A Torino ha aperto CAMERA. Per chi preferisce le fotografie ai selfie
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Non pensate a un museo, né a un collage con gli scatti pop più celebri, quelli che riempiono riviste, cartelli pubblicitari e locali. CAMERA - Centro italiano per la fotografia è una istituzione che si propone di valorizzare e promuovere la fotografia attraverso la didattica, i workshop, gli incontri e le mostre. Come quella Boris Mikhailov: Ukraine, che abbiamo visitato.
L’obiettivo di una macchina fotografica è un posto privilegiato da cui osservare il mondo e attraverso cui raccontarlo. Immagini artistiche, foto d’inchiesta e scatti amatoriali rappresentano infatti quel filo che congiunge frammenti di vicende diverse e lontane, nel tempo e nello spazio. Danno corpo a momenti sfuggenti, immortalano in un click una storia e, talvolta, La Storia. Proprio quando la Fotografia sembra essere diventata mestiere di chiunque e ognuno può provare a recitare la parte del fotografo a poco prezzo, anche solo con uno smartphone, a Torino ha aperto ad ottobre CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia. Uno spazio che si propone di valorizzare e promuovere la fotografia italiana all’interno di una cornice internazionale. Basta entrare nei (bellissimi) luoghi dove ha sede CAMERA, nel centro di Torino - in via delle Rosine, proprio dove è nata la prima scuola pubblica, nel Regno d’Italia - per riuscire ad evadere dalla dittatura imperante dei selfie. L’obiettivo della macchina fotografica torna infatti a osservare il mondo, piuttosto che sé stessi.
Non chiamatelo “museo”
Per spiegare la natura e la funzione di CAMERA è bene iniziare dal fugare un equivoco di fondo: non si tratta, infatti, di un nuovo museo. Il Centro Italiano per la Fotografia intende svolgere un ruolo di servizio e, per questo, non ha una propria collezione permanente ma promuove la fotografia attraverso molteplici progetti. Anzitutto la didattica: per sostenere l’apprendimento della fotografia vengono organizzati laboratori dedicati ai ragazzi ma anche ai bambini delle scuole elementari. Uno spazio importante è dedicato ai workshop su diverse tematiche della pratica fotografica (tra cui street photography, il ritratto, la natura, l’architettura industriale e la ricerca antropologica). Il programma di workshop, organizzato in collaborazione con Leica Akademie Italy, si svolge in diverse località e permette di entrare in contatto con l’esperienza dei grandi fotografi della Magnum. Dopo il primo appuntamento (3-4 ottobre, a Roma: Jérome Sessini - La fotografia documentaria e la giusta distanza) sono già in calendario altre 2 iniziative, Jonas Bendiksen: Fotografia e narrazione (14-15 novembre, a Torino), Cristina Garcìa Rodero: Il processo creativo di una reporter (21-22 novembre, Lucca). Un altro pilastro su cui si articola l’attività di CAMERA è quello della valorizzazione degli archivi fotografici italiani, attraverso studi specifici, rassegne e pubblicazioni. Non mancheranno incontri, conferenze né, ovviamente, le mostre. A iniziare dalla prima esposizione, tuttora in corso, Boris Mikhailov: Ukraine.
Non solo Maidan, l’Ucraina che non abbiamo ancora visto
“Non riesco a immaginare un posto peggiore dove vivere”. È questo il commento a voce alta, spontaneo, che una visitatrice si lascia sfuggire non appena usciti dalla mostra. Sarà di certo esasperato e viziato dalla suggestione del momento, ma l’idea romantica della rivoluzione - che di solito alberga nei cuori di chi ha sempre vissuto nel benessere e in luoghi sicuri - non trova davvero spazio nelle foto della mostra Boris Mikhailov: Ukraine. Individui in preda all’alcol, corpi consunti e luoghi desolati sono alcuni tra i soggetti principali ritratti nelle istantanee, che sembrano trasmettere il freddo dei luoghi e l’odore acre dei copertoni bruciati. Non c’è niente di poetico nella Maidan immortalata dall’artista ucraino. Sventolano bandiere, si accalcano persone. Alcune anche sorridono, ma non riescono a rimuovere l’atmosfera cupa che le circonda. L’esposizione ospitata presso CAMERA non riguarda solo le ultime fasi della rivoluzione ucraina ma percorre cinquant’anni di storia del Paese, partendo dal periodo sovietico e dagli anni del comunismo, per arrivare ai giorni nostri. Gli scatti raccontano scene di vita quotidiana, aspetti folcloristici e curiosi, persone che hanno incrociato il cammino del fotografo, come le sue amanti. Attraverso lo sguardo di Boris Mikhailov ci si trova immersi nella storia di una nazione tormentata e complessa, raccontata senza risparmiare i dettagli più tristi. Sembra una denuncia, di certo è una testimonianza che non lascia indifferenti.