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Gilles Duval e il film che visse due volte

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BrunchCultura

Tell me lies”, pellicola inedita del regista Peter Brook sulla guerra in Vietnam, è stata restaurata questo autunno e riportata a nuova vita dopo un intenso lavoro di ricerca, dagli archivi americani alle pagine del diario del regista.

Intervista con Gilles Duval, capo della Fondation Groupama, che ha diretto i lavori di restauro delle pellicole perdute di Brook, ma anche di Méliès, Tati e tanti altri, tra fotogrammi smarriti, teatri di fine Ottocento, viaggi sulla luna e ballerine di Rodin.

Incontro Gilles Duval in un ristorante della Gare du Nord a Parigi, in una fredda serata di fine autunno. Arrivo in anticipo. “Lo riconoscerai subito”, mi dicono al bancone, “è magro, occhi chiari e un inconfondibile giubbotto arancione”. E quando me lo ritrovo di fronte non faccio fatica a credere che l’avrei riconosciuto anche senza il colore squillante della sua giacca. “Quando vuoi mi trovi qui, a insegnare un po’ di cinema qua dentro”, scherza con i camerieri.

Gilles è a capo della Fondation Groupama Gan, tra i più importanti attori privati della scena cinematografica francese, e se è seduto di fronte a me è soprattutto perché ha diretto i lavori di restauro di pellicole come “Le Voyage dans la lune” di Georges Méliès, primo cortometraggio di fantascienza girato nel 1902, i film della regista francese e sua amica Agnès Varda, per la quale ha anche fatto da voce fuori campo, e “Tell me lies”, l’opera inedita di Peter Brook, restaurata in collaborazione con la Fondation Technicolor.

Alla ricerca del fotogramma perduto

Una mattina, squilla il telefono ed è Peter Brook”, racconta Gilles. “Parlare con Peter Brook è appassionante, ma è anche un personaggio che incute quasi un timore reverenziale”. Brook arriva al telefono di Gilles attraverso una serie di passaparola, dall’attore Jérôme Deschamps al regista Pierre Etaix. “Peter voleva ritrovare una pellicola girata nel 1967 e uscita nel 1968”, racconta Gilles, “tratta dalla pièce teatrale “Us”, un film perduto di cui conservava solo una copia in 35 mm abbastanza danneggiata”. Proposta al festival di Cannes nel 1968, la pellicola, un'opera non poco controversa sulla guerra in Vietnam, non sarà mai proiettata alla Croisette e, nonostante la menzione speciale ottenuta al festival di Venezia nello stesso anno, è stata quasi immediatamente insabbiata a causa della situazione politica delicata. “Oggi credo che sia arrivato il momento giusto per questo film”, dichiara Brook, “è più facile per lo spettatore capire che non si tratta di seguire una direzione già indicata ma rimettersi in discussione e riconsiderare tutto con coraggio, affrontando le contraddizioni”.

Gilles racconta di una vera e propria caccia al tesoro sulle tracce delle scene mancanti della pellicola, dagli archivi in Gran Bretagna fino agli studios in America. “Non facciamo mai niente per ipotesi”, dice Gilles, spiegando come il restauro di una pellicola consista sì nel ritrovare i fotogrammi ma soprattutto nel riportare il film in vita secondo la volontà dell’autore, un processo che li ha condotti a sfogliare i diari di Peter Brook e a chiacchierate infinite con il regista. Si addentra nella spiegazione del processo di restauro, raccontandomi di una vera e propria ricostruzione, sciorinando termini tecnici, accompagnandoli con un gentile “pardon”, quando si rende conto di avere di fronte una profana, e quasi tracciando con le mani una parabola che assomiglia sempre di più a un intervento filologico su un film.

Viaggio sulla luna, il ritorno

Dovrete imparare a fare come gli operai e ad essere imprecisi”, questa è stata la sua consegna ai tecnici degli studios di Los Angeles, impegnati nel restauro della pellicola di Georges Méliès, “Le Voyage dans la Lune”, nel 2011. La colorazione dei circa 14.000 fotogrammi era stata affidata alle 200 operaie di Madame Elizabeth Thuillier, colorista e proprietaria di due fabbriche al civico 87 di rue du Bac, nella vecchia Parigi di inizio Novecento. Ogni operaia era la responsabile di un solo colore, scelto dopo nottate passate a mescolare le sfumature. Il fine del restauro ad opera della Fondation Groupama era proprio creare la stessa sfilata di personaggi dai contorni imprecisi, le stesse macchie di colore e le stesse imperfezioni, costate tanto lavoro alle operaie di Madame Thuillier.

Gilles ha già perso la prima rer e si trattiene parlando del suo lavoro per la Fondation. “Il nostro obiettivo è salvaguardare il patrimonio cinematografico”, spiega, “ma anche farlo conoscere ai più giovani e contribuire alla promozione del cinema contemporaneo”. Nascono così, ad esempio, i Tati Concert, serate concepite in occasione del restauro della pellicola di Jacques Tati, “Les vacances de Monsieur Hulot”, con musica dal vivo, ingresso gratuito e proiezioni dal film. “Un successo inaspettato, non solo in Francia ma anche a Hong-Kong e Addis Abeba”. Lo stesso motivo per cui sono stati prescelti gli Air per creare la colonna sonora del film di Méliès. “Le prime proiezioni cinematografiche erano mute con un pianista che improvvisava seguendo le scene”, spiega Gilles, “abbiamo chiesto agli Air di fare lo stesso e di immaginare la colonna sonora di quella che era stata una polverosa pièce che andava in scena a fine Ottocento nei teatri di Grands Boulevards”.

L’intervista con Gilles stenta a trattenersi nei limiti del tecnico e scivola facilmente nella chiacchierata a sfondo cinematografico, con aneddoti, battute e pettegolezzi. “Alain Resnais? Un pazzo del fumetto!”. Pare infatti che, oltre alla storia d’amore scritta da Marguerite Duras, tra le fonti d’ispirazione per la celebre pellicola "Hiroshima Mon Amour" di Resnais ci sia stato il manga “Hadashi No Gen”.

Gilles mi racconta di essere in partenza per la Cambogia dove a giugno organizzerà un festival cinematografico. Lo saluto al tavolo, una prima volta. Ma fermi al bancone del bar, Gilles continua a raccontarmi di cinema itineranti, dei cortometraggi di Chris Marker, delle sue forme ispirate alle sinuosità delle ballerine dello scultore Auguste Rodin, con un occhio al bicchiere di birra e un altro all’orologio del ristorante per non perdere l’ultima rer che lo riporterà a casa. “È stato un piacere, mademoiselle”, si congeda infine correndo verso la stazione. Al prossimo film. 

Photo: copertina e Gilles Duval © Fondation Groupama Gan; video: "Tell me lies" © Fondation Groupama Gan/YouTube, Georges Méliès © dollarilippis/YouTube; Chris Marker © IntrepideProd/YouTube.