Arte islamica a Roma
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Tre continenti, svariati imperi, più di un millennio di storia. Una mostra alle Scuderie del Quirinale per scoprire l'inedito fascino dell'arte islamica.
Sono gli ultimi giorni utili per visitare la mostra sull’arte islamica a Roma. Le collezioni Al-Sabah vengono dal Kuwait e sono giunte al centro del mondo cattolico per mettere in discussione le nostre certezze geopolitiche, la nostra idea di mondo, i nostri pregiudizi ormai consolidati. E per mostrarci che, Palmira a parte, ai musulmani l’arte piace.
Obiettivo dell'esposizione è mostrare l’eclettismo dell’arte islamica, tracciandone un percorso cronologico parzialmente unitario. Vi sono infatti alcune caratteristiche, come la calligrafia, la geometria e gli arabeschi, (la cui parola deriva da a-rabeschi e non da arab ed è di origine mediterranea) che attraversano questo grande fenomeno artistico e culturale nonostante la disomogeneità territoriale.
L’islam nasce, almeno come religione monoteista istituzionalizzata, nel VII secolo d.C., tanto per fornire un punto di vista palesemente cristiano della questione. Precisamente nell’anno 610, momento della rivelazione del profeta Maometto. Da quel momento in poi si è imposto come una delle tre grandi religioni monoteiste.
Questo credo vanta un’espansione territoriale mastodontica. Si diffuse dalla Spagna alla Cina, dal Marocco all’Indonesia. In ognuno di questi luoghi si confrontò con le precedenti tradizioni locali, abbiamo così l’islam di radice persiana, quello dell’Europa meridionale (Andalusia e Sicilia), quello nord-africano, quello di matrice turco-ottomana, quello dei Mamelucchi, quello del sultanato di Delhi... I suoi maggiori centri sono stati Il Cairo, Cordoba, Marrakech.
Non esiste un solo islam, né dal punto di vista artistico, né da quello culturale. In realtà anche attenendosi alla problematica religiosa riscontriamo svariate correnti in seno all’islam stesso, la divisione fra sunniti e sciiti in primis. Assodato il carattere eclettico e la diffusione planetaria di questa religione, che non è esclusiva solo degli arabi, dei magrebini o degli indiani, il curatore della mostra si chiede se oltre alla questione religiosa ve ne sia una politica. Si chiede se ci siano popoli più islamici di altri, e quanto alcuni di questi possano eventualmente usare la religione come arma politica. Ovviamente non si parla mai di "شريعة ", sharīʿa (letteralmente "legge di Dio"), ma forse si allude a qualcosa di simile senza nominarla.
La mostra si chiude presentando arti minori tradizionali, principalmente gioielli e spade con diamanti e rubini, sfatando un altro falso mito: quello dell’iconoclastia islamica. Questa non è stata mai applicata in maniera categorica. Se è successo per un breve periodo, è accaduto dopo l’VIII secolo, sulla scia di quell’iconoclastia bizantina che influenzò anche il cristianesimo.
Come a dire che in fondo siamo tutti fratelli. Buonismo a parte, lo siamo storicamente. Abbiamo condiviso luoghi e momenti importanti e lo stiamo ancora facendo. Ci siamo sempre influenzati, confrontati, rispettati. Come storia e arte ci insegnano.