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Torino tra Gaza e Israele

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societàPolitica

Nei giorni degli attacchi israeliani su Gaza contro l’Hamas, molti immigrati musulmani in Europa, a Londra, Parigi, Amsterdam, Madrid, Bruxelles, così come a Milano, Roma e Torino, hanno protestato contro Israele supportando i loro “fratelli” in Palestina.

A Londra circa ventimila persone hanno manifestato nelle strade. Alcuni di loro hanno lanciato scarpe contro l’ambasciata israeliana. Qualche auto è stata bruciata. Ad Amsterdam i manifestanti hanno gridato «Hamas, Hamas, ebrei nelle camere a gas». A Parigi, in diciotto giorni, si sono registrati sessantasei atti contro gli ebrei e le loro strutture: aggressioni, incendi nelle sinagoghe dovuti al lancio di molotov e altri atti di vandalismo contro i centri di culto. L’imam di Drancy, Hassen Chalghouni, ha chiesto ai suoi fedeli di non portare il conflitto in Francia, ma ha ricevuto delle minacce per la sua “amicizia” con gli ebrei.

Milano non è una provincia della Palestina

A inizio gennaio a Milano ci sono state «quattro dimostrazioni in sette giorni», ha sottolineato il vicesindaco Riccardo De Corato. «È abbastanza. Milano non è una provincia della Palestina». Il 3 gennaio, dopo una manifestazione, i partecipanti hanno pregato di fronte al Duomo, provocando lo scontento dei cattolici; una settimana dopo hanno replicato davanti alla Stazione Centrale. Altri hanno fatto lo stesso davanti al Colosseo a Roma e alla Basilica di San Petronio a Bologna. A Torino, il 10 gennaio, cinque mila persone hanno protestato. La maggior parte di loro erano arabi dal Marocco, ma anche dalla Tunisia e dall’Egitto. Nella città i palestinesi sono solamente un centinaio. I manifestanti hanno marciato nelle vie del centro, nel corteo del collettivo Free Palestine, organizzato da gruppi anarchici e della sinistra extra-parlamentare. Durante la manifestazione alcuni di loro hanno bruciato delle bandiere di Israele, hanno esposto cartelloni in cui la Stella di Davide era equiparata alla svastica, hanno sventolato bandiere di Hamas ed Hezbollah, mostrato foto di Hassan Nasrallah, così come immagini o bambolotti in memoria dei bambini uccisi. Oltre al solito «Allahu akbar», i loro slogan erano un duro attacco a Israele – «Stato assassino») – ai suoi leaders – «Barak omicida». Non mancavano poi i riferimenti alla jihad e all’intifada («Intifada qui», è scritto su una colonna dei portici di via Po). La manifestazione è stata molto sentita perché Torino ha un’abbondante popolazione d’immigrati dovuta alla Fiat e alle altre industrie insediate nei paraggi. «La scelta di non concedere la cittadinanza agli immigrati li rende più legati al paese d'origine. È normale che queste persone vivano fisicamente da noi ma continuino ad essere completamente immerse nella realtà del mondo arabo» ha commentato Renzo Guolo, docente di sociologia dell’Islam all’università cittadina, che aggiunge: «Con i mezzi di comunicazione a disposizione oggi, è anche più facile».

Ancora bandiere bruciate

Ma Torino è anche una città con una comunità ebraica abbastanza grande per gli standard italiani. La sua sinagoga si trova in San Salvario, quartiere densamente abitato da immigrati arabi e africani. Negli ultimi giorni una pattuglia della polizia controlla costantemente il luogo di culto. Durante le proteste, l’Associaione Italia-Israele è stata bersagliata da palle di neve e uova riempite di vernice: «Esprimiamo inquietudine per l'ondata di intolleranza e violenza ideologica nei confronti dello Stato d'Israele», ha affermato la sua direzione. «I gesti violenti, come quello di bruciare le bandiere, vanno condannati», ha dichiarato il Rabbino Capo di Torino Alberto Somekh a La Stampa. «C'è sempre il sospetto che queste iniziative siano politicamente strumentalizzate, più che spontanee». Non è la prima volta che lo Stato ebraico è stato criticato a Torino da gruppi anarchici e della sinistra estrema uniti ad associazioni mussulmane, in un mix di cause ideologiche e religiose. Pochi mesi fa ci furono altre proteste durante le manifestazioni del Primo Maggio e il 10 maggio durante il Salone del Libro di Torino, dove Israele, la sua cultura e i suoi intellettuali erano gli invitati speciali. La situazione è differente da quella di Roma, dove alcuni negozi posseduti da ebrei sono stati boicottati da un gruppo nazionalista di estrema destra, Militia.

(Image: Wikipedia)Tuttavia Torino non è solo un luogo di scontro: dal 1997 la Città è gemellata con Haifa e Gaza per incentivare le occasioni di dialogo tra le due popolazioni: «Stiamo verificando la possibilità di far arrivare a Torino e di ospitare bambini che necessitano di cure e operazioni particolarmente delicate», ha promesso il sindaco Sergio Chiamparino.