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Perché l’Europa ha bisogno dei migranti: una prospettiva dinamica 

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Guido Noto

Palermo

Migrazione si, migrazione no. Sono tanti gli argomenti che vengono utilizzati per sostenere le divergenti tesi sul tema. Con l’aiuto di un modello matematico vi spieghiamo gli effetti positivi della migrazione su un Paese europeo come l’Italia.

In Italia vivono quasi 60 milioni di persone. La popolazione, dagli anni Sessanta ad oggi, è aumentata del 20%, tuttavia attualmente – come in molti Paesi europei - il tasso di fecondità è inferiore a 2. Cosa significa? Che da ogni donna fertile (assumendo un periodo di fertilità che va dai 18 ai 35 anni), e quindi da ogni coppia, nascono meno di due figli, esattamente 1,4 (fonte: World Bank).

Con questo tasso di fertilità, se l’Italia fosse un sistema chiuso (ossia senza immigrazione ed emigrazione), la popolazione subirebbe in futuro una progressiva e rapida riduzione. Partendo dal numero di abitanti italiani e dalla loro distribuzione per sesso e fascia di età, abbiamo costruito un modello matematico-dinamico per simulare l’evoluzione della popolazione italiana come sistema chiuso nei prossimi cinquant’anni.

Nel giro di cinquant’anni il numero di abitanti italiani si ridurrebbe quasi della metà. Parlando in termini strettamente economici, oltre all’invecchiamento della popolazione (con drammatiche conseguenze sulle pensioni), una riduzione della popolazione comporterebbe un calo del peso economico del Paese. Infatti, la forza produttiva di uno Stato varia in funzione del capitale (ad esempio i macchinari industriali) e del lavoro (ossia i lavoratori e le loro competenze).

Se la popolazione italiana dovesse diminuire dunque, al netto del progresso tecnologico che rende il capitale più produttivo, la produzione totale diminuirà con essa.

Per questo motivo, considerando dunque la scarsa fertilità in Italia, un flusso migratorio in entrata è necessario.

Solitamente i flussi migratori in entrata avvengono perché un paese è in grado attrarre risorse umane offrendo più opportunità rispetto ad altre nazioni con cui “compete”. Nel caso italiano, ed in particolare del sud-Italia, il flusso migratorio è solitamente in uscita e nei confronti di altri paesi europei (vedi Inghilterra e Germania).

La crisi dei rifugiati siriani ed africani, nella sua drammaticità, rappresenta un’opportunità per l’Italia e per gli altri paesi europei la cui fertilità è in crisi, per mantenere nel tempo una costante capacità produttiva. 

Ah certo” viene da dire “ma gli immigrati mica hanno le nostre capacità, le nostre competenze!” Assumiamo sia vero, cosa peraltro discutibile considerando che la maggior parte dei rifugiati siriani possiede un titolo di studio superiore o una laurea.

Ipotizzando un flusso migratorio di giovani fertili (18-35 anni) con un tasso di fertilità equivalente a due ed un “valore produttivo” dimezzato rispetto a quello di un italiano per tenere conto delle “minori competenze”, abbiamo provato a ipotizzare più scenari sul caso italiano. 

Il primo scenario considera l’Italia come sistema chiuso. Partendo da un valore odierno posto pari ad 1, osserviamo che in cinquant’anni, e cioè nel 2065, la potenzialità produttiva in Italia scende di ben 32 punti percentuali portandosi a 0,68.

Il secondo scenario ipotizza un flusso migratorio di 250.000 persone annuo (contro i 66.000 del 2014). Anche in questo caso il totale delle competenze diminuisce, tuttavia con minore entità, arrivando nel 2065 a 0,83 (una riduzione del 17%).

Il terzo ed ultimo scenario assume un flusso migratorio identico a quello del precedente. A differenza del secondo scenario però gli immigrati vengono inseriti in un percorso di formazione che li porta nel giro di 5 anni ad acquisire una capacità produttiva equivalente a quella degli italiani. In quest’ultimo scenario il valore delle competenze rimane pressoché costante nel tempo.

Ovviamente un qualsiasi modello, come quello sopra descritto e sviluppato, rappresenta una semplificazione della realtà. Ci sono innumerevoli fattori che possono influenzare l’evoluzione della popolazione e la produttività di un paese. Inoltre il modello non tiene conto dell’occupazione ed assume che tutti i migranti, così come gli italiani adulti, siano immediatamente produttivi. Tuttavia, tenendo ben presente tutte le assunzioni ed ipotesi alla base dei risultati presentati in questo articolo, emerge chiaramente come i migranti siano una risorsa per il “sistema Italia” e per la maggior parte dei paesi europei.

Chi si oppone e rifiuta di accogliere i rifugiati, al di là della pessima empatia, non vuole fare i conti con l’evidenza di una dinamica sociale che parla chiaro: abbiamo bisogno di loro così come loro hanno bisogno di noi.

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