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Si spegne la vita notturna nella Ville Lumière

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Default profile picture Alba Fortini

Cultura

«Pssss, svelti, entrate!», bisbiglia il buttafuori del night club 4 Éléments in Place de la République. Si posa un dito sulle labbra e indica verso l’alto. Nell’appartamento di sopra tutte le luci sono spente. Silenzio, per favore! Sono le undici di sabato sera, a Parigi, si vorrebbe urlare Festaaaaaaa!, ma non si può.

La ville lumière, un tempo il paradiso della vita notturna, rischia di diventare una città dormitorio.

“Paris is burning all night long”, cantavano i Ladyhawke l’estate scorsa, mentre nel 2002 i loro colleghi Mano Negra sapevano già com’è veramente la notte parigina: “Tout est si calme qu'ça sent l'pourri, Paris va crever d'ennui!” (“È tutto così calmo che sembra morto, Parigi schiatterà di noia!”).

A sentire Éric Labbé, musicista del gruppo My Electro Kitchen, la vita notturna nella capitale francese sta sprofondando, nel vero senso della parola, in un silenzio di tomba da quando, negli ultimi mesi, sono stati chiusi vari locali fra cui il leggendario La Loco nel quartiere Pigalle, che è fallito. A parte i grandi artisti internazionali, ci sono stati sempre meno concerti e festival in grado di riempire grandi strutture come lo Zénith, nella zona nord della città. Una tragedia culturale che si consuma nella culla della Fête de la Musique.

Foto di Adam Kozlow/http://www.flickr.com/photos/28683039@N02/sets/

L’ultimo spenga la luce, grazie!

Quasi 13 mila persone hanno firmato una petizione per salvare il declino della vita notturna lungo la Senna

Ma i protagonisti della notte non si arrendono facilmente: Éric Labbé e altri artisti hanno lanciato l’iniziativa dal titolo “Quand la ville meurt en silence” (“Quando la città muore in silenzio”), quasi 13 mila persone hanno seguito il richiamo e, nel giro di un mese, hanno firmato una petizione rivolta a diversi ministri e politici della città per salvare dal declino la vita notturna lungo la Senna. Nella petizione gli artisti sottolineano l’importanza culturale che hanno le feste notturne per la regione intera e chiedono l’intervento della politica, l’abolizione di ostacoli amministrativi e la predisposizione di spazi per le manifestazioni culturali.Di fatto, le ordinanze per mantenere il silenzio in città, gli affitti improponibili degli spazi migliori e, non ultima, l’introduzione del severo divieto di fumo nel 2008, sono diventate un regolare freno al divertimento. In linea di principio ogni parigino innervosito può chiamare la polizia e lamentarsi del rumore che arriva dal night club di fianco. Il limite massimo di decibel fissato dalla legge è, secondo il decreto 93-1143 del 15 dicembre 1998, di 105 dB, di conseguenza ogni locale deve essere in grado di presentare uno studio sulle conseguenze dell’impatto sonoro sulla zona circostante, altrimenti viene fatto allegramente chiudere. E non a caso, ultimamente, nella Ville Lumière si spengono sempre più luci.

Foto di Adam Kozlow; http://www.flickr.com/photos/28683039@N02/sets/

Berlin Calling

Foto di Adam Kozlow; http://www.flickr.com/photos/28683039@N02/sets/Se gli abitanti sono felici che la quiete pubblica sia sempre meno disturbata, il popolo notturno si dirige amareggiato e offeso verso altre metropoli. I musicisti più importanti adesso suonano a New York, a Tokyo o a Berlino. In un’intervista per Cafebabel, Phil Stumpf, dj tedesco che vive a Parigi, si lamentava proprio delle difficoltà della scena notturna locale e della mancanza di una cultura underground. Il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, dovrebbe chiedere al suo collega Klaus Wowereit come mai negli ultimi tempi Berlino sia il paradiso dei festaioli. Probabilmente, il sindaco di Berlino gli spiegherebbe degli affitti bassi, dei tanti locali aperti sia di giorno che di notte e lo porterebbe al Berghain, che per la rivista di musica elettronica DJMag è il «il migliore locale techno del mondo». Delanoë, dal canto suo, si lamenterebbe perché The Deep ha chiuso e Les Bains Douches ha finito con le notti infuocate. Mentre lungo la Sprea giovani provenienti da tutto il mondo si scatenano in fabbriche affittate a basso prezzo, lungo la Senna frequentano night club piccolissimi e sovraffollati ,oppure vanno in uno dei pochi e carissimi locali come il Rex. In questi posti si pagano fino a 20 euro d’ingresso e, se la musica non dovesse piacere, i 6 euro per una birra non aiutano certo a divertirsi.

L’unico barlume di speranza arriva dalla tanto attesa riapertura del Flèche d'Or nel ventesimo arrondissement. Nessuno può ancora sapere però se questo capannone, chiuso per mesi e che minacciava di andare in rovina, avrà davvero un futuro brillante.

Ma se ci spostassimo in banlieue?

Sarebbe troppo semplice, tuttavia, addossare la colpa del declino della vita notturna a tremendi squali dell’immobiliare o a gestori di locali a caccia di soldi. La voglia dei parigini di trovare una nuova scena underground ha dei limiti, uno dei quali ben visibile: il Boulevard Périphérique non delimita solo la città, al di là della tangenziale finisce anche il regno della maggior parte dei nottambuli.

Le ex zone industriali e i terreni inutilizzati sarebbero, però, ideali per la vita notturna. Non a caso, la banlieue ha dato vita al fenomeno tecktonik, un movimento che abbraccia il ballo, la musica e la moda e che, con il successo del 2000, ha lasciato la periferia per arrivare nelle metropoli internazionali. Invece che a New York o a Tokyo, una navetta notturna dovrebbe portare i giovani scatenati proprio in questa zona, dove potrebbero finalmente urlare a squarciagola Festaaaa!

Translated from Paris: Party-Burnout an der Seine