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«Rimuoveremo il milite sovietico»: è guerra (di parole) tra Estonia e Russia

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Il Governo annuncia la rimozione del Milite di Bronzo dal centro di Tallinn. Ed è subito polemica.

Il pomo della discordia? Una statua di bronzo. Tra lo Stato estone e i 350.000 russi restati nel territorio dopo la fine dell'occupazione sovietica nel 1991, rien ne va plus. Nel febbraio scorso le autorità hanno dichiarato di voler spostare in un cimitero militare fuori città il Milite di Bronzo, originariamente “Monumento ai Liberatori di Tallinn”, che commemora i caduti russi della Seconda Guerra Mondiale e ora situato nel centro della capitale estone. Il motivo? Per alcuni è inaccettabile che un simbolo dell’occupazione troneggi ancora in bella mostra nel cuore di Tallinn. Per altri, invece, è una semplice scelta di sicurezza interna. Sì, perché il Milite di bronzo ai piedi della città vecchia è stato spesso teatro di scontri fisici come quelli del 30 marzo scorso.

E Mosca gridò: «Così si incoraggia il nazismo»

Ma il fatto che la piccola repubblica baltica – che proprio in questi giorni festeggia il terzo anniversario della sua adesione all'Ue avvenuta il 1° maggio 2004 – viva in modo conflittuale il rapporto col passato dell'occupazione sovietica, non lo dicono solo le incandescenti polemiche sul Milite di Bronzo. A marzo il Parlamento ha adottato un nuovo provvedimento volto ad assimilare la minoranza russa che rappresenta il 20% della popolazione: con una modifica alla Legge sul Linguaggio sarà più facile licenziare i lavoratori privi di un sufficiente livello di estone.

Intanto il Cremlino non sta a guardare. E, a causa della statua della discordia, parla, col vice primo ministro Sergei Ivanov, di «vandalismo di Stato», chiede ai cittadini russi di boicottare il made in Estonia, minaccia tagli ai rifornimenti di energia e arriva fino ad accusare Tallinn di «incoraggiare il nazismo». Persino la leader mondiale di Amnesty International, Irene Kahn, sceglie di esporsi pubblicamente criticando una politica, quella del Governo estone, che giudica «repressiva e punitiva».

I politici: «Per noi la Seconda Guerra Mondiale è finita nel 1991»

E non è tutto. L'internazionalizzazione della questione russa in Estonia arriva anche al Parlamento Europeo dove, il 14 marzo, l’eurodeputato comunista Marco Rizzo promuove un’interrogazione parlamentare chiedendo alla Commissione di intervenire sulla questione del monumento. Pochi giorni dopo è il turno della vicina Lettonia, anch'essa dotata di un'imponente minoranza russa. Riga prende le distanze dichiarando di non avere alcuna intenzione di seguire la linea dura degli estoni. Il Paese, quindi, sembra più che mai isolato.

Isolato e diviso. Kalle Laanet, Ministro dell’Interno fino alle elezioni del marzo 2007, mal accetta le critiche internazionali: «Noi rispettiamo Amnesty. Ma stavolta il Governo ha fatto molto per l’integrazione dei “non estoni”: corsi ed esami gratuiti, milioni di euro investiti nell’insegnamento della lingua, una riforma del sistema scolastico che entrerà in vigore nel settembre di quest’anno. Ma dall’altra parte non c'è buona volontà». E poi giù a spiegare la posizione, di molti qui, sul Milite di Bronzo: «Per noi la Seconda Guerra Mondiale è cominciata con l’occupazione sovietica del 1940 ed è finita con l’indipendenza del 1991. Per mezzo secolo non c’è stata libertà: solo una successione di regimi totalitari. E se quel monumento assume diversi significati per la nostra gente, purtroppo viene anche usato dagli estremisti per le loro dimostrazioni sciovinistiche». Come dire: pensando alla sicurezza, è giusto che venga rimosso.

Un parere, il suo, non condiviso da Ludmilla Matrossova Zobina, presidentessa della Union of Slavic Educational and Charity Organizations, associazione tra le più importanti in Estonia. «Ogni volta che lo vedo mi emoziono. Sia chiaro: sono di origine russa e questo non posso né voglio cancellarlo, ma mi sento anche estone. È così difficile da accettare? Purtroppo la politica non aiuta: le discriminazioni partono proprio da lì, dal livello più alto della società, quello che più dovrebbe sforzarsi di cambiare le cose».

Ma la radicalizzazione delle posizioni tra estoni e russi si sfuma quando a parlare sono i giovani. Jelena, 21 anni, nonostante le origini russe, dice: «Se vogliono spostare il monumento lo facciano e basta. Capisco i loro problemi ed il loro punto di vista, non sarebbe poi così strano». Esattamente il contrario di quanto sostiene Tina, giovane estone che vive proprio davanti al “simbolo della discordia” ed è più vicina alle posizioni “russe”: «Non capisco perché dovrebbero spostarlo: è sempre stato lì ed i problemi veri sono cominciati solo quando il Governo ha deciso di rimuoverlo. Perché creare preoccupazioni che potrebbero non esistere?». Intanto per il 9 maggio è attesa una manifestazione di russi dalla città vecchia al monumento. Ma per quella data il Milite potrebbe già esser stato congedato.