7 minuti - il nuovo film di Michele Placido delude le aspettative
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Michele Placido porta in sala 7 minuti, testo teatrale scritto da Stefano Massini sulla difesa dei diritti lavorativi e la determinazione di 11 operaie; purtroppo dimenticando che il teatro e il cinema si fanno diversamente. Il film è uscito giovedì 3 novembre in sala, ma era stato già presentato in anteprima all'11esima Festa del Cinema di Roma.
Il presente ci viene raccontato
L'evento che ispira 7 minuti, il testo teatrale di Stefano Massini, accadde nel 2012 a Yssingeaux, in Francia, quando undici operaie impiegate in una fabbrica tessile furono coinvolte in un lungo braccio di ferro con i nuovi dirigenti subentrati al controllo. In gioco la rinuncia ai loro diritti in cambio della certezza di non venire licenziate.
Il regista e attore Michele Placido trasforma l'opera in un film, ma qualcosa non quadra, perchè rimane il grande dramma del palcoscenico che non si concede la scioltezza di un testo cinematografico.
Nel film, ambientato in Italia, i proprietari dell'azienda tessile Varazzi cedono la maggioranza delle azioni ad una multinazionale francese. Nella fabbrica, tra le operaie, c'è molta agitazione per un possibile licenziamento e undici di loro, che elette dalle colleghe vanno a comporre un consiglio dei lavoratori, si ritrovano a discutere una strana proposta da parte dei nuovi proprietari: accettare o meno che la loro pausa giornaliera venga ridotta di 7 minuti.
7 minuti non sono nulla paragonati alla possibilità di un licenziamento, sarebbe sciocco rifiutare; ma cosa rappresentano in realtà?
Le donne sono tentate di accettare senza proseguire oltre, dire "sì" per correre fuori a comunicare alle altre centinaia di operaie che il loro impiego è salvo. Ma la loro portavoce, Bianca, interpretata sia a teatro che nel film da Ottavia Piccolo, propone una riflessione ulteriore, riconoscendo in questa piccola privazione un simbolo di accondiscendenza e negazione dei propri diritti lavorativi e civili.
Undici donne sull'orlo di una crisi di nervi
Con una premessa così quello che ci si aspetta è un'inchiesta sociale e un racconto forte, che fa sentire allo spettatore in prima persona la gravità della minaccia. Ma la realtà è che 7 minuti porta avanti una narrazione dilatata che stanca e delude senza coinvolgere. Le protagoniste interpretano la loro "diversità" con una recitazione decisamente sopra le righe. Sono undici personaggi i cui contorni vengono "ritagliati" grossolanamente. Il risultato è un dramma esasperato tutto al femminile che sembra più una fiction molto lunga che un film su cui poter ragionare. Si alza molto la voce, ogni gesto è plateale ed eccessivo. Ogni elemento è pensato per incastrarsi in un gioco di confronti facile da prevedere: non è nuovo, non è intenso, ma già visto e stereotipato.
Forse un gioco dei ruoli così netto e senza possibilità di sfumatura può funzionare in una pièce teatrale, ma dal cinema si esige un coinvolgimento di tipo diverso. Le attrici dirette da Michele Placido recitano la loro parte, e noi le vediamo recitare; non esiste la sospensione della realtà o l'illusione necessaria per abbandonarsi alla storia.
Per questo 7 minuti è un film con un grande potenziale che affonda le radici nella cronaca quotidiana riguardante le condizioni lavorative nelle fabbriche italiane e non, ma rimane inefficace poichè il lavoro sul testo non è all'altezza delle aspettative.