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Studenti in rivolta a Bologna: «Vinceremo!»

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Al grido «blocchiamo tutto!» gli studenti italiani stanno manifestando da giorni il loro dissenso nei confronti della riforma universitaria, attualmente in discussione al parlamento. Cronaca e testimonianze da Bologna, dove il termometro della protesta è salito a tal punto da guadagnarsi la prima pagina del New York Times.

Lo scorso 30 novembre, circa 7mila ragazzi hanno sfilato per la città di Bologna per poi dirigersi verso il casello autostradale con l'obiettivo di bloccarne le corsie. Per circa due ore la circolazione è stata completamente interrotta, tagliando di fatto l’Italia in due. «Per imporci all’attenzione di tutti - afferma Simone, uno dei coordinatori del movimento - siamo stati costretti a mettere in scena atti eloquenti; c’è una coltre di nebbia in questo paese che impedisce alle istanze sociali di emergere». Lo stesso giorno il corteo ha provato ad irrompere nella stazione ferroviaria - il blocco della circolazione dei treni ha coinvolto molte città italiane toccate dalla protesta degli studenti. Tuttavia, all’ingresso, un nutrito cordone di poliziotti in assetto antisommossa ha impedito ai manifestanti l’accesso ai binari; sono volate manganellate e le forze dell’ordine hanno caricato i dimostranti a più riprese. «Il fatto che la polizia ci impedisca di mettere in atto le nostre iniziative - ci dice Antonio - rappresenta una violazione del nostro diritto di sciopero, diritto negatoci in quanto costituiamo una categoria precaria e non riconosciuta».

Gli studenti di Bologna occupano la carreggiata dell'autostrada A14Anche il giorno successivo si sono verificati degli scontri: alla Fiera di Bologna è il giorno d’inaugurazione del Motorshow, il più importante salone nazionale dedicato al mondo dei motori. «Siamo andati a manifestare al Motorshow perché lo consideriamo un luogo simbolico del consumismo - afferma Jessica con voce accorata, - esattamente il modello di società che noi vogliamo combattere, e lo vogliamo fare proprio a partire dai saperi e dalla conoscenza, quindi dall’università, l’istituzione fondamentale per formare persone che pensano e che sono libere da logiche di consumo».

È il 2 dicembre, ore 19:00, Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna: ogni sera gli studenti si riuniscono in assemblea per dibattere della giornata di manifestazioni e per organizzare nuove iniziative. Chiunque voglia intervenire si iscrive al dibattito e quando è il suo turno prende la parola al microfono. Il tema dello scontro con la polizia anima molti degli interventi; d’altronde non sono pochi coloro che hanno subito violenze e non mancano teste incerottate e zigomi contusi. Alcuni sottolineano come la "celere" (il reparto di Polizia Mobile dello Stato) rappresenti un nemico da combattere, ma sono in molti che ritengono centrale l’espressione del dissenso nel merito della riforma universitaria. Inoltre, secondo Chiara «bisogna ricordare che, nel momento in cui manifestiamo, ognuno, oltre a rappresentare sé stesso, rappresenta l’intero movimento. Per cui è necessaria un forte senso di responsabilità personale».

Le circa trecento persone che partecipano all’assemblea, che viene denominata "costituente", approvano con entusiasmo le proposte di creazione di laboratori di idee, interamente formati da studenti, che si facciano carico di costruire delle proposte concrete per riformare il mondo della didattica e, più in generale, la concezione di apprendimento all’interno dell’università. «Ciò che non ci piace di questa riforma - sottolinea Simone - è il modo in cui vengono tagliati drasticamente i fondi per la ricerca e la formazione; esiste inoltre un forte problema di autonomia per il ricercatore, il quale deve sottostare agli indirizzi impostigli dal professore cattedratico che a sua volta dispone di un’autorità pressoché illimitata nell’avanzamento delle carriere dei dottorandi».

Il disegno di legge taglia drasticamente i fondi per la ricerca e la formazione

L’elaborazione di proposte concrete rappresenta una questione centrale del movimento studentesco; a questo proposito Antonio rimarca la necessità di coinvolgere altri settori della società al fine di condurre una battaglia che considera comune: «i tagli all’università comportano una dequalificazione di coloro che andranno ad affacciarsi sul mondo del lavoro. Per cui il tema della precarietà nel mondo professionale è strettamente legato al nostro dibattito. È necessario comprendere come le conseguenze di queste politiche tocchino alla radice non solo i diritti dello studente, ma anche quelli dei lavoratori». Simone ribadisce il concetto affermando che «la nostra contestazione non si limita alla riforma universitaria, bensì interessa anche altre politiche del governo, come ad esempio la legge finanziaria. Inoltre stiamo cercando di spingere per uno sciopero che sia generale, che attiri tutte le categorie di lavoratori che soffrono in egual misura della precarietà e dell’attacco ai diritti acquisiti».

Lo spostamento di due settimane del voto definitivo sulla riforma viene esibito come una grande vittoria

Nonostante le difficoltà e la crisi che serpeggiano nella società italiana, all’interno del movimento studentesco c’è grande fiducia. Lo spostamento di due settimane del voto definitivo sulla riforma viene esibito come una grande vittoria degli studenti, i quali si preparano a nuove dimostrazioni in vista della manifestazione nazionale indetta a Roma, in concomitanza con il voto parlamentare di fiducia al governo. «Non ci sentiamo soli - conclude Simone, -  sentiamo grande solidarietà intorno a noi, com’è stato dimostrato dagli incitamenti e dal suono dei clacson dei camionisti che abbiamo bloccato in autostrada. Ogni giorno siamo sulle pagine dei giornali, ogni giorno scendiamo per strada a richiamare l’attenzione della cittadinanza. L’attuale crisi del governo è anche merito nostro». Alla domanda su come andrà a finire i visi dei ragazzi si illuminano di grandi sorrisi e con audacia insieme rispondono: «vinceremo!».

Foto: (cc)ateneinrivolta/flickr; video: YouTube