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Alla (ri)scoperta del cinematografo

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Torino

«Il progresso! Sempre tardi arriva» diceva il proiezionista Alfredo nel film di Tornatore “Nuovo Cinema Paradiso”. A lungo potremmo discutere e consumare inchiostro su quanto questa affermazione corrisponda alla realtà o su come l'Italia si distingua per la sua capacità di compiere o smentire la massima.

Certo è che, da più di vent'anni a questa parte, Torino è cambiata in molti aspetti e da città fortemente industriale si è trasformata in qualcosa d'altro che ancora ha bisogno di definirsi pienamente.

Questa estate, parte di quel famigerato progresso arriva nel capoluogo piemontese attraverso un canale sempre più stretto: il cinema e l'arte in generale (sebbene generalizzare sia sempre un azzardo). Film, mostre fotografiche e musica hanno ridato vita a un pezzo di Torino, Barriera Milano, che da anni aveva perso il suo centro propulsore, ovvero la parzialmente dismessa Manifattura Tabacchi. L'enorme complesso, che a vederlo ricorda tanti altri fabbricati prima simbolo di benessere e ora metafore del cambiamento, fin dal '700 ha ospitato i processi di triturazione del tabacco. L'antico palazzo risale al XVI secolo e fu voluto dal Duca Emanuele Filiberto come podere per l'allevamento e luogo di svago. Durante giugno e luglio è stato un luogo di aggregazione, non solo per il quartiere ma per l'intero perimetro cittadino; da diverso tempo la Circoscrizione VI organizza cinema all'aperto e incontri estivi ma quest'anno, farlo nei locali e nei cortili della ex-fabbrica gli ha sicuramente regalato un sapore particolare.

Fotografia

Dall'8 giugno, la Manifattura ha ospitato due mostre. La prima, a cura di Karin Gavassa, è quella di Hasan Elahi, artista bangladese che da anni vive negli Stati Uniti. Il suo “The Orwell Project” è un innovativo progetto multimediale nato dalle infondate accuse di terrorismo mosse contro di lui dall'FBI in seguito all'11 settembre 2001: fornendo istantaneamente immagini della sua quotidianità ha raccolto un immensa mole di materiale su cui ha costruito il lavoro. La seconda mostra, invece, si chiama “Terre Gaste”: cinque fotografi (Federico Botta, Fabrizio Esposito, Rosalia Filippetti, Gianni Fioccardi, Giulio Lapone) hanno ritratto le sponde del torrente Stura di Torino, una “terra di nessuno” dove storie di vita quotidiana si intrecciano con la natura, tra orti urbani e baracche in lamiera. Entrambe le esposizioni sono terminate, ma dopo l'estate le porte degli ampi locali vuoti si riapriranno per ospitare una terza mostra: “Torino Green, La città tutta verde” l'8 e 9 settembre.

Nuovo Cinema Tabacchi

L'ex-fabbrica di Corso Regio Parco ha anche ospitato nel cortile principale il cinema all'aperto, con la proiezione di tre film: “Sette opere di misericordia”, “Magnifica presenza” e “Romanzo di una strage”. Il telone, le seggiole rosse disposte su file da sei, il passaggio centrale che le divideva e, più di tutto, il proiettore montato sul retro di un furgoncino tingevano l'esperienza con un antico colore, quello del cinematografo. E' in quel momento che balza alla mente il piccolo Salvatore nel film di Tornatore, come un tuffo nel passato. Coppie di anziani e di giovani, bambini, studenti, ex-operai in pensione, dal quartiere e da altre zone della città hanno partecipato. Il pubblico era eterogeneo e questo ha contribuito a non velare di nostalgia le serate.

Un bella esperienza sicuramente da ripetere perché, tra le altre cose, traccia un filo tra il passato e il presente, sottolinea come l'arte e la cultura non siano divise dal tempo che passa ma piuttosto unite dallo stesso. In un momento dove la produzione artistica sembra l'ultimo dei problemi non è difficile accorgersi come essa possa morire se non la si cura con la dovuta attenzione. Il riutilizzo di un così grande e suggestivo spazio per la promozione culturale e il divertimento, gratuito e aperto a tutti, è sicuramente un progresso per il quartiere e per la città nonché un esempio da imitare.

Mattia Marello

Foto di Lucia Di Salvo (vedi pagina Flickr)