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Quando la "gentaglia" fa politica

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Ottavio Di Bella

Più di 6.400 automobili bruciate, 1.600 persone arrestate, cento edifici pubblici incendiati, coprifuoco nelle zone più calde: da quindici giorni la Francia paga il prezzo dell'insuccesso della sua politica di integrazione. Un monito per l'Europa?

«La cosa più dura è cadere». Contenuta nel film cult sulle periferie L’odio, uscito dieci anni or sono, questa piccola frase aveva un retrogusto di profezia: sembra che il tentativo repubblicano di integrare le popolazioni immigrate sia andato fuori binario e non produca altro che disuguaglianze. Nel 1999 erano quasi 4,3 i milioni d’immigrati che vivevano in Francia. E se la nazionalità francese viene accordata automaticamente ad ogni persona nata sul territorio nazionale, la patria dei diritti umani è tuttavia fiaccata da una vera e propria segregazione che confina l'immensa maggioranza di questi francesi “d'origine straniera” agli antipodi dal resto della popolazione. Entro periferie-ghetto, chiamate banlieue, che costituiscono altrettanti recinti di miseria intorno alle grandi città francesi.

Libertà, uguaglianza, fratellanza?

Per i giovani usciti da questo "Terzo Mondo" francese, il modello d’integrazione in salsa repubblicana ha un gusto amaro. Costoro, i cui genitori hanno fornito manodopera a buon mercato durante i Trenta gloriosi, quei trent’anni di prosperità economica dopo la seconda guerra mondiale, si ritrovano oggi colpiti da un tasso di disoccupazione endemico, fino a due volte superiore al livello nazionale, e con la prospettiva reale di lavori sottopagati e le attrattive della delinquenza.

Ingiustizia tanto più flagrante data l’inesistente rappresentanza politica di questa popolazione dalle radici incrociate: in Parlamento non siede neanche un senatore o un deputato originario del Maghreb o dell’Africa subsahariana. La Francia in questo è in ritardo rispetto agli altri Paesi europei. Si registrano quattro deputati di origine turca nel Bundestag tedesco, quindici deputati di origine pakistana, antillana o africana in quello del Regno Unito. Politici, magistrati, alti funzionari: le minoranze sono quasi del tutto assenti in ogni funzione direttiva del Paese.

A ciò va aggiunta la debolezza politica di uno Chirac «al di sopra dei suoi giudici». Ed un governo paralizzato dalle lotte intestine che oscillano tra i mutismi presidenziali e le “picconate” del Ministro degli Interni, Nicolas Sarkozy, pronto ad inneggiare alla pulizia del Karcher di tutta la “gentaglia”. Non occorreva altro perchè, privati di ogni mezzo di espressione, i "teppisti" si decidessero a fare politica. La morte accidentale in una cabina elettrica di due giovani inseguiti dalla polizia nella periferia parigina ha datto fuoco alle polveri.

L’estensione del campo di lotta

L'insuccesso dell'integrazione delle popolazioni immigrate non è tuttavia appannaggio unico della Francia. Il comunitarismo, come promosso nel Regno Unito, conosce anche i suoi rovesci. Se la diversità di una popolazione multietnica si riflette perfino nelle istituzioni britanniche, gli attentati del 7 luglio e le violente sommosse di Birmingham dello scorso mese di ottobre, hanno rivelato i limiti del sistema. Le comunità non si mescolano ed il razzismo interetnico s’inasprisce.

Nei Paesi Bassi, dopo gli assassini di Theo Van Gogh e del leader populista Pim Fortuyn, il modello di integrazione comunitaria è stato persino rimesso in discussione. Nelle periferie di Rotterdam e di Amsterdam le condizioni di vita delle minoranze marocchine e del Suriname sono identiche a quelle delle periferie francesi. Economicamente sfavorite, le loro relazioni con la società olandese, da sempre così tollerante, si fanno via via più tese.

Se tutti i governi europei non prendono seriamente coscienza dell'emergenza di trovare delle buone soluzioni che favoriscano l’integrazione degli immigrati nelle nostre società, la rivolta nelle periferie francesi non sarà, con tutta probabilità, null’altro che un semplice preambolo a nuove difficoltà che già si fanno strada.

Translated from Quand la « racaille » fait de la politique