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Annuncio di un suicidio culturale

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Le politiche linguistiche

Cari amici,

il 24 maggio scorso è apparso su Repubblica un importante articolo di Salvo Intravaia, dal titolo "Per l'inglese la scuola non basta e i costi arrivano a 20 mila euro".

L'articolo è importante perché sembrerebbe preparare il terreno per una serie di misure in favore del rafforzamento dell'inglese che il nuovo governo, e in particolare il ministro dell'istruzione, Mariastella Gelmini, probabilmente non tarderà a mettere in atto.

Il primo passo temiamo sarà l'abolizione del doppiaggio in TV, come avevo annunciato precedentemente. Ma non è tutto. Secondo Intravaia, la politica linguistica italiana per imporre l'inglese deve essere ancora più decisa: Intravaia, imbeccato da Claudia Beccheroni, suggerisce che si deve intervenire al più presto su "libri e giornali in inglese, biblioteche specializzate e internet, che offre anche i corsi on line. Ma soprattutto il CLIL (Content and language Integrated Learning): lo studio a scuola di una disciplina in inglese". L'articolo purtroppo è un miscuglio di ideologia e di propaganda. Al culmine del masochismo culturale Intravaia ci dipinge un'Italia in cui televisione, giornali, scuola, libri, tutto sarà in inglese, e per il bene dei più poveri! Si noti inoltre che le persone che sono state intervistate tipicamente lavorano nel ramo dell'insegnamento dell'inglese, per esempio il British Council con Emanuela Sias e il Trinity Italia con Claudia Beccheroni.

È inoltre da notare il tono piuttosto allarmistico adottato da Intravaia: "Intanto, gli italiani restano indietro. L'ultima indagine Eurobarometro (2006) sulla conoscenza delle lingue straniere condotta dalla Commissione europea è impietosa: l'Italia è al terzultimo posto tra i paesi dell'Ue a 25". Nessuno fa notare che le riforme scolastiche prendono molto tempo prima di avere effetti sensibili. Inoltre, si citano come contro-esempi casi ad hoc, cioè quelli del Lussemburgo, Slovacchia, Lettonia e Svezia, cioè tutti piccoli paesi, dove spesso si parlano lingue degli ex paesi coloniali (russo in Lettonia) o dei paesi vicini (francese e tedesco in Lussemburgo e ceco in Slovacchia), senza affrontare minimamente il problema dell'egemonia linguistica (l'autore, infatti, si dimentica di dire che sono proprio i paesi anglofoni a essere ultimi nelle classifiche!)

Infine, non possiamo non notare il messaggio subliminale che si vorrebbe far passare, vale a dire che chi si oppone all'anglificazione di TV, scuole ed editoria danneggia i poveri, perché solo i ricchi possono permettersi viaggi all'estero! Invece di capire che il problema è l'egemonia dell'inglese, si continua a scambiare la vittima con il carnefice e a non capire che è il sistema internazionale di comunicazione ad essere ingiusto e iniquo, non gli italiani ad essere stupidi e somari.