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Armenia, genocidio ancora nascosto?

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Il 24 aprile 2005 sarà commemorato il novantesimo anniversario del genocidio del popolo armeno perpetrato dallo stato turco. Una ricorrenza che spinge a fare il punto della situazione sul riconoscimento di questo crimine in Europa.

Il 24 aprile 1915, con l’arresto degli intellettuali e dei notabili armeni di Istanbul, ha inizio uno dei primi genocidi del ventesimo secolo. Dal maggio 1915 alla fine del 1916, 1.200.000 persone, vale a dire quasi la metà della popolazione armena dell’impero ottomano, viene massacrata per volere del partito al potere, l’Ittihad.

Revisionismo storico

L’ “armenicidio” costituisce uno dei rimproveri spesso mossi alla Turchia. Ma ancora oggi il governo turco, pur non mettendo in discussione la realtà dei massacri, rifiuta di riconoscere in questi crimini un genocidio avvenuto per mano dello stato.

La diaspora armena conta in Europa 275.000 armeni, dei quali 220.000 solo in Francia, i quali si battono per ottenere il diritto alla memoria. È difficile per loro accettare che i governi succedutisi in Turchia abbiano continuato imperterriti a negare il genocidio. A differenza degli armeni ancora residenti in Turchia, poco inclini a fomentare le tensioni tra le due comunità, gli immigrati armeni sono ben più agguerriti su questo punto.

Il riconoscimento del genocidio ai danni degli armeni da parte della Turchia costituisce uno dei punti critici in vista dell’adesione del paese all’Unione Europea. Ciò nonostante questo criterio non è stato fissato come condicio sine qua non per l’ingresso il 17 dicembre 2004. Il Parlamento Europeo ha riconosciuto il genocidio armeno nel 1987. Si sono poi pronunciati in proposito Cipro (dal 1982), la Russia, la Bulgaria, la Grecia, il Belgio, la Svezia, l’Italia, il Vaticano, la Francia, e più recentemente anche la Svizzera.

Ipocrisia europea

Ma riconoscere ufficialmente il genocidio non basta. Infatti, se non si condanna anche la negazione del genocidio, il riconoscimento non resta che una parola politica senza particolare risonanza. Attualmente, in numerosi stati in cui il negazionismo è un crimine, solo la negazione del genocidio degli Ebrei e degli Zigani viene perseguito penalmente. Ciò avviene per esempio in Francia, in Germania, in Austria, in Belgio e in Lussemburgo. Se tutto ciò può sembrare normale nel caso di quegli stati che riconoscono ufficialmente solo il genocidio degli ebrei, lascia però perplessi la situazione in Francia e in Belgio: perché riconoscere il genocidio armeno per poi permetterne la sua negazione? In nome della libertà di espressione?

Non è facile trovare in Europa una sola condanna per aver negato il genocidio armeno. La decisione di un tribunale svizzero, che ha respinto la richiesta di sanzionare un Turco che difendeva la versione dei fatti che gli è stata insegnata a scuola, non è priva di ragioni. Ecco in cosa consiste il problema del negazionismo di stato: ai cittadini viene inculcata, già nelle scuole, una versione deformata della storia.

Si spera che la pressione europea si faccia più forte, anche se nessuno pretende dalla Turchia il risarcimento dei discendenti delle vittime o la rinuncia a parte del suo territorio. Si riscontra infine un’evoluzione legislativa in questo senso. Per esempio, la Germania sembra muoversi verso un riconoscimento del genocidio, mentre in Francia sono state presentate delle mozioni che mirano ad incriminarne la negazione.

Facendosi carico dei suoi crimini passati, la Turchia non solo recherebbe conforto alla comunità armena, ma eviterebbe anche che numerosi Turchi continuino a difendere, a loro insaputa, una menzogna storica. Sarebbe un atto pieno di valore simbolico, e andrebbe a vantaggio di tutti.

Translated from Une négation préjudiciable à tous