A Bologna la ciclo-stazione nasce sottoterra
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L'ultimo atto di una vera "velo-rivoluzione", la rivoluzione in bicicletta di Bologna: nelle viscere della Montagnola, il parco seicentesco che accoglie turisti e pendolari in arrivo alla Stazione centrale, sta nascendo la nuova casa dei ciclisti urbani. A settembre qui aprirà la Velostazione, un esperimento in salsa bolognese che presto potrebbe diventare un modello per altre città.
Sono le 11 di un sabato mattina di giugno. A Bologna, il parco della Montagnola è un luogo tutto sommato tranquillo: il vociare del vicino mercato della Piazzola, e gli evidenti resti di un venerdì sera di movida, non scoraggiano qualche famigliola alla ricerca di un angolo verde e qualche runner alle prime armi. Ma pochi metri sotto di loro la Montagnola nasconde molto altro. Una quarantina di volontari si sono dati appuntamento al Pincio, uno spazio sotterraneo che fu rifugio antiaereo durante la seconda guerra mondiale e che – negli anni più recenti – è stato adibito ad autorimessa privata. Un angolo strategico, tra via Indipendenza e l’autostazione di Bologna.
Mascherine sul volto e guanti alla mano, i volontari scrostano i muri anneriti da decenni di smog e issano il vessillo che, da settembre, diventerà il nuovo simbolo del Pincio: una grande sagoma cartonata a forma di bicicletta. Sta prendendo forma "Dynamo", la nuova velostazione di Bologna.
È il frutto del lavoro di "Salvaiciclisti Bologna", un’agguerrita squadra di ciclisti urbani che hanno conquistato questo spazio vincendo un bando comunale. Simona Larghetti, che di Dynamo è project manager, posa l’idropulitrice e ci racconta il nuovo atto della rivoluzione a due ruote in quel di Bologna.
Cafébabel Bologna: Simona, che cos’è Dynamo?
Simona Larghetti: È una velostazione. Un parcheggio per biciclette, quindi, ma non solo. È uno spazio intermodale, a pochi passi dalla stazione ferroviaria e dall’autostazione, dove lasciare la bicicletta per poi prendere altri mezzi. E sarà il centro di tutti i servizi rivolti ai ciclisti urbani.
Cafébabel Bologna: Esiste già qualcosa del genere, altrove?
Simona Larghetti: In Italia, no. In alcune città, è vero, si trovano parcheggi bici custoditi, che talvolta offrono anche servizi di cicloriparazione o noleggio. Ma quello che manca è un luogo che offra servizi a tutto tondo: dalle guide per il cicloturista alle consulenze di mobility management per le imprese.
Il mondo della bici si sta sviluppando negli ultimi decenni. Con Dynamo, speriamo di tracciare un modello che verrà replicato altrove.
Cafébabel Bologna: La velostazione aprirà i battenti a settembre. Ma da quanto tempo è in cantiere l’idea?
Simona Larghetti: Da almeno un anno e mezzo. "Salvaiciclisti Bologna" esiste da circa due anni, e questa è stata un’iniziativa su cui abbiamo lavorato fin da subito. Ma non siamo i soli: "Dynamo" è il risultato dell’interazione con tutte le associazioni che a Bologna promuovono la ciclabilità e la mobilità dolce. Ed è un progetto sentito da tutta la comunità ciclistica bolognese, da tutti coloro che sentivano il bisogno di un punto di riferimento per chi va in bici e per chi con la bici ci lavora.
Cafébabel Bologna: Esiste un manuale per l’uso per replicare questo modello in altre città europee, magari meno ciclabili di Bologna?
Simona Larghetti: Noi ci siamo riusciti con due ingredienti.
Il primo è la tenacia: ci abbiamo creduto, malgrado fosse un progetto ambizioso e difficile da realizzare. Chi avrebbe mai pensato di trovare uno spazio così adatto: in pieno centro storico, adiacente alla stazione, abbastanza grande, ben visibile e accessibile.
Il secondo è la collaborazione: abbiamo fatto rete, in tanti. E siamo riusciti a dialogare anche con realtà e associazioni che hanno un punto di vista diverso; abbiamo tutti un obiettivo, che è quello di rendere Bologna una città per ciclisti, ma ciascuno ha le sue posizioni. "Dynamo" esiste perché abbiamo trovato un denominatore comune, una condivisione: una sola realtà non sarebbe riuscita a portare avanti un progetto così velleitario.
Cafébabel Bologna: Ciliegina sulla torta, la velostazione occuperà uno spazio che per decenni è stato adibito ad autorimessa.
Simona Larghetti: È un dato significativo, non solo dal punto di vista simbolico: un segno del tempo che cambia.
Eppure, non ci sentiamo in concorrenza con l’automobile. La velostazione va soltanto a riempire un vuoto, senza rubare spazi ad altri. Nella stessa zona, già insistono servizi per tutti i mezzi di trasporto: la stazione ferroviaria, l’autostazione per i bus a lunga percorrenza, i nuovi parcheggi per auto collegati alla stazione sotterranea AV.
Del resto l’Europa ci ha dato degli obiettivi chiari in termini di ripartizione modale degli spostamenti: ci viene chiesto di ridurre gli spostamenti con i mezzi motorizzati, e la promozione della ciclabilità va in questa direzione. Ecco perché la velostazione non risponde agli interessi di un piccolo gruppo, ma a quelli di tutta la comunità.