Allied, un'ombra nascosta tra molte luci
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Alto budget, coppia di star e regia classica potevano far pensare a un film già visto, ma quando l’industria cinematografica hollywoodiana si mette al servizio della storia, ecco 124 minuti di puro intrattenimento attraverso i generi cinematografici.
Allied – Un'Ombra Nascosta riporta alla luce uno dei più grandi registi del cinema hollywoodiano, quel Robert Zemeckis che spopolò negli anni Ottanta (Ritorno al Futuro, Chi ha incastrato Roger Rabbit?), realizzò il film oscar negli anni Novanta (Forrest Gump) e si confermò nei Duemila (Cast Away, Le Verità Nascoste), prima di inanellare più recenti battute d’arresto che hanno fatto temere per un inesorabile e definitivo declino (Flight, The Walk).
Dopo Allied, Zemeckis potrebbe benissimo ritirarsi, poiché è riuscito a rappresentare egregiamente i vari capitoli della sua lunga carriera, orchestrando un compendio di generi che spazia dal bellico al dramma, dal thriller all'action movie, mantenendo sempre dritta la barra della narrazione e vigile il controllo su tutti gli elementi. Un’opera testamento, una lectio magistralis sul come si dirige l’esuberanza dell’industria cinematografica hollywoodiana, sul come rendere visivamente, nel migliore dei modi, la depistante sceneggiatura di Steven Knight (autore capace di scrivere un film tutto ambientato nell’abitacolo di un suv senza annoiare, Locke), sul come ottenere ciò che serve da attori di fama e gestire le ingombranti musiche di Alan Silvestri, qui meno invasive che altrove.
Suspense di scuola hitchcokiana
Allied si apre con il comandante Max Vatan (Brad Pitt) paracadutato in Marocco all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. È una spia britannica che prepara una missione in tandem con una spia francese, Marianne Beausejour (Marion Cotillard). I due finiranno per innamorarsi e non sveliamo oltre. Vale la pena precisare che il film è diviso nettamente in due parti, e in entrambe si assiste ad eventi che progrediscono secondo la lezione hitchcokiana di suspense: si attende a lungo il fatto che deve accadere, seguendo la storia con partecipazione. La prima parte, piena di feste, arazzi e sale da ballo, ricorda un altro successo della stagione, Cafè Society di Woody Allen, anche se in Allied si determina un triangolo amoroso ben più originale e immateriale.
Quando il racconto riprende in una Londra bombardata dall’aviazione tedesca, il quadro si cristallizza, la narrazione rallenta e lo spettatore inizia a temere la noia, ma con tempismo perfetto si trova catturato nella seconda complicazione della storia, segno inequivocabile di una scrittura filmica calibrata in modo sapiente. Il pubblico che, ormai, per sport prende di mira il cinema americano, sarà costretto a ricredersi di fronte ad Allied, egregio esempio di grande spettacolo non sprovvisto di una suo spessore drammatico.
Il finale è un crescendo che difficilmente delude e anzi commuove, ed è bene rimarcare che Brad Pitt e Marion Cotillard hanno tirato fuori un’audacia che ha reso credibile (quante volte non abbiamo azzardato nella realtà quella carezza che avremmo voluto fare e che la spia francese rivolge alla spia inglese) una storia che senza pretese di verosimiglianza con fatti realmente accaduti, è fedele solo all’illusione cinematografica, alle magie e ai sogni fabbricati con classe ed eleganza.