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Una lezione per tutti

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Flavia Cerrone

Madrid docet: il terrorismo è una minaccia reale per le nostre società. Ma non deve essere usato dai politici come carta bianca per ogni evenienza.

In amore e in guerra tutto è permesso. Questa massima sembra essere applicata dai politici alla guerra al terrorismo. La paura del terrorismo è oggi frequentemente usata dai politici per promuovere un programma alternativo. I russi hanno rifiutato l’interferenza esterna nel conflitto in Cecenia etichettando la questione come “guerra al terrorismo”. Anche l’amministrazione Bush ha giustificato le guerre in Afghanistan e in Iraq inserendole in questo contesto. Essa è inoltre riuscita ad adottare il controverso Patriot Act sulla scia dell’undici settembre che, come succede anche per le proposte antiterroristiche dell’Unione Europea, include punti che hanno poco o niente a che vedere con il terrorismo. Statewatch, un’organizzazione che osserva e controlla i diritti civili all’interno dell’Ue, dichiara che 27 su 57 proposte dell’UE, introdotte subito dopo il bombardamento a Madrid dell’anno scorso, non si occupano affatto di terrorismo ma, più in generale, di crimine e sorveglianza.

Raggiri politici sul terrorismo

Le cose vanno ancora peggio a livello nazionale. Si prenda ad esempio la recente legge britannica che permette, senza processo, gli arresti domiciliari di chi è sospettato. Questo, ovviamente, non è solo utile per la lotta contro il terrorismo, ma molto vantaggioso in ogni caso in cui il governo vuole liberarsi, senza preavviso, di elementi non graditi. Il leader dell’opposizione Michael Howard ha definito tale provvedimento come volto a “usare la Sicurezza Nazionale per ottenere risultati politici”. Ma questo tipo di azione non è limitato solo al Regno Unito. Nei Paesi Bassi i politici hanno coniato il termine “terrorismo di strada”, nel tentativo di ottenere l’appoggio popolare sulle drastiche misure prese contro vandali e aggressori. I politici hanno capito che ogni riferimento al terrorismo aiuta a smussare le esitazioni che i cittadini altrimenti avrebbero, circa le restrizioni indebite delle libertà civili.

Di chi è la colpa?

Ma c’è inoltre un altro grande rischio nell’usare il terrorismo per scopi politici, divenuto chiaro dopo l’episodio di Madrid nel marzo 2003. I micidiali attacchi avvennero qualche giorno prima delle elezioni generali spagnole. Il governo del Primo Ministro, José María Aznar, incolpò il gruppo terroristico basco ( ETA), ma fu ben presto chiaro che non c’era l’ETA dietro la strage, bensì una fazione di estremisti islamici. Gli sforzi del governo di convincere il mondo che non fosse così, è stato visto dagli spagnoli come un tentativo di distorcere la verità per guadagnare popolarità politica. Il governo di Aznar fu responsabile per l’ impopolare decisione di mandare le proprie truppe in Iraq, cosa che fu vista come possibile casus belli per gli estremisti islamici che organizzarono l’attacco. Successivamente Aznar fu inoltre accusato di aver deliberatamente puntato il dito contro l’ETA. La protesta popolare circa questa presunta manipolazione, contribuì alla perdita delle elezioni da parte di Aznar tre giorni dopo il massacro. Ma gli spagnoli non erano i soli ad essere sconvolti. I membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite furono persuasi dalla Spagna ad adottare la risoluzione 1530, la quale afferma: “Il Consiglio di Sicurezza [...] condanna gli attacchi terroristici avvenuti in Madrid, Spagna, perpetrati dal gruppo terroristico ETA”, trovandosi in seguito in una situazione imbarazzante quando si provò il contrario. I partner europei della Spagna non ne furono affatto contenti, poiché avvertirono che il governo spagnolo li aveva messi in pericolo non identificando i veri mandanti. Come disse Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite: “Credo che questa sia una lezione per tutti”.

Vivi e impara?

La lezione da imparare è che la questione del terrorismo è troppo delicata per essere usata con leggerezza per scopi politici, siano essi la proposta di programmi alternativi o il cercare di non essere considerati responsabili per essere stati bersaglio dei terroristi. Alcuni hanno proposto che sarebbe una buona idea de-politicizzare la questione del terrorismo il più possibile, ad esempio, dando in parte la responsabilità di questa lotta a organizzazioni sovranazionali ed intra-governative come le Nazioni Unite e l’Unione Europea. Naturalmente, controllori neutrali dovrebbero monitorare se queste stesse organizzazioni rimangono entro limiti ragionevoli quando si tratta di lotta al terrorismo. Questo approccio combinato dovrebbe impedire ai governi di usare la guerra al terrorismo come una copertura per la realizzazione di legislazioni altrimenti difficili da ratificare, e dovrebbe rendere impossibile per i governi la distorsione dei fatti per la protezione della vita politica interna. A questo scopo l’Unione Europea ha designato Dutchman Gijs de Vries come “zar del terrorismo”. Le sue responsabilità rimangono comunque limitate. Se i membri dell’Unione Europea avessero imparato la lezione dell’attacco terroristico di Madrid, avrebbero esteso le responsabilità limitate dell’Ue sulla questione del terrorismo. Qualcuno come De Vries dovrebbe inoltre controllare le legislazioni proposte dall’Ue per contrastare il terrorismo. Alla luce delle controversie politiche che circondano questi attacchi, sembra comunque più probabile che De Vries subirà il destino già predetto dal membro belga del parlamento europeo, Gerard Déprez. E cioè che, in tutto ciò, lui sarà “più un capro espiatorio che un re incoronato”.

Translated from Learning the political lesson