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A Roma si prova a far “posto” per i senza dimora: il progetto del circolo Sparwasser

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A Roma il problema abitativo è da tempo sotto i riflettori. Sono diverse migliaia le persone che vivono sulla soglia della povertà e che rischiano di perdere la propria casa. Molte di loro l’hanno già persa. E la pandemia non ha fatto altro che esacerbare la situazione - anche per coloro che già prima dell’emergenza Covid supportavano le persone senza fissa dimora. Il sostegno - non solo logistico - di associazioni, comunità e volontari è ancora fondamentale, nonostante difficoltà legate alle restrizioni e alla negligenza delle istituzioni.

Poco più di un anno fa, mentre iniziava la pandemia, il circolo Arci Sparwasser di Roma, come tutti gli spazi aperti al pubblico, era stato costretto a chiudere il locale. Solo pochi giorni prima della chiusura, Sparwasser aveva subito un grave furto e, per ripagare i danni, gli attivisti avevano organizzato una serata di autofinanziamento, a cui avevano partecipato decine di persone per manifestare solidarietà al progetto. Un progetto culturale importante, quello di Sparwasser, che, da quando è nato cinque anni fa, ha animato il quartiere Pigneto, nel quadrante est della capitale, con iniziative culturali, musicali, presentazioni di libri, scuola di italiano per migranti, sportello lavoro e altre attività solidali.

Le notti di Sparwasser, un anno dopo, sono decisamente cambiate. Gli spazi dove la sera si ballava oggi si sono trasformati in un dormitorio per sette persone senza fissa dimora. “Quando è iniziata la pandemia siamo stati costretti a interrompere le attività in presenza" - spiega Clara Mascia del direttivo di Sparwasser, - "e ci siamo chiesti come essere utili e attivi nel quartiere. Così abbiamo attivato nuovi progetti: portato la spesa agli anziani, aiutato i bambini nei compiti a distanza, creato uno sportello psicologico telematico”.

Con l’arrivo dell’inverno a Roma, come in molte altre città, l’accoglienza istituzionale verso chi vive per strada si è dimostrata inadeguata. Dall’inizio dell’inverno nella sola città di Roma undici persone sono morte di freddo. “Quando abbiamo deciso di intraprendere questo progetto, a Roma erano morte 8 persone”, prosegue Mascia. “I nostri spazi erano vuoti, inutilizzati, a cosa serviva Sparwasser? Accogliere delle persone che non hanno un posto in cui dormire ci è sembrato naturale, l’uso migliore che potessimo fare di quello spazio”.

Il progetto Qui c’è posto, durato dal 26 gennaio al 31 marzo 2021, nasce dalla collaborazione con Nonna Roma, associazione di volontariato creata proprio all’interno di Sparwasser per fornire soluzioni a chi vive in condizioni di povertà. “Ogni sera, a partire dalle 18" - spiega Mascia - "le persone arrivano, fanno un tampone rapido e poi ricevono una cena calda, preparata dai volontari. La mattina presto si alzano, fanno colazione e prendono un pranzo al sacco da portare via nella loro giornata per strada”.

Gentilezza genera gentilezza
Gentilezza genera gentilezza © Sparwasser

La situazione a Roma

I dati ufficiali più recenti, che risalgono al 2014, parlano di 7700 persone senza dimora a Roma. Sono i numeri pubblicati nel rapporto dell’indagine conoscitiva sulle persone che vivono in povertà estrema, realizzato dall’Istat insieme al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (fio.PSD) e Caritas Italiana.

Sapere quante persone vivono per strada è molto difficile”, spiega Elisa Manna, responsabile del centro Studi Caritas diocesana di Roma. “Possiamo stimare una forbice che va dalle 8 alle 16 mila persone nella città di Roma, ma dall’inizio della pandemia abbiamo assistito a un vistoso aumento, dovuto a vari fattori, soprattutto a causa della perdita secca di lavoro”.

Un dato destinato ad aumentare sensibilmente, secondo Manna, quando saranno revocati il blocco degli sfratti e dei licenziamenti, ma che si intravede già nelle richieste di cibo arrivate alla Caritas durante il lockdown. “Abbiamo visto tante famiglie giovani, con figli piccoli, che non si erano mai rivolte a noi”, prosegue Manna. “Mi ha colpito la storia di una coppia: entrambi lavoravano nell’ambito della ristorazione, improvvisamente si sono ritrovati senza lavoro e si sono dovuti rivolgere a noi per avere il pacco della spesa”.

“Nella città di Roma ci sono circa 200mila persone in emergenza abitativa”

Fabio Gui, che dagli anni ‘80 è un volontario della comunità di Sant’Egidio, movimento cattolico che si occupa di accoglienza e aiuto ai poveri, spiega che i numeri da prendere in considerazione non sono solo quelli di chi è già per strada. “Nella città di Roma ci sono circa 200mila persone in emergenza abitativa”, spiega. “Stiamo parlando di una città nella città, e tra queste persone non sappiamo quante rischiano di finire per strada. Sono giovani coppie che hanno perso il lavoro, anziani soli ma anche persone che non sono più in grado di pagare le bollette. E tra questi ci sono gli almeno 8mila che vivono per strada stabilmente”.

Di dati e soluzioni si occupa da anni Enrico Puccini, architetto, che gestisce il blog Osservatorio Casa Roma, in cui analizza e spiega le politiche abitative della Capitale. "A Roma c’è un enorme problema con la casa, ma manca una visione d’insieme, la volontà di affrontarlo in maniera seria e strutturale”, dice Puccini. Sottolinea poi: “Dovremmo partire dai dati: se non vengono sistematizzati, studiati e analizzati non si può avere una fotografia vera della città. Ad esempio”, continua Puccini, “non si costruiscono nuove case popolari, e quelle che ci sono non sono più adatte ad accogliere chi ne ha bisogno: un tempo le famiglie erano numerose, e le case di allora sono troppo grandi oggi, perché è cambiata la composizione del nucleo familiare, che ora è molto spesso formato da una sola persona”.

Per chi non ha una casa, una delle cose più importanti è avere un indirizzo

È la residenza fittizia sui documenti, una via che non esiste ma che costituisce l’equivalente giuridico di un indirizzo reale. “Avere la residenza fittizia”, come spiega Gui, “significa accedere a una serie di diritti essenziali, come il diritto al medico di base ad esempio, o alla carta di identità e alla tessera sanitaria. Significa, cioè, esistere ufficialmente, poter accedere a dei diritti”.

A Roma questo indirizzo è via Modesta Valenti, una strada che non esiste ma che racconta la storia di una donna senza dimora, una storia di abbandono e fallimento. Modesta Valenti viveva per strada, dormiva davanti alla stazione Termini e quando il 31 gennaio 1983 ebbe un malore, un’ambulanza rifiutò di soccorrerla per diverse ore perché era sporca. Lei morì, in mezzo a centinaia di persone, completamente sola. Da quel momento, Modesta Valenti è diventata il simbolo di quello che non poteva essere più tollerato, l’abbandono delle persone che vivono per strada.

L’accoglienza durante la pandemia

Alla gestione ordinaria dell’accoglienza della persone senza fissa dimora, ogni anno si aggiungono le due “emergenze”, quelle legate al caldo estivo e al freddo invernale.

A Roma, come fa notare Gui, una parte delle persone senza fissa dimora vivono nelle zone centrali della città, nelle vicinanze di stazioni dove ripararsi la notte, e di mercati, ristoranti e bar dove trovare da mangiare di giorno. Tutti questi luoghi sono stati chiusi durante il lockdown. “Erano chiusi anche i bagni dei bar per lavarsi. Lo scenario era di una Roma deserta mentre queste persone vagavano alla ricerca di cibo”, racconta. “Noi della comunità di Sant’Egidio abbiamo trasformato la mensa in un luogo di consegna di cibo, e organizzato le cene itineranti, andando a consegnare i pasti alle persone che vivevano in giro per la città. Ma Roma era impreparata a questa situazione”.

Anche i centri di accoglienza della Caritas hanno dovuto ridurre i posti per mantenere le misure di distanziamento, come spiega Elisa Manna: “Non era possibile mantenere tante persone in uno stesso spazio, abbiamo fatto il possibile trovando posto a molte persone in luoghi attrezzati, soprattutto dalle parrocchie, ma non è stato sufficiente a coprire le richieste”.

Calore umano
Calore umano © Sparwasser

Oltre i posti letto

Meno spazi e più richieste è quello che raccontano gli operatori. Però c’è stata anche una grandissima risposta da parte di nuovi volontari, cittadini che si sono attivati per aiutare. L’esperienza di Sparwasser è stata significativa. “Quando abbiamo deciso di far partire il progetto Qui c’è posto”, racconta Mascia, “abbiamo fatto una call di volontari dal quartiere e la risposta è stata enorme: una cooperativa ci ha donato materassi e coperte, i volontari si sono resi disponibili per la preparazione di pranzi e cene, un medico per i tamponi, alcune attività del quartiere hanno offerto le colazioni, e la raccolta fondi è andata ben oltre le nostre aspettative”.

Abbiamo iniziato subito a conoscere i nostri ospiti" - conclude Mascia - "e ci hanno raccontato le loro difficoltà. Qualcuno ha appena perso il lavoro, altri non riescono a trovarlo, e ci siamo chiesti come potevamo aiutarli. Abbiamo pensato a un supporto psicologico, l’aiuto nella ricerca di lavoro e nella redazione del curriculum. Sono persone che stanno vivendo delle difficoltà e vogliono uscirne. Ora il sabato ci aiutano nella consegna dei pacchi spesa di Nonna Roma alle persone in difficoltà, li prepariamo e distribuiamo anche insieme a loro. Il nostro obiettivo è accompagnarli in un percorso che vada oltre l’emergenza, perché non c’è solo l’emergenza, c’è un percorso da affrontare”.