Participate Translate Blank profile picture
Image for Stagione culturale turca in Francia: M’ama, non m’ama, m’ama...

Stagione culturale turca in Francia: M’ama, non m’ama, m’ama...

Published on

Politica

I rapporti tra Francia e Turchia sono difficili: antichi legami, passioni e politica. Dal riconoscimento francese del Genocidio armeno all’opposizione di Sarkozy all’ingresso di Ankara nell’Ue. Il 2009 sarà un anno di incontro. Il caso di Lione.

Se la stigmatizzazione della Turchia ha danneggiato l’immagine del suo popolo, dal luglio 2009 al marzo 2010 la “Saison culturelle turque en France”, organizzata da Culturesfrance, cercherà di ripararla con le sue iniziative. «Certe scelte politiche hanno avuto effetti molto negativi», spiega Uğur Hüküm, giornalista a Radio France Internationale e corrispondente da Parigi per il quotidiano Cumhuriyet. «L’attitudine di Sarkozy, dei suoi colleghi e quello dell’Assemblea Nazionale sul genocidio armeno hanno reso i turchi più diffidenti nei confronti dell’Europa e soprattutto verso la Francia».

Essere turco a Lione

Foto di Andrea GiambartolomeiA Lione, vicino al quartiere della Croix-Rousse, c’è un’associazione franco-turca in cui gli immigrati si incontrano, bevono çay e giocano a okey, fumando nonostante i divieti. «Credo che quest’evento aiuterà i rapporti – dice Ilyas, 52 anni – la nostra cultura è enorme. La sua storia è lunghissima, basta pensare all’Impero ottomano».

«I francesi conoscono bene la Turchia e i turchi», dichiara Mustapha, 28 anni, «anche Sarkozy la conosce, ma non la vuole nell’Ue. Siamo settanta milioni di musulmani, forse ha paura...». Entrambi notano che ci sono già iniziative legate alla loro nazione: «A Lione ci sono alcuni centri culturali che organizzano spettacoli di dervisci danzanti, serate orientali o dibattiti», nota Ilyas, mentre Mustapha afferma con più disincanto che «ci sono dei cantanti turchi che vengono qui, ma non so quanto questo possa aiutare i rapporti e l’integrazione». Ma quanti francesi si avvicinano all’associazone franco-turca? «A volte qualcuno, dopo un viaggio in Turchia, viene a bere un thé e parlare un po’», racconta l’uomo. «Comunque ce ne sono...», ribadisce come a dire che capita, a volte, che qualcuno si addentri timidamente in questo angolo di Anatolia.

Turchia sì, no, boh?

Foto di Andrea GiambartolomeiTutto sommato, guardando all’industria culturale, i francesi sono attratti dalla Turchia. «Negli ultimi cinque anni gli editori hanno tradotto e pubblicato molti più autori turchi. Nelle librerie ben fornite possiamo trovare le opere di circa trenta scrittori», afferma Uğur Hüküm. «Potremmo ricordare il successo del premio Nobel Orhan Pamuk, poi quello di poeti come Yaşar Kemal e Nazim Hikmet, e di romanzieri come Nedim Gürsel ed Elif Şafak». L’elenco non finisce qui: «Per la musica c’è Fasil Say che, con il suo disco di brani di Mozart, ha avuto molto successo sei anni fa. Per il cinema segnalo Nuri Bilge Ceylan, vincitore di due premi a Cannes, e il giovane regista turco-tedesco Fatih Akin».

I Fake Oddity  sono un gruppo lionese il cui cantante, Faik Sardag, viene dalla Turchia: «I popoli potrebbero andare d’accordo, ma esistono dei pregiudizi dovuti a una mediatizzazione che blocca l’avvicinamento», afferma Faik. Con il suo gruppo hanno inciso l’ultimo album, Runfast, a Istanbul, dove hanno tenuto alcuni concerti. Questa esperienza ha permesso ai membri francesi del gruppo di conoscere un po’ questa nazione e la sua gente, e così loro, esempio di integrazione riuscita e del potenziale degli scambi culturali, hanno deciso di darsi da fare per la stagione culturale turca: «Abbiamo proposto uno scambio tra Lione e Istanbul, con band turche che verrebbero a suonare qui, magari accompagnati da altri artisti», spiega Fred Bassier, batterista del gruppo, impegnato nell’organizzazione di questo progetto. «Questa parte è rivolta a un pubblico giovane che si interessa al rock, ma ci piacerebbe anche organizzare delle animazioni per i bambini e i genitori, con dei narratori di fiabe turche. Così ci sarebbe un pubblico più vasto e sarebbe più facile far incontrare i due popoli».