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Abusi in divisa. Non sono i muscoli di Stato a proteggerci.

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Gli abusi in divisa sono tra i fattori che maggiormente incrinano il rapporto di fiducia tra cittadini e Stato, generando rabbia, tensioni sociali e arrivando a spingere molti giovani tra le braccia della criminalità e del radicalismo. Una breve rassegna europea di discriminazioni, brutalità, omertà, impunità cui non vorremmo più assistere.

Una trentina di adolescenti sono stati arrestati lo scorso 2 aprile a Molenbeek, il quartiere dove era residente e in cui è stato catturato  Salah Abdeslam.  Stavolta perònon c'era alcuna relazione col terrorismo di stampo jihadista. I ragazzi, tutti molto giovani, erano colpevoli di essersi riuniti insieme ad un altro centinaio per proteggere il quartiere dall'arrivo di militanti di estrema destra, intenzionati a sfilare in una manifestazione dichiaratamente anti-islamica. Per i giovani di Molenbeek si trattava di una forma di autodifesa dal basso, già la domenica di Pasqua infatti circa 400 hooligans erano riusciti ad invadere Place de la Bourse inneggiando cori razzisti e anti-musulmani. Il timore, fondato, era che stavolta gli estremisti di destra agissero industurbati proprio dove abita una delle comunità musulmane più consistenti della città. La polizia, che si era limitata a respingere gli hooligans con gli idranti, ha invece usato il pugno duro con gli adolescenti. Secondo Diego Valenti, che si occupa di adolescenti in difficoltà per conto di un’associazione di Molenbeek, disparità di trattamento nei controlli e abusi delle forze dell'ordine sono tra i fattori che, insieme alla diffusa disoccupazione, spingono maggiormente i ragazzi tra le braccia dei fomentatori radicali.

Abusi in divisa: negligenze, violenze, omissioni.

Lo scorso 15 Marzo, in occasione della Giornata Internazionale contro le violenze della polizia, la manifestazione di Bruxelles aveva percorso proprio le strade di Molenbeek. Ragazzi e ragazze, mamme, militanti e attiviste avevano sfilato pacificamente per protestare contro gli abusi perpretati dagli agenti, denunciando il particolare accanimento nei confronti di persone dall'aspetto musulmano. Nell'ambito dei cosiddetti 'abusi in divisa', che colpiscono in modo particolare gli strati popolari e i quartieri ad alta densità di migranti, rientrano tutte quelle negligenze, violenze, omissioni che hanno luogo in strada, tra le pareti delle stazioni di polizia, nelle prigioni e finanche negli ospedali. Non mancano casi in cui l'abuso è tale da determinare un finale tragico: la morte di una persona sotto 'tutela dello Stato'. Il fenomeno non ha natura eccezionale, anche se ci sono Paesi Europei in cui queste pratiche sono più diffuse, quasi sistematiche, come in Italia e in Spagna. Come sottolineato dal quotidiano Pùblico, maltrattamenti e torture sono all'ordine del giorno nella penisola iberica, con oltre 6.600 casi registrati dal 2004 dalla Coordinadora para la Prevención de la Tortura. Migranti, cittadini con origini etniche diverse e militanti politici e sociali, sono le persone più colpite dagli abusi.

Anomalia Italia

Lo scorso 15 Marzo a sfilare per le vie di Molenbeek c'erano anche alcuni membri dell'associazione ACAD [Associazione contro gli abusi in divisa]. Con sé avevano il dossier appena stilato Anomalia Italia, che raccoglie le storie di decine di persone decedute in circostanze non chiare che vedono coinvolte forze dell'ordine. Le divise, come emerge dal dossier, non sono solo quelle di poliziotti e carabinieri, ma anche quelle di infermieri, medici, periti e magistrati. L'abuso spesso non si limita al momento della violenza, ma si protrae coinvolgendo tutta una serie di persone legate da vincoli di omertà, pregiudizi nei confronti della vittima, scaturendo persino a volte in persecuzioni nei confronti della famiglia. Inoltre, in Italia in particolare, mancano strumenti di diritto penale capaci di punire adeguatamente chi commette certi tipi di violenze. Nonostante figuri tra i firmatari della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e tutti i trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1989, in Italia ancora non esiste il reato di tortura.

Uno dei casi che ha contribuito a scoperchiare questo vaso di pandora è quello di Stefano Cucchi. Il calvario di questo giovane di 27 anni inizia nel momento in cui viene arrestato, in buona salute, per detenzione di sostanze stupefacenti al Parco degli Acquedotti di Roma e prosegue tra perquisizioni, caserma, carcere e pronto soccorso. Terminerà il 22 Ottobre del 2009, quando viene dichiarata la sua morte dopo essere stato sotto la 'tutela dello Stato' per circa una settimana. Secondo una prima ricostruzione, si sarebbe trattato di omissione di soccorso da parte dei medici, ma la sorella Ilaria non si è arresa a questa versione e ha mostrato alla stampa le immagini inequivocabili delle percosse e delle violenze inflitte a Stefano. Nel Settembre 2015 un fascicolo d'indagine è stato riaperto su richiesta dei familiari, dopo che la Corte d'Appello di Roma aveva assolto tutti gli imputati.

Oltre la tragicità della morte della persona cara, secondo Luca Blasi di Acad, i familiari sono spesso costretti ad assistere ad una criminalizzazione giudiziaria e mediatica del defunto. Dipinti come drogati o malati, il primo passo per l'impunità è quello di ricercare un elemento che scagioni gli agenti rispetto alla causa della morte. Talvolta l'attacco si rivolge alla famiglia stessa, denunciata per calunnia o per 'attacco alla pubblica autorità', come è avvenuto per Lucia Uva, sorella di Lorenzo Uva, morto in ospedale a Varese nel 2008 dopo essere stato fermato e aver trascorso la notte in una caserma. Alla battaglia per scoprire la verità si somma quella per difendere se stessi da un'operazione di discredito.

Violenze e pregiudizi etnici

Neppure Paesi considerati all'avanguardia in termini di diritti umani e rispetto dei cittadini sono esenti da abusi. Come sottolineato da OpenDemocracy, le violenze delle forze dell'ordine tendono a concentrarsi su persone appartenenti a minoranze etniche. Un corredo genetico diverso tra autoctoni e stranieri sembrerebbe motivare un'idea di inferiorità e giustificare un uso eccessivo della forza. Come evidenziato dal report 2013 di Amnesty International, la polizia olandese opera in maniera differente nei confronti di quello che viene considerato un 'profilo sospetto'. "Tale profilo sospetto [verdacht profiel] - si legge nel report - è legato a caratteristiche quali l'età, il colore della pelle e le origini etniche. Gli ufficiali di polizia considerano i giovani uomini dalla pelle scura - e le persone dall'Europa Centrale e dell'Est - come particolarmente sospetti".

Particolarmente drammatico il caso di Rishi Chandrikasing, un ragazzo di 17 anni morto su colpo il 10 ottobre 2013 per un proiettile sparato da un poliziotto olandese all'interno della stazione dei treni a L'Aja. Secondo la ricostruzione dei poliziotti, Rishi aveva disturbato un uomo inglese nella sala d'attesa e, alla richiesta dei poliziotti di alzare in alto le mani, avrebbe tentato la fuga, terminata da una pallottola sparata alle sue spalle. Secondo il Nl Times, il corpo ancora in vita di Richie è rimasto per diversi minuti a terra senza ricevere soccorsi da nessuno dei tre poliziotti presenti sulla scena. Anche stavolta la polizia ha parlato della presenza di un'arma da fuoco, che si sarebbe poi rivelata essere il cellulare di Rishi.

L'ultimo emblematico episodio riguarda Mitch Henriquez, un uomo di 42 anni deceduto il 27 Giugno 2015 a seguito di intense violenze della polizia sempre a l'Aja. Secondo le ricostruzioni ufficiali, alcuni agenti avevano ricevuto notizia che l'uomo, originario di Aruba, era armato e aveva opposto resistenza all'arresto. I familiari della vittima hanno contraddetto questa versione, sottolineando che Mitch stava passeggiando disarmato con alcuni amici al termine del Park Festival di Zuidepark. Secondo la perizia del patologo, la causa del decesso è stato lo strangolamento determinato dalla violenza degli agenti. L’autopsia ha inoltre accertato la presenza di frattura della laringe, contusioni alla tempia, al naso e ai genitali.

Questo video, diffuso sul canale youtube del gruppo Antifascista de L'Aja, mostra chiaramente come l'uomo fosse completamente inerme e incapace di contrapporsi ai cinque poliziotti intervenuti nell'arresto.

Inadeguatezza e impunità

Anche se maturate in circostanze diverse - dalla semplice brutalità nei confronti di chi è considerato 'diverso', fino alla repressione preventiva del dissenso civile, passando per prepotenti discriminazioni di natura etnica o religiosa - un dato accomuna queste storie di violenza in divisa: la sensazione di sostanziale impunità di chi le commette, oltre che una diffusa inadeguatezza di coloro cui è delegata la tutela dei cittadini, da una banale rissa fino alla lotta al terrorismo.