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AMAZON? FA COME GLI PARE!

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Sonia Lo Conte

Siamo nel 2000: Ama­zon è il simbolo del fiorente e-com­merce, con uno sviluppo eccezionale e una clientela in aumento. Quindici anni più tardi, il gigante è cresciuto ulteriormente. Ma le sue pratiche nei confronti dei fornitori, dei venditori del suo Mar­ket­place e la sua immagine agli occhi della concorrenza non ne fanno più “un posto da sogno”...

Quando Jeff Bezos fonda Ama­zon nel 1994, sceglie per la sua azienda il nome del fiume più grande del mondo, un chiaro riferimento all'ambizione che nutre per il suo negozio online. Inizia con la vendita di libri, ma il suo obbiettivo è spingere al limite i principi della grande distribuzione, grazie alle opportunità fornite dal web. Il tutto si traduce in una proposta infinita di prodotti a prezzi bassissimi. Seguendo gli stessi principi, sviluppa l'offerta di nuovi articoli e attua una politica estrema di customer satisfaction (assistenza post-vendita, consegna ra­pida…). La crescita del fatturato è vertiginosa: 2,8 miliardi di dol­lari nei primi 5 anni (contro “solo” 1,5 mil­iardi di Goo­gle). Il suo pubblico soppianta rapidamente quello di tutti gli altri siti di vendita online.

Il suo catalogo si amplia maggiormente all’apertura del Mar­ket­place, che permette ad altri commercianti di vendere sulla sua piattaforma. Questi possono ormai approfittare dell’immenso traffico del sito e delle raccomandazioni generate da Ama­zon per pubblicizzare i loro prodotti. Ormai nessuno è in grado di competere con questo gigante incontrollabile, partner imprescindibile di molti fornitori e venditori.

LO SQUALO DEL WEB

Tuttavia, i suoi metodi commerciali gli fanno guadagnare sempre più una pessima reputazione. L'esem­pio più recente: Ama­zon US ha voluto che la casa editrice Ha­chette Book Group (uno dei maggiori editori degli Stati Uniti) aumentasse lo sconto che già gli concedeva. A tal fine, nessuna negoziazione, bensì misure quanto meno intimidatorie. Le opere pubblicate da Ha­chette si sono improvvisamente ritrovate con ritardi di consegna di diverse settimane, e maggiorate di prezzo. Un modo per scoraggiare gli acquirenti e dimostrare la propria egemonia sul mercato. Ha­chette, d’altronde, non è l’unica a fare le spese di questi metodi. Numerosi gli editori ad aver vissuto esperienze simili: Mac­Mil­lan, Bon­nierIPG per citare solo le più grandi, si sono coraggiosamente fatte avanti.

La stessa filosofia “dittatoriale” inizia ad essere denunciata dai venditori di Mar­ket­place: immotivata abolizione dei conti, blocco dei pagamenti o aumento delle commissioni…

Un MODELLO CHE SI SGRETOLA

Ma se il gigante domina il mercato grazie alle sue dimensioni, conosce anche delle debolezze strutturali. Perché la politica di Ama­zon, che consiste nell’abbassare i prezzi e proporre consegne gratuite, non gli permette di guadagnare da tale attività, nonostante il suo modello di distribuzione sia ottimizzato. Il suo fatturato continua ad aumentare, ma gli utili non decollano affatto (74,45 mi­liardi di dol­lari di fatturato nel 2013, in aumento del 22% rispetto al 2012… per soli 274 mil­ioni di dollari di utili). Questa politica sarà servita solo ad eliminare i concorrenti che non possono adeguarsi a tali prezzi e ad aumentare il potere di Ama­zon verso i fornitori che non possono più avviare eque negoziazioni. Anche i mercati sono strangolati e trascinati nella spirale di perdita di valore. E non sembra esserci soluzione: quotata in Borsa dal 1997, la so­cietà non sblocca quasi alcun dividendo. Gli azionisti si spazientiscono e Ama­zon rischia di dover mettere ancor più sotto pressione fornitori e venditori.

LA FINE DEL VANTAGGIO GLOBALE

Dopo aver fatto danni tra i competitori, Ama­zon diventa dunque un pericolo anche per i suoi partner. La tensione che impone sui prezzi potrebbe condurre all’indebolimento, se non alla scomparsa dei suoi fornitori. E con loro, intere filiere di produzione. Gli editori oggi cercano di combattere proprio questa strada che il gigante ha fatto prendere all’industria del libro.

Dal lato di Mar­ket­place, l’hosting diventa predatore: Ama­zon può usare le statistiche di vendita dei prodotti di successo per proporre i propri a tariffe vantaggiose, e quindi eclissare i suoi venditori. “Usano la piazza di Marketplace per sapere cosa vendere. C’è un disallineamento degli interessi”,  spiega Pier­re Kos­ciusko-Mo­ri­zet, che gestisce Pri­ce­Mi­nis­ter.

In parallelo, Ama­zon usa il suo pubblico e la sua notorietà per ottenere una redditività dai servizi connessi: “Il suo vero modello non è vendere i propri prodotti sui quali ci perde denaro come gli altri, ma di gestire al massimo il traffico per poter rendere redditizi dei servizi estremamente produttivi. Da qui la perdita di valore in cui distruggono interi settori dell’economia”, denuncia un concorrente citato dal quotidiano francese Libération.

Girerà il vento a favore del gigante del web? I suoi metodi vengono denunciati, la sua egemonia pone sempre di più problemi etici e giuridici. Inoltre, la sua immagine aziendale “orientata al cliente” potrebbe patire a causa di questa reputazione e questi metodi. Potrà il sito attrarre ancora a lungo se, mentre si attribuisce prezzi bassi e consegne rapide, propone opere da lui selezionate 50% più care e con tempi di consegna 10 volte più lunghi rispetto alla concorrenza? Una cosa è certa: la sua posizione di leader è in pericolo...

Translated from Amazon, à sa guise ?