika con creatività

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Story by

Katha Kloss

Translation by:

Default profile picture Giusi Esposito

societàEU-TOPIA ON THE GROUND

Mentre la troika europea e il governo varano ancora nuove misure economiche per affrontare l’emergenza, i giovani ridanno lustro all’immagine del loro paese e si impegnano a dare un volto inaspettato alla povertà. Una visione del futuro per l’Europa?

Voci da Atene: squillano in tempi di crisi i campanelli di allarme. Prima della partenza, non manca il collega che mi dice scherzando di non dimenticare l’elmetto. I miei amici che sono stati di recente ad Atene parlano di una lenta rivoluzione, per ora silenziosa, che nasce dal basso, che potrebbe presto scoppiare. C’è qualcosa nell’aria.

Arrivati con l’autobus dall’aeroporto nella famigerata Piazza Sintagma, epicentro delle proteste anti-troika, quello che ci colpisce invece è solo il delicato profumo delle zagare. È primavera ad Atene e i cittadini si muovono in fretta nella piazza piena di animazione davanti al Parlamento. E nel quartiere anarchico Esarchia si percepisce il rumore di sottofondo dei caffè e dei bar all’aperto. Alcuni negozi sono malridotti o hanno chiuso. Voci di turisti oggi se ne sentono poche. In piazza Omonia dopo mezzanotte non osa passare più neanche la polizia. In realtà il nodo stradale somiglia a una piazza grande ma non particolarmente bella di una grande città. Alcuni barboni, alcuni vagabondi, qualche prostituta. Dov’è dunque la maledetta crisi? La situazione d’emergenza?

Ogni giorno ci raggiungono nuove allarmanti notizie. La Croce Rossa distribuisce nei villaggi in crisi così tanti generi alimentari come non succedeva dalla Seconda Guerra Mondiale. L’inglese Guardian mostra gente affamata che tende le mani per una busta di arance. “Vivere come in stato di guerra”, “Bisogno, povertà, fame: la Grecia cade in miseria”, titola la stampa internazionale. Non può essere più chiaro: arrivano notizie funeste da Atene. Benvenuti in un paese del Terzo Mondo. Al centro dell’Europa.

Pornografia della crisi

Queste esagerazioni dei media, diciamo noi, sono un modo pornografico di rappresentare la crisi”, ride Aggelos seduto a un tavolo dell’Omikron Bar proprio all’angolo di piazza Sintagma, tra il frastuono e il chiacchiericcio di una decina di persone più in là. Ricordano il farmacista suicida Dimitris Christoulas, 77 anni, che si tolse la vita qui esattamente un anno fa: “Non dobbiamo lasciare debiti ai nostri figli”, aveva gridato prima di uccidersi.

Ismini (30), Aggelos (32) e una manciata di giovani, greci ed europei, ne hanno abbastanza dell’immagine del loro paese in crisi e di essere descritti come poveracci che passano i giorni a bere Ouzo. Ma perché proprio Atene riceve dall’Europa un certificato di povertà? Perché non è Dublino il capro espiatorio? O Madrid? Con una campagna di informazione, un blog e dei video, i creativi precari vogliono presentare all’estero attraverso i social network un'immagine diversa del loro paese e stimolare analisi più critiche.

Omikron ProjectIl progetto si chiama Omikron, dal bar in cui il piano è stato ideato per la prima volta. “Eravamo stufi di discussioni senza fine e volevamo finalmente agire”, dice Ismini. “Sì, la povertà e la disoccupazione esistono. Il silenzio però non è mai una soluzione”, così commenta il divieto della commissione di vigilanza dei media di mostrare senza permesso in televisione immagini di persone rovinate. “Ma vogliamo anche dire a voi là fuori, che noi qui non siamo soli. Smettetela di muovere continuamente rimproveri a questo paese, dateci più tempo”.

Working poor class

Il generale disorientamento nei giovani greci, in un paese che oggi conta il 58% di disoccupazione giovanile, è evidente: tutto sembra gridare “Vai via da qui!". I greci hanno dovuto accettare la riduzione di stipendi e pensioni, quote assicurative più alte, l'IVA aumentata dal 19 al 22%, diminuzione dei posti di lavoro nella pubblica amministrazione e anche più tasse su alcolici, benzina e sigarette. Chi ha qualche spicciolo e un po’ di coraggio ha abbandonato la nave che affonda, cercando fortuna altrove in Europa. Ma stando alle ultime statistiche anche nel resto dell’Eurozona non c’è grasso che cola: il 12,1% delle persone nel 2013 in Europa è senza lavoro.

Guarda la photogallery "Atene: i volti della “generazione 700 euro" su Cafebabel.com

Nel sole di mezzogiorno di Exarchia, Jenny, Ghiannis e Christos, precari, discutono della loro generazione che sembra su un binario morto. Christos si è appena alzato e strizza gli occhi, mentre si arrotola una sigaretta. Il film-maker lavora come freelance e guadagna tra i 400 e i 500 euro al mese. È abbastanza per un'assicurazione sanitaria e per un’altra forma di previdenza? Christos tocca ferro: “qui in Grecia non ce l’ha nessuno”. A Natale aveva bisogno del dentista, fortunatamente un amico all’ultimo minuto è riuscito ad aiutarlo.

Nonostante viva al di sotto della soglia ufficiale di povertà, come più di un quinto della popolazione greca, sembra piuttosto rilassato. Con un lavoro precario, entrate irregolari e nessuna garanzia sociale, Christos appartiene alla categoria dei Working Poor, la cui diaspora mette radici non solo in Grecia ma dappertutto in Europa.

Si sentono poveri? “Ci sono bambini nelle scuole che sono denutriti, questa è povertà”, dice Ghiannis, interprete, 28 anni, scuotendo il capo: “Siamo tutti preoccupati, ma nessuno morirà. Abbiamo meno e ci dobbiamo abituare. La grande tendenza è: via dalla Grecia. O la famiglia. Tornare nel nido. Questo significa coesione qui da noi”.

Una società civile attiva: l’altro volto della povertà

La maggior parte dei greci ha la casa di proprietà. E quindi la povertà non è sempre visibile in mezzo alla strada. Tu puoi stare nella tua casa e nello stesso tempo avere fame”, spiega Alexander Theodoridis della ONG Boroume ( “We can” ). La ONG, fondata nel gennaio 2012, mette in contatto le mense di Atene e alberghi, ristoranti, panifici che altrimenti avrebbero buttato via i generi alimentari in esubero. È solo una delle tante iniziative della società civile ateniese fiorite negli anni della crisi.

Nella piazza, proprio di fronte al Kallimarmaro, il primo stadio olimpico di Atene, si ha oggi la sensazione di essere finiti nell’ultimo film di Wes Anderson, Moonrise Kingdom. Centinaia di scout con calzettoni blu scuro alti fino al ginocchio e fazzoletti a strisce bianco e blu al collo affrontano la crisi. “Forza Attica Orientale”, gridano a squarciagola e spingono verso l’alto pali di legno scolpiti, simbolo della loro regione. Al centro ci sono dieci misteriose scatole. Durante la settimana, gli scout hanno raccolto pasta, riso e scatolame, da consegnare poi oggi, insieme a Boroume , ai gestori delle mense della periferia di Atene – come Tavros a sud-ovest della città.

Stella e suo figlio Zacharias passano in silenzio e mettono tre buste di plastica nei cartoni. Hanno saputo della iniziativa di Bourume da Facebook e hanno voluto spontaneamente sostenerla. Altrimenti Stella avrebbe dovuto buttare via quei generi alimentari. Durante l’estate abita e lavora in un albergo di Creta. “Sono qui per aiutare chi può averne bisogno, anche se anche io ho i miei problemi”, spiega e prende per mano Zacharias, prima di riprendere la strada di casa. I generi alimentari sono caricati sui furgoncini, gli scout si allontanano. Cose di tutti i giorni ad Atene, niente di eccezionale.

Questo articolo fa parte della serie di reportage “EUtopia on the ground”. Il progetto cafebabel.com è sostenuto dalla Commissione Europea nell’ambito di un lavoro in collaborazione con il Ministero degli Esteri francese, la Fondation Hippocrène e la Fondazione Charles Léopold Mayer.

Photo credits: Omikron 'Get the whole picture' (cc)pagina facebook ufficiale di Omikron Project, (cc)KK; Video (cc)omikronproject/YouTube

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Translated from Armut: Auf der Suche nach dem Ausnahmezustand in Athen