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SlutWalk: chi ha paura della sessualità femminile?

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società

Uomini vestiti in minigonna e reggiseno, donne di mezza età con le loro figlie, un gruppo di transessuali con tacchi alti e orecchini sgargianti, lesbiche e donne con il burqa hanno attraversato insieme il centro di Londra. Naturalmente stiamo parlando dell'arrivo in Gran Bretagna del fenomeno della SlutWalk; la prima è stata organizzata a Toronto il 3 aprile

L’11 giugno scorso uomini vestiti in minigonna e reggiseno, donne di mezza età con le loro figlie, un gruppo di transessuali con tacchi alti e orecchini sgargianti, lesbiche e donne con il burqa hanno attraversato insieme il centro di Londra. Migliaia, che fossero in abiti succinti o abbottonati per bene per l’imminente acquazzone londinese, hanno marciato da Hyde Park Corner a Trafalgar Square per sostenere la causa. La marcia è stata definita come la nascita della “quarta ondata di femminismo”.

È stata una frase pronunciata da Michael Sanguinetti, un poliziotto di Toronto, durante un discorso alla Osgoode Hall Law School, l’insignificante scintilla che ha fatto scoppiare questa serie di parate tra America, Europa e Asia. “Le donne dovrebbero evitare di vestirsi come sgualdrine se non vogliono essere vittime”, ha detto Sanguinetti, causando l’indignazione popolare in Canada. Le prime SlutWalk sono state organizzate a Toronto il 3 aprile, e il messaggio è semplice: l’aggressione sessuale è un atto violenza di cui è responsabile l’aggressore e non è mai causato o richiesto dalla vittima. L’abbigliamento o il comportamento delle donne non dovrebbero mai essere delle scuse per perpetrare loro violenza.“Le donne vengono violentate indipendentemente dal modo in cui si vestono”, afferma uno dei partecipanti alla protesta di Londra, mentre uno dei cartelloni dice “I vestiti delle bambine non provocano la pedofilia”.

L'evento scatenante

Le SlutWalk sono state criticate come una reazione esagerata a uno strafalcione insignificante. Il rifiuto di Rosa Parks di cambiare posto sull’autobus per un passeggero bianco il 1° dicembre 1955 fu probabilmente un banale incidente all'epoca. Ciò nonostante viene ricordato ancora oggi per i suoi effetti travolgenti nell’ambito dei diritti umani. Durante la trasmissione Moral Maze del giornalista David Aaronovitch uno speaker di BBC Radio 4 ha affermato che se Sanguinetti fosse stato una donna non avrebbe causato scandalo.

Come dire che se Rosa Parks avesse perso quell’autobus il movimento non sarebbe mai cominciato. Un fatto acquista l’energia necessaria a scatenare un movimento sociale solo quando la società è pronta a riconoscere che quello specifico fatto ha un valore simbolico. Non è la scintilla a innescare il movimento di massa, ma è un gruppo sociale che raggiunge uno stato di maturità tale da identificare un evento specifico come “scatenante”. In un'intervista alla radio il 18 maggio, il Segretario di Stato per la Giustizia britannico Ken Clarke ha fatto una distinzione tra “stupro” e “altri” tipi di stupro, presentando l’intenzione del governo di comminare condanne minori agli stupratori che si dichiarano colpevoli. In Gran Bretagna la condanna minore per uno stupro “meno grave” è di soli quattro anni, mentre solo il 6% degli stupri denunciati finiscono con una condanna.

Un problema di vocabolario

Il messaggio sembra abbastanza serio e diretto. Eppure nella tradizione del movimento femminista la questione si è incentrata sul nome del movimento e sul metodo usato come mezzo per conferire potere alle donne. Tra i media britannici c’è stata un’ondata di ipocrisia quando è arrivata notizia della SlutWalk di Londra. Il nodo gordiano era relativo alla riluttanza da parte delle donne di identificarsi come “sgualdrine” (sluts) in una cultura iper sessualizzata (dove è ancora dato valore alla bellezza fisica e alla sessualità delle donne più giovani). In molti dibattiti le donne esprimono la loro preoccupazione per l’interiorizzazione di immagini di oggettificazione sessuale e affermano che vestirsi come pornostar è un passo indietro per il femminismo.

Un ‘organizzatrice della SlutWalk spiega le ragioni della scelta della parola sgualdrina come motto della marcia. “Usiamo questa parola perché è quella che ha usato il poliziotto. Usandola così spesso ci sembra di averla indebolita. Non può più farci del male" dice Caitlin Hayward-Tapp. L’intenzione dietro l’uso di questa parola non ha nulla a che fare con l’interiorizzazione da parte delle donne del loro ruolo come oggetti sessuali, né con l’approvazione di standard morali libertini. E’ l’espressione di un trauma che interferisce con una costruzione sana della soggettività della donna. Dal momento in cui la sessualità femminile viene introdotta nel discorso, varie ingiunzioni morali popolano la scena, regolando ogni aspetto di qualcosa che non è stato ancora pienamente articolato. La riappropriazione linguistica è un processo delicato ma doloroso. Vuol dire riportare in uso un termine spregiativo presso una comunità che ha subito oppressione attraverso quel termine. Questo discorso di riappropriazione si è verificato con parole come “nigger”, “jesuit”, “gay” o “queer”. Ora è il tempo di “sgualdrina” (slut).

Alla tavola rotonda del programma di David Aaronovitch uno dei partecipanti afferma che l’abbigliamento provocante delle donne segnala la loro disponibilità sessuale. Il problema non è tanto nei vestiti che invitano allo stupro quanto nell’idea che le donne abbiano una sessualità che vogliono esprimere. La sessualità femminile è stata articolata come oggetto dello sguardo maschile per così tanto tempo che è diventato oltraggioso riconoscere che anche le donne si identificano come esseri sessuali. Perché dovrebbe essere spaventoso? Le donne non dovrebbero desiderare di fare sesso? La risposta dipende dal contesto. Se seguiamo lo schema del desiderio maschile, un oggetto inaccessibile è molto più invitante di uno accessibile. Se scegliamo di riconoscere l’impossibile – cioè che esista un desiderio sessuale femminile – la risposta potrebbe avere una forma differente.

Immagini: principale (cc) bulliver su Flickr e sito ufficiale; Rosa Parks su un autobus col giornalista Nicholas C. Chriss (cc) Wikimedia; Barbie (cc) Anton Bielousov su Flickr e il suo sito ufficiale; Video (cc) SlutwalkLondon

Translated from Lisbon, London: the problem with SlutWalks or Who's afraid of feminine sexuality?