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Vogliamo il divorzio! I Paesi europei alle prese con i separatisti

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Torino

In quale Stato membro dell’Unione Europea non si avvertono tensioni volte a rivendicare sempre più autonomia o la totale indipendenza dal potere centrale? Nell’attesa di una risposta, vi raccontiamo dell’incontro di Biennale Democrazia in cui si è parlato dei separatismi in Europa e in particolare dei ‘casi’ Catalogna, Scozia e Belgio.

Paese che vai, separatismo che trovi. Almeno nel nostro continente, è questa la realtà ai giorni nostri. Ma è un bene o un male? E quali sono le differenze all’interno dei diversi Stati nazionali che si confrontano sul tema, che non ha solo valenza politica ma investe la Società nella sua interezza? Sono questi i principali interrogativi posti da David Ellwood (storico e docente alla Johns Hopkins University di Bologna) nella sua introduzione all’incontro “I separatismi e l’Europa”, dopo aver dichiarato le proprie perplessità sull’architettura del Trattato di Lisbona, troppo complesso. “Nessuno è riuscito a formulare il progetto europeo in un documento di poche pagine che tutti possano comprendere”, ha sottolineato infatti Ellwood. Alla prima domanda non è possibile fornire una risposta univoca, come dimostrano gli interventi degli altri relatori: Fernando Guirao (docente all’Università Pompeu Fabra di Barcellona), John Lloyd (giornalista del Financial Times e ricercatore, di origini scozzesi), Dave Sinardet (docente presso due Università di Bruxelles).

Catalogna-Scozia-Belgio: separatismi a confronto

Guirao si è soffermato sulla Catalogna, che dal ’78, attraverso le proprie istituzioni, si è definita una Nazione, senza che ciò fosse in contrasto con la Costituzione spagnola. Dal 2009, invece, questo “adattamento” della Catalogna nel contesto iberico ha lasciato posto a un discorso nazionalistico diverso, incentrato sul concetto positivo della nuova Nazione Catalana.I catalani non pensano a Podemos (il partito, di recente costituzione, che i sondaggi danno al primo posto nelle intenzioni di voto in Spagna, ndr) perché il loro orizzonte è una Repubblica indipendente. Il brand nazionale spagnolo è degradato. La maggioranza dei catalani pensa a costruire un nuovo Paese, migliore”, ha rilevato Guirao. Lloyd, ha dichiarato che per Edimburgo l’indipendenza proclamata attraverso il referendum (celebrato nel settembre 2014, ndr) sarebbe stata un disastro economico per la Scozia, considerato il crollo del prezzo del petrolio, e il segno di una grave crisi politica”. Facendo poi emergere alcune anomalie del quadro scozzese: “Il partito nazionalista ha perso la consultazione referendaria ma ha visto crescere il suo consenso nel popolo; lo stesso partito nazionalista scozzese vuole restare nell’Unione Europea, mentre l’Inghilterra è euroscettica e pensa a staccarsi”. Sinardet ha introdotto il fronte belga con una simpatica provocazione: “Se vi hanno spiegato qualcosa sulla condizione della politica in Belgio e avete capito, vuol dire che non ve la hanno spiegata bene”. Pure in Belgio la situazione viene definita schizofrenica: “La maggioranza delle persone non è a favore del separatismo ma il partito separatista è maggioritario ed è entrato nel governo senza promesse di autonomia”. In conclusione, per Guirao “bisogna migliorare le nostre democrazie. Solo così i separatisti non avranno lo spazio che hanno adesso, quando promettono ai cittadini di costruire un Paese migliore”. Lloyd, invece, ha confessato di non riuscire a vedere una democrazia che non sia fondata su una Nazione: “Non sono un euroscettico, ma non vedo il mondo di farlo”.

Questo articolo fa parte di una collana di tre articoli realizzata da Cafébabel Torino e dedicata a "Passaggi", Biennale e Democrazia 2015. Leggi l'articolo sul dibattito "L'Anima dell'Europa".