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Alaska Gold Rush: un viaggio immaginato nella musica

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CulturaPalermo

Sono due e giovanissimi i componenti degli Alaska Gold Rush. L'emergente band belga, già presente su numerosi palchi dal 2013, si trova ora impegnata in un tour europeo per farsi conoscere prima del lancio, ormai prossimo, del primo album. Li abbiamo incontrati subito dopo il concerto al Bolazzi Bistrot di Palermo. Ve li presentiamo in questa intervista.

Sono solo due, Renaud Ledru (chitarra e voce) e Alexandre de Bueger (batteria e voce) i componenti degli Alaska Gold Rush. Eppure è facile non accorgersene, quando sono sul palcoscenico: la loro è una musica caratterizzata da un sound avvolgente, ricca di arpeggi evocativi e ritmiche inaspettate, che non fa sentire per un secondo la mancanza di altri componenti. «Alaska Gold Rush è la storia di due cercatori d'oro che hanno abbandonato le vanghe per una chitarra e una batteria», è la descrizione della band nella pagina ufficiale su bandcamp. Qui si possono liberamente ascoltare il primo EP (Pilot Village Midnight 2013) ed i singoli tratti dall’album di prossima pubblicazione (Dirty Road 2015; Violent Streets 2016). «Non si tratta della meta, ma del viaggio: dal Delta del Mississipi al New Mexico creiamo canzoni come città fantasma». Una strada lungo la quale gli Alaska Gold Rush hanno fatto sosta a Palermo.

cafébabel: Chi sono gli Alaska Gold Rush? Come vi siete incontrati e come è nato il vostro progetto?

Alexandre: Ci siamo incontrati circa tre anni fa. Renaud era impegnato nel suo progetto da solista, mentre io suonavo con un'altra band. Per un po' abbiamo continuato ad incrociarci sui palcoscenici dei festival, poi un giorno Renaud mi ha chiamato: voleva cominciare un nuovo progetto, ed aveva bisogno di un batterista. Le cose sono decollate velocemente: lui aveva già scritto molti dei nostri primi pezzi, e dopo aver provato insieme poche volte abbiamo subito iniziato ad esibirci in pubblico.

cafébabel: Come definite il vostro stile musicale e quali band vi hanno influenzato maggiormente?

Renaud: Difficile a dirsi, perché amiamo generi musicali piuttosto diversi. Il risultato finale è un mix di entrambi i nostri stili. Sono influenzato soprattutto dalla vecchia musica country, dall’americana e dal folk: insomma, dai cantautori americani come Bob Dylan, Jack Elliot e John Lee Hooker. Quando scrivo cerco di ispirarmi a questa tradizione arricchendola con quello che sono io. Alexandre ha gusti diversi...

Alexandre: Sono molto più influenzato dalla musica moderna, specialmente dai generi di alternative rock, indie rock e indie pop, ma anche sound più arrabbiati come quelli del noise. Le band che amo vanno dai Cure agli Elf, ai Sonic Youth, passando per gruppi più recenti come i francesi Electric Electric.

cafébabel: Il vostro nome fa riferimento febbre dell’oro americana, un patrimonio di memorie collettive, paesaggi, ed eroi locali non direttamente connessi alla vostra esperienza personale. Perché questa scelta?

Renaud: Si tratta per lo più di un'allusione a un tema ben conosciuto, un pretesto per evocare figure ricche di fascino che appartengono all'immaginario collettivo. Come l'idea della città fantasma, un luogo-non-luogo perché abbandonato a sé stesso. O gli eroi americani che eroi non sono: cowboy solitaricantautori girovaghi che hanno trovato la fama solo dopo la morte. Dopo la seconda guerra mondiale una parte della mia famiglia si è sviluppata negli Stati Uniti. Per me è una sorta di identità immaginata, cresciuta sulla forte fascinazione che ho sempre avuto per la musica americana, così come per il suo cinema, e la sua letteratura.

cafébabel: Di cosa parlano i vostri testi, quali storie raccontate? Ci sono dei temi ricorrenti nei lavori che avete pubblicato finora?

Renaud: Il primo EP, Pilot Village Midnight, non aveva esattamente un tema. Alcune canzoni giocavano sul contrasto fra il vuoto del deserto e la vita della folla e della città, ma non c'era un vero e proprio filo conduttore. Invece il nuovo album (registrato nei mesi scorsi e in uscita a maggio o giugno di quest'anno) è più strutturato da questo punto di vista: esplora l'eredità culturale lasciata dal passato, i legami che continua a creare fra le persone nel presente e di come la loro identità ne sia influenzata. Si può dire che riguarda da vicino la mia storia personale.

cafébabel: Dal punto di vista strumentale rispetto al vostro primo EP, i singoli più recenti sembrano andare in una direzione diversa. Sentite di starvi evolvendo da questo punto di vista?

Alexandre: Assolutamente, pur essendo all'inizio cerchiamo di sperimentare ogni volta che lavoriamo a qualcosa di nuovo. Non vogliamo cambiare la formazione aggiungendo altri musicisti, quindi cerchiamo nuovi modi per esprimerci con i nostri strumenti. Nel primo EP c'era una sola chitarra, con un suono molto pulito e tradizionale, mentre per il nuovo album ne abbiamo utilizzate diverse e abbiamo aggiunto una seconda voce. Dei nuovi pezzi, alcuni sono ancora dichiaratamente folk, ma molti altri vanno in una direzione più rock, verso il post-punk e il new wave.

cafébabel: Cosa implica essere una band di soli due componenti nel vostro modo di suonare e porvi sul palcoscenico?

Renaud: Provenendo da una lunga esperienza da solista credo che in parte fossi già abituato in qualche modo a dover riempire il palco. Il mio stile prevede moltissimo arpeggio, che si aggiunge alla batteria e aiuta a dare un senso di pienezza al suono. Alla fine la mancanza del basso quasi non si nota.

Alexandre: Cerco il più possibile di creare ritmiche complesse, che non seguano necessariamente la melodia della chitarra, ma si evolvano attorno ad essa. Suonare in due è molto bello a livello di suono e d'intesa, l'esperienza sul palco è molto intima. Spesso suoniamo guardandoci e quasi improvvisando. D'altra parte diventa una sfida il rinnovarsi, perché c'è un limite a quello che puoi creare con due soli strumenti. E poi, se fai un errore quando sul palco ci sono tanti componenti non se ne accorge nessuno, ma quando si è in due purtroppo lo notano subito tutti.

cafébabel: Per salutarci, diteci qualcosa della vostra esperienza italiana fino ad ora.

Renaud: Fantastica. Essere in tour e viaggiare è bellissimo, un ottimo modo per incontrare persone. È la prima volta che visitiamo l'Italia e la Sicilia come band, qui il pubblico è molto interessato, aperto, ed accogliente. E ovviamente il cibo è squisito!

Alexandre: A parte la stanchezza, l'unico problema è guidare da una città all'altra. In parte per le distanze, ma soprattutto perché gli italiani guidano in modo troppo spericolato!

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Pubblicato dalla redazione locale di cafébabel Palermo.