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Piazza Vittorio: andata e ritorno sull’ascensore dell’integrazione

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Piazza Vittorio continuerà a essere un esempio d’integrazione culturale o dovrà cedere il passo alla galoppante cultura delle "cineserie"? Passeggiata musical-letteraria nel cuore del più multiculturale quartiere di Roma: l’Esquilino.

«Sono l’ultimo italiano in un oceano di cinesi. E volete sbattermi fuori dal mio negozio perché non riesco a pagare le tasse? Come può succedere una cosa del genere a Roma?». Sulla vetrina di un negozio è affissa una lettera di protesta con la quale il proprietario di un negozio denuncia la situazione nel quartiere che, negli ultimi anni, si è trasformato nella Chinatown romana. Benvenuti in Piazza Vittorio, la piazza del celebre quartiere multietnico romano sul colle Esquilino, a due passi dalla stazione centrale Termini. Tutt’intorno, la piazza pullula di tanti piccoli negozi di merce di scarto – 100% poliestere - e locali etnici di ristorazione rapida. Quasi tutti hanno insegne cinesi e si sono specializzati in merce a basso costo: gioielli, abbigliamento o fast-food.

©Ehsan Maleki

Orchestre e ascensori dell'integrazione

Nel bestseller del 2006 Scontro di civiltà per un ascensore in Piazza Vittorio di Amara Lakhous, i cinesi non vengono certo risparmiati: «Mi hanno detto che i cinesi mangiano i cani e i gatti. E adesso che le dico tutte queste cose, non c’è più alcun dubbio che i cinesi abbiano rapito e mangiato il povero Valentino!». L’autore di origine algerina che per anni ha vissuto in quella piazza racconta, nel romanzo, un omicidio nel celebre quartiere multietnico, facendo scontrare le diverse culture e i diversi cliché che animano la quotidianità della piazza. «Io arabizzo l’italiano e italianizzo l’arabo», afferma l’autore per descrivere il suo stile di scrittura, il cui successo ha portato alla trasposizione cinematografica del romanzo ad opera di Isotta Toso.

Nonostante le lamentele di alcuni abitanti sull’invasione d’immigrati cinesi, il multietnico quartiere romano si è guadagnato una fama aggiuntiva grazie a iniziative culturali di successo. Lo stesso anno del romanzo di Lakhous, uscì il film-documentario L’Orchestra di Piazza Vittorio, che narra la storia della celebre orchestra formata da musicisti provenienti dai quattro angoli del mondo. L’insolita idea di Agostino Ferrente era l’impossibile ricerca della perfetta armonia e della fusione delle differenze culturali. Dopo la chiusura del cinema “Apollo 11”, Ferrente fondò l’omonima associazione per opporsi al declino culturale della piazza. I 16 musicisti, provenienti da 11 paesi diversi, divennero presto noti a livello internazionale e portarono le idee della piazza anche all’estero. Il successo e la commercializzazione devono, però, aver dato loro alla testa, poiché le strade dell’associazione e dell’orchestra si sono separate.

Da Lampedusa alle sale dei cinema romani

Ma questo non ha sventato i piani di Agostino Ferrente. Al cinema Piccolo Apollo, collocato all’interno di una scuola, incontriamo i tre membri dell’associazione: lo stesso Agostino, Greta de Lazzaris e Maria Teresa Tringali. Sono autori, musicisti, produttori e registi che organizzano proiezioni cinematografiche nel quartiere. «Mostriamo un altro mondo, un’altra musica, altri libri e nuovi talenti» afferma Maria Teresa nel descrivere il loro lavoro. Attraverso i documentari, il gruppo vorrebbe informare sulle diverse culture e stili di vita e, soprattutto, trovare un punto di unione tra di esse. Ovviamente, l’ingresso dovrebbe essere libero, affermano gli organizzatori. Tra popcorn, patatine e vino già pronti per gli spettatori, oggi viene proiettato il documentario I nostri anni migliori. Non c’è più un posto libero. Ci sono addirittura persone sedute per terra.

Sullo schermo seguiamo la storia di cinque rifugiati dei centri d'accoglienza del Sud Italia. Dopo la caduta del dittatore tunisino Ben Ali, hanno abbandonato il loro Paese e tra febbraio e aprile 2011 hanno raggiunto l’isola di Lampedusa a bordo di un barcone.Secondo il Rapporto Immigrazione 2011 della Caritas di Roma, oggi un cittadino su otto ha cittadinanza straniera. Tra questi, la maggior parte degli immigrati presenti in città proviene dalla Romania (21,6%), dalle Filippine (10%) dal Bangladesh (4,7%) e dalla Polonia (4,4%). A seguire troviamo gli immigrati cinesi che costituiscono il 3,9% della popolazione romana. Lo stesso quartiere Esquilino, tra il 1961 e il 1991, ha conosciuto un crollo demografico da 42.000 a 24.000 abitanti. Non si può parlare di sovrappopolamento a causa dei cittadini cinesi, afferma il blogger Salvatore. A poche strade di distanza, in via Bixio, nella scuola “Di Donato” (prima scuola d’integrazione della città) si riunisce un variopinto gruppo teatrale: l’Esquilino Young Orchestra. In origine doveva trattarsi di un puro progetto musicale – i giovani dell’Orchestra Piazza Vittorio. «Vogliamo che la gente veda la varietà culturale in modo positivo. Siamo una cosa sola» dice il ventenne Juri, uno degli studenti, mentre traduce la nostra conversazione in inglese ai suoi compagni. Ali continua: «I sentimento sono uguali. I nostri sentimenti non parlano francese o italiano. Ciò che conta è il sentimento che sta al di là delle parole».

A destra, il trio: Agostino Ferrente, Maria Teresa Tringali e Greta De Lazarris

L’art director Moni Ovadia spiega che all’inizio ci sono state delle difficoltà: «Abbiamo dovuto costruire una fiducia. Sono immigrati. Spesso appartengono a famiglie miste. Italiane, cinesi, turche. Grazie alle lezioni, al teatro, alla musica e al movimento, siamo riusciti a creare un legame». Secondo Ovadia i problemi sorgerebbero unicamente dalla mancanza di dialogo. E vogliamo puntare proprio su questo: «L’arte è integrazione», riassume Antonio Vignere, insegnante.

«L’integrazione è realizzabile in Piazza Vittorio, così come su piani molto più banali», ci spiega Asha Sabrie, giornalista di Look out-TV, web tv che si occupa principalmente di temi multiculturali. Perché i romani si recano generalmente sul colle Esquilino per fare acquisti a prezzi convenienti. E questo non solo al celebre Mercato di Piazza Vittorio, dove è possibile trovare ingredienti, spezie e prodotti provenienti da quasi ogni angolo del mondo. Anche gli acquisti sarebbero «una possibilità per entrare in contatto», aggiunge Asha «perché qui tutto è venduto a prezzi irrisori».

Questo articolo fa parte del progetto Multikulti on the ground, serie di reportage sull’interculturalismo nelle capitali europee. Per saperne di più clicca su Multikulti on the ground

Translated from MultiKulturmeile Piazza Vittorio: Einmal Integrationsfahrstuhl und zurück