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Mov(i)e to Berlin - Berlinale: Reinout Scholten van Aschat, Chet Baker e il cinema. Intervista

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Torino

Reinout Scholten van Aschat è la shooting star olandese della Berlinale 2016. Quando lo incontriamo ha l'aria un po' persa, di chi non è abituato a stare sotto ai riflettori. Eppure il suo talento è innegabile. Tra i ruoli che ha ricoperto in passato si annoverano Johan Cruiff e Chet Baker, non proprio tipi qualsiasi. Intervista.

Reinout Scholten van Aschat è un giovane attore olandese. Diplomato all'Accademia di teatro di Maastricht e cofondatore del collettivo teatrale Lars Doberman, si  è dato al cinema da poco. Ha ricevuto il premio Best Actor Golden Calf nel 2011 per il ruolo principale in The Heineken Kidnapping, di Maarten Treurniet. Successivamente, ha ricoperto il ruolo di protagonista nella serie televisiva Johan – Soccer Messiah (2014), di Pim van Hoeve, che racconta la storia di Johan Cruyff, famoso calciatore olandese. L'ultimo ruolo che ha ricoperto è quello di protagonista in Beyond Sleep, film del 2016 di Boudewijn Koole.

Cafébabel Torino (CB Torino): Reinout, com'è stato l'approccio con il mondo dei media e con il grande cinema?

Reinout Scholten van Aschat (RSA): È tutto molto travolgente. Non ho molta esperienza con i festival internazionali e questa è la prima volta che faccio qualcosa del genere, a partire dalle interviste in inglese. A volte la tensione è un po' troppa, ma è inevitabile: veniamo presentati al mondo ed è un po' come stare sotto a un grande riflettore che ti acceca. Provi a stare calmo, ma è spaventoso e, a volte, ti innervosisci. Stamattina eravamo qui in dieci (parla degli altri attori esordienti, ndr.) e sembravamo tante piccole paperelle intimorite. Anche sul red carpet non sapevamo davvero cosa fare, non abbiamo le movenze e la giusta malizia degli attori navigati. Personalmente, sono già stato su un red carpet, ma ad Amsterdam. Qui sono molto più esposto, sento che c'è tutto il mondo che mi guarda e ancora non lo realizzo: è un'ubriacatura di esperienza!

CB Torino: Dici Amsterdam e viene in mente la tua biografia. Leggendola si nota che sei molto legato alle tue origini. In effetti collabori spesso con registi e scrittori olandesi. Questa tua connessione con la tua terra è una componente fondamentale del tuo lavoro o ti piacerebbe “aprirti ad altri orizzonti”?

RSA: Mi piacerebbe molto guardarmi intorno, orientarmi e aprire la mia visione. Vorrei imparare da altri Paesi e altre culture, cercare di capire come la pensano sul modo di fare cinema e come intendono l'arte e il senso della vita. Per fortuna ci sono sempre più collaborazioni cinematografiche tra Paesi diversi. Mi piacerebbe imparare altre lingue. Essendo attore, ho molte opportunità per farlo e per conoscere posti nuovi: ho appena girato un film in Norvegia (Beyond Sleep, 2016, ndr.) e ho incontrato moltissime persone e attori norvegesi. Ho visto come sono disciplinati, le storie che raccontano, le scuole di teatro che hanno. Ho imparato tanto da quel ambiente che definirei quasi "spirituale". Per non parlare della natura: in Olanda non possiamo godere di certi panorami. In Beyond Sleep ho recitato la parte di un geologo olandese che se ne va sulle montagne norvegesi. La sua terra di origine è addirittura sotto il livello del mare, quindi per lui è un'esperienza nuova. È davvero un incontro tra due culture diverse. In un certo senso parla un po' di me: nemmeno io ero mai stato in Norvegia prima di girare il film. Questo è un buon esempio di come le “collaborazioni” cinemmatografiche determinino un vero e proprio incontro tra culture. E la Berlinale è un altro esempio perfetto.

CB Torino: Non ti occupi solo di cinema, ma sei anche uno dei fondatori della Lars Doberman, un collettivo teatrale. È molto diverso recitare a teatro e recitare in un film? Cosa preferisci?

RSA: Mi piace molto l'illusione del film che pretende di rappresentare la realtà, ma è solo un trucco. Nel cinema il regista decide chi fa cosa e sua quale attore il pubblico debba concentrarsi. Sul palco del teatro invece devi fare tutto da solo, per questo sei più coinvolto. L'attore stesso diventa una macchina da presa tra sé stesso e il pubblico: si ha una responsabilità molto più grande. Ciò che adoro nel cinema è il potere della telecamera: può entrare davvero nella tua testa, zoomare sui tuoi occhi e creare l'effetto desiderato. Perciò non posso scegliere, adoro entrambi, sono due passioni che si incrementano a vicenda.

https://www.youtube.com/watch?v=ExUSQmsSSLI

CB Torino: A teatro hai anche interpretato il ruolo di Chet Baker, famoso trombettista jazz degli anni '50. Com'è stato interpretare un personaggio così discusso, con tutte le sue contraddizioni?

RSA: Non volevamo interpretare lui in quanto tale perché, in fondo, Chet Baker si “interpreta” perfettamente da sé. Volevamo invece mettere in scena la sua energia, provare a tradurla in movimenti e musica. Volevamo portare sul palco l'atmosfera del jazz che è libertà e improvvisazione. Baker è una grande fonte di ispirazione per i musicisti: il modo in cui cerca l'armonia quando improvvisa è eccezionale e anche se c'è una nota sbagliata riesce a farla diventare magica. Chet Baker è molto lirico e poetico, un viaggiatore perso nel mondo. Tutto ciò lo rende romantico e un eroe tragico. Non aveva una casa di proprietà, ma viveva negli hotel. Suonava la sua tromba, si drogava e aveva una pessima salute. Gli caddero addirittura i denti, tanto da non riuscire a suonare. Ho sentito storie di persone che lo videro ad Amsterdam. Mentre suonava spesso si addormentava. Era davvero un tossico. Poi un giorno cadde da una finestra di un hotel di Amsterdam e morì. Non si può dire che non sia stata una morte da artista. Ma infondo, credo che il mondo avesse bisogno di un epilogo del genere. Un personaggio come Baker si presta bene alle fiction: nessuno può avere idea di cosa voglia dire essere stato un genio come lui; possiamo solo parlarne, investigare su di lui come se fosse una figura mitica. Abbiamo voluto far riflettere le persone sul perché le persone con un talento immenso inevitabilmente crollano e perché amiamo vedere la loro rovina. Tra gli altri, per esempio, basta pensare ad Amy Winehouse o Kurt Cobain. Ci piacciono le storie strazianti che distruggono il talento. 

CB Torino: Beyond Sleep è il tuo ultimo film. Il personaggio che interpreti piano piano impazzisce. È stato difficile rendere un personaggio del genere?

RSA: È un personaggio che ha molta paura del giudizio altrui e si fa molti problemi, è paranoico. In realtà è stato molto divertente da fare: per me era una missione renderlo il più disagiato possibile. Nel film non si fida di alcuna persona che gli parli. Vede demoni ovunque. In un certo senso credo che creare problemi dove non ce ne sono, sia la cosa più divertente da mettere in scena per un attore. 

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Questo articolo fa parte del progetto editoriale Mov(i)e to Berlin, una collaborazione tra le redazioni locali di cafébabel Torino e cafébabel Berlino. Nel quadro di questo progetto, le due redazioni offrono copertura bilingue del TFF e della Berlinale, attraverso uno scambio dei propri reporter.