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Soldati, che l'Europa non si disperda

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società

Onu, Osce, Ue: le sigle del peacekeeping abbondano. Ma come sono impiegati i soldati europei all'estero?

Secondo alcuni dati forniti dall’Istituto di Ricerca sulla Pace Internazionale di Stoccolma, (Sipri),

il costo per le operazioni di pace condotte da Nazioni Unite, Unione europea e Nato, ha raggiunto nel 2006 il livello record di 5,5 miliardi di dollari. Il bilancio approvato per il 2007 prevede una spesa di 5,29 miliardi di dollari. Cifre irrisorie, invece, se si pensa che nel 2007, secondo l'Annuario del Sipri, il costo per sostenere la forza multinazionale in Iraq è pari a 5,3 miliardi di euro al mese!

Gli europei partecipano al mantenimento della pace internazionale sotto diverse sigle (Onu, Nato ecc.) ma le tensioni nel Vecchio continente restano le stesse: salvaguardare o meno la sovranità nazionale? Fino a dove deve spingersi l'integrazione?

Le tre carte in mano all'Ue

L'Unione europea è solitamente il più grande donatore nell'ambito delle missioni di pace e di ricostruzione post-belliche. Attualmente le forze europee sono organizzate in tre strutture principali.

La Forza europea di reazione rapida

(Errf nell'acronimo inglese), forte di 60mila uomini, è uno dei mezzi con i quali i paesi europei possono rispondere rapidamente alle pressioni delle crisi internazionali (una modalità molto più difficile per l'Onu a causa delle sue complicate procedure burocratiche ).

Gli EU Battlegroups (Unità militari integrate di pronto intervento) sono una forza-battaglione ideata per risposte immediate. I suoi 1.500 soldati possono essere mobilitati anche più rapidamente rispetto all’Errf attraverso richieste urgenti dell’Onu. Quindici dei suoi membri europei si alternano, mentre due assicurano sempre il loro intervento, come accadde nel marzo 2006 con l’operazione militare Ue, denominata Artemis, nella Repubblica Democratica del Congo.

La Forza Europea di polizia è composta da forze di polizia di cinque paesi europei ed è spesso impiegata in missioni di mantenimento alla pace. Prossima partenza: il 1° gennaio 2008 in Ciad.

Dollari o pallottole?

L'Ue offre anche attività di addestramento ai paesi in via di sviluppo, con due Paesi leader sul campo. Nel 2005 il Regno Unito addestrò una forza di pace di 17mila nigeriani. Nel frattempo il 24 gennaio 2004 la Germania investì sull'Africa-occidente con un contributo di 3,1 milioni di euro per la costruzione del Centro internazionale di addestramento al mantenimento della pace Kofi Annan nella periferia della capitale del Ghana, Accra.

L'Europa non può esimersi dal finanziare missioni per il mantenimento della pace, ma evita lo spiegamento diretto delle forze. Germania, Francia, Italia e Spagna sono presenti in Afghanistan con un ingente numero di soldati, ma tenuti lontani dalle zone di combattimento. Tale questione è stata sollevata a Washington lo scorso 20 settembre 2007 dal Ministro canadese della difesa John McKay. Sono i Paesi in via di sviluppo che si fanno avanti per aiutare a condividere il fardello. Si pensi a Bangladesh, India, Nigeria, Ghana, Kenya e Pakistan. Quest'ultimo offre attualmente 10mila truppe ad undici missioni di mantenimento alla pace.

Ma la profusione di sigle sotto le quali opera non aiuta l'Ue a sviluppare un ruolo leader nel mondo. Si prenda il Kosovo. Attualmente sono 1.500 le truppe Ue e 15mila quelle Nato schierate nel territorio balcanico a maggioranza albanofona. Ma tra le truppe Nato molte sono quelle inviate da paesi europei. Non solo. Ognuna di queste strutture possiede proprie armi e propri bilanci.

L'Europa deve puntare più in alto. La prima missione cominciò non più di quattro anni fa, quando le sue forze di polizia vennero impiegate nella missione Onu in Bosnia e Erzegovina il 1° gennaio 2003. Benché sia importante che l'Europa sviluppi le proprie strutture di mantenimento della pace, deve anche salvaguardare i suoi attuali contributi sulla scena internazionale. L'Ue non deve fare un passo indietro. Anzi. Proprio in Kosovo i finlandesi prenderanno il comando di un battaglione regionale nell’estate del 2008. Una buona notizia.

Foto nel testo nell'ordine: EUFOR in Bosnia (Foto David Anderson/ Flickr), soldati francesi Ue nel cimitero Muslim Bosnia (Foto richmeakin/ Flickr)

DOCUMENTO/ La presenza europea all'estero

Translated from The ABC of EU peacekeeping abroad