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Dopo di lui, a chi tocca?

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Politica

Jacques Chirac, ex presidente francese, è stato condannato dal Tribunale di Parigi a due anni con la condizionale. Nel Paese in cui ha visto la luce il concetto di égalité, un capo di Stato compare davanti a un giudice. Che sia un primo passo per una riforma dei privilegi della casta? Riflessioni tra storia e politica all’indomani delle rivoluzioni che hanno sconvolto il 2011.

Inevitabile il paragone con il maresciallo Pétain, che fu processato nel 1945, accusato di alto tradimento. Anche se, ripercorrendo la storia, nella Francia incline al regicidio e mai piegata da timori reverenziali, s’incontrano non pochi grandi personaggi, adorati e poi esposti al pubblico ludibrio: Napoleone Bonaparte, che provò “la reggia e il tristo esiglio”, o la regina Marie Antoinette, la cui sentenza di decapitazione venne declamata nella Chambre Dorée del Palazzo di Giustizia di Parigi.

Nella stessa stanza del Tribunale parigino, giovedì 15 dicembre è stata pronunciata la sentenza contro Jacques Chirac, 78 anni, ex presidente della Francia, accusato di appropriazione indebita di fondi pubblici e abuso di potere, reati compiuti tra il 1977 e il 1995, ai tempi in cui era sindaco di Parigi. Il processo, congelato per circa 13 anni in virtù dell’immunità, è stato ripreso grazie all’azione di numerosi gruppi di attivisti politici. Chirac, assente in aula per motivi di salute, accetta ma non condivide la sentenza.

Meglio tardi che mai

La Francia dimostra che giustizia è stata fatta e sembra quasi voler dare una lezione all’Europa. Ed è significativo che una notizia del genere venga dal Paese dove è nato il concetto di égalité. D’altronde, lo dicevano anche i sondaggi che, per il 71% dei francesi, Jacques Chirac è un cittadino qualsiasi. Ma detentore di due primati: l’ex presidente più amato della République e il primo ad essere stato processato.

Anticor, gruppo attivista che ha contribuito a rilanciare il processo di Chirac, si dimostra soddisfatto del messaggio trasmesso alla comunità francese ed europea. “Meglio mai che tardi”, esclama dal canto suo il socialista François Hollande. Il processo a Chirac, infatti, riporta in auge la necessità, a livello europeo, di una riforma dello statuto e dei privilegi politici, riguardante l’immunità e la lentezza dei processi giudiziari. Caratteristiche che il sistema francese ha in comune con quello italiano, che se non conta un primato onorevole come quello di Chirac, ha le carte in regola per averne un altro: un ex premier con il maggior numero di capi d’accusa, e di processi iniziati, ma mai portati a termine. Per colpa di assoluzioni, prescrizioni, depenalizzazioni e leggi ad personam: Silvio Berlusconi.

La fedina penale dell’ex presidente francese impallidisce al cospetto del curriculum dell’ex presidente del Consiglio italiano, accusato di reati come corruzione giudiziaria, falso in bilancio e, di recente, concussione e prostituzione minorile. Scandalo responsabile, probabilmente, dell’ondata di proteste che ha convinto Berlusconi alle dimissioni. Briciole di soddisfazione per un Paese in cui il processo a un ex capo di stato sembra ancora un’utopia.

L'immunità, ovunque

Dall’altra parte dell’Europa, di tutt’altro spessore mediatico, è il caso Wulff in Germania, in cui l’attuale presidente della Repubblica è sospettato d’aver beneficiato di un prestito di 500.000 euro dalla moglie di un imprenditore. Ma si sa, in Germania, c’è chi rinuncia al titolo per molto meno, come l’ex Ministro della Difesa, Karl-Theodor Zu Guttenberg, dimessosi dopo la scoperta che lo incriminava per aver copiato buona parte della sua tesi di dottorato. Tuttavia, anche la Germania è fra gli Stati europei che tutela i suoi parlamentari, i quali non possono essere soggetti ad alcun tipo di inchiesta. Lo stesso dicasi per Spagna, Belgio e Francia. E, se Grecia e Portogallo prevedono la sospensione automatica delle procedure giudiziarie nei confronti dei parlamentari in carica, Regno Unito, Danimarca e Paesi Bassi proteggono i loro sovrani, inviolabili per legge. Insomma, sembra esserci un Lodo Alfano  in ogni Stato europeo.

La notizia del processo di Chirac desta interpretazioni contrastanti in Europa. È un dato allarmante, che sottolinea il ritardo di una giustizia ancora sottomessa ai privilegi della casta? O è un primo passo verso un cambiamento, verso una legge uguale per tutti, a ridosso della fine di un anno che ha visto la caduta di regimi politici ben più oppressivi, appena fuori dall’Europa? Ai prossimi mesi spetterà la sentenza. O le sentenze.

Il 2011 si chiude intanto con le potenzialità di una primavera in corso, dopo le proteste di Madrid, di Londra, di Atene e di Roma e gli echi degli indignados europei dopo decenni di rassegnazione e pessimismo. Mentre Chirac lascia la scena politica con l’immagine di una grandeur macchiata, di una personalità maestosa accasciatasi su se stessa. Senza le passeggiate lungo i boulevard parigini, in preda alla noia, come ce lo descrive Le Monde. O come un malandato Bonaparte, nelle parole di Manzoni, “le braccia al sen conserte, strette, e dei dì che furono l’assalse il sovvenir!”.

Foto (cc) quicheisinsane/flickr