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Orti urbani, che passione!

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Roma

Vanga e rastrello sono il nuovo oggetto del desiderio di tanti romani che stanno pian piano scoprendo il gusto di coltivare l’orto nel cuore della città e di mangiare frutta e verdura seguendo i ritmi biologici della natura. Il reportage  di Cafebabel dedicato agli Orti Urbani comunitari del parco di via Rosa Raimondi Garibaldi.

di Tiziana Sforza

Hanno dai 20 ai 70 anni, ci sono single e famigliole, disoccupati e lavoratori, adolescenti e nonni. Difficile tracciare un identikit dei fortunati assegnatari di uno dei quindici “orti urbani” del parco in via Rosa Raimondi Garibaldi.

La passione per l’orto unisce, al di là del censo, dell’estrazione sociale, dell’età, della nazionalità e della professione.

Gli “ortolani metropolitani” sono dei novelli Don Chisciotte che hanno strappato un pezzo di terra degradato e incolto a due passi da via Cristoforo Colombo, grande arteria a scorrimento veloce che unisce il centro della città all’Eur e, svariati chilometri dopo, finalmente al mare.

Via Cristoforo Colombo è  la quintessenza dell’inquinamento atmosferico e acustico. Ma se giri l’angolo all’altezza della sede della Regione Lazio, ti ritrovi magicamente in un’ “oasi” di zucchine, melanzane, pomodori, insalate e cetrioli... Ce n’è per tutti i gusti, basta arrendersi al ciclo delle stagioni e accettare quello che  la terra decide di offrire. I coltivatori urbani amano considerarla una sorta di “barriera verde” contro le automobili della trafficatissima via Cristoforo Colombo. 

E’ un buon antidoto allo stress della vita quotidiana, ma anche un ritorno alle origini, la voglia di costruire di un rapporto più autentico con il cibo e con la natura, sebbene circondati dal cemento della città. Ma soprattutto è un esperimento ardito, il primo di questo genere all’interno di Roma. E sta dando ottimi frutti. Non solo da mangiare…

La storia ce l’ha raccontata Annamaria Baiocco, vicepresidente del Circolo Legambiente Garbatella, che ha visto nascere e crescere il progetto: “Il recupero di quest’area degradata nasce grazie all’impegno di varie associazioni attive nel Coordinamento Orti Urbani Garbatella. Anche le istituzioni hanno creduto in questo progetto: abbiamo potuto contare sul finanziamento della Provincia di Roma e del XI Municipio per avviare questa avventura, rimettere a posto l’area, recintare e acquistare terra buona da concimare. Ma questo non sarebbe stato sufficiente: l’entusiasmo e la voglia di mettersi in gioco dei cittadini del quartiere, nonché le feste di autofinanziamento e di raccolta di fondi sono stati un tassello fondamentale per dar vita al progetto”.  

E così in un’area abbandonata di oltre 4 ettari, su cui comunque il piano regolatore ha previsto verde pubblico ed il Comune ha predisposto e finanziato per due volte e per due volte definanziato un Progetto partecipato di Parco pubblico, le uniche riqualificazioni esistenti sono state quelle attivate dai cittadini e dalle Associazioni del territorio, prima con la sistemazione a Parco di una parte dell’area ed ora - insieme al Coordinamento degli Orti Urbani - bonificando altri 800 metri quadri circa di suolo particolarmente degradato e riportato a vegetazione con la realizzazione degli Orti Urbani. Sono 15 orti di 40 metri quadri ciascuno, accanto ai quali c’è un piccolo frutteto. Non manca il compost, quindi il concime è ricavato dai rifiuti organici raccolti dagli stessi ortolani. Dei quindici orti, due sono adibiti ad orti didattici e servono a sensibilizzare i bambini sulle virtù del vivaio e del pollice verde.

Parallelamente, per diffondere la cultura del cibo coltivato nell’orto, presso Casetta Rossa il Gruppo di Acquisto Solidale (GAS) è attivo nella divulgazione di informazioni in tema di cibo biologico, cibo a chilometro zero, filiera corta, agricoltura biodinamica e tanto altro ancora.

“Il progetto è partito alla fine del 2009, il processo di semina e raccolto nella primavera del 2010. E’ stato creato un coordinamento per la gestione degli orti animato dalle varie associazioni coinvolte nel network – continua Annamaria Baiocco – i coltivatori pagano una quota di 50 euro all’anno, si impegnano a seguire un regolamento e a gestire l’orto per non più di quattro anni. C’è già una lunga fila di attesa per la prossima riassegnazione degli orti: questa passione è davvero dilagante!”.

Gli ortolani metropolitani, oltre a mangiare cibo più sano e di stagione, sono diventati una grande famiglia: ad esempio quando il raccolto è abbondante, organizzano la “cena sociale” per condividere il surplus con gli altri. In estate si fa il barbecue e i recinti degli orti si aprono a tutto il quartiere.

A partire da questa esperienza il quartiere della Garbatella è diventato una specie di “laboratorio sociale”. Non è stato un caso che tutto sia partito da qui: “In alcune aree del nostro municipio esistono fasce di disagio economico e sociale, la disoccupazione supera il 12% - spiega Annamaria Baiocco – Il recupero di aree di pregio ambientale e ad elevato rischio di attacco speculativo rappresenta un segnale forte di radicamento sul territorio. E, non ultimo, essendo un quartiere storico di Roma, ha una componente relativamente elevata di ultrasessantenni, intorno al 29%, contro una media cittadina del 25%. Per gli anziani che vivono qui l’orto rappresenta una occupazione importante”.

Anche al di fuori della capitale si registrano esperienze analoghe, come il “Parco degli Orti Urbani” inaugurato la scorsa estate a Fosso Bravetta (21 appezzamenti destinati a orti urbani di circa 200 metri quadri ciascuno), gli orti della tenuta di Quarto degli Ebrei e Mazzalupetto o gli orti della cooperativa “Nuova Agricoltura” a Castel di Leva. Senza dimenticare la straordinaria esperienza di riscatto sociale dei 20 ex lavoratori dell'Eutelia, un'azienda italiana di telecomunicazioni i cui vertici sono stati arrestati per bancarotta fraudolenta, che dopo alcuni mesi di cassa integrazione hanno fatto la saggia scelta di “restituire le braccia all’agricoltura”: hanno fondato la cooperativa agricola Eut-Orto (l’orto dell’Eutelia) e coltivano un orto comunitario condiviso con 700 alunni dell'Istituto Agrario Garibaldi di Roma.

Il fenomeno degli orti urbani raccoglie sempre più consensi e sta diventando una vera e propria moda nelle metropoli occidentali: un modo per rilassarsi riscoprendo la passione per l’agricoltura e – perché no? – un modo per risparmiare sull’acquisto di frutta e verdura i cui prezzi sono in costante aumento. Basti pensare agli “orti anti-crisi”  coltivati sui tetti di New York, San Francisco, Boston, Philadelphia, Detroit, Oakland e Los Angeles. Ma il colpo di grazia mediatico l’ha dato Michelle Obama quando ha annunciato la sua intenzione di coltivare un orto alla Casa Bianca.

E anche a Roma la “febbre degli orti” sta contagiando tanti cittadini, tanto che il Comune ha censito le aree urbane adatte a orti e ha redatto e avviato la procedura d'approvazione delle "Linee Guida per la Realizzazione e la Gestione di Orti Urbani nel Comune di Roma", che vuole promuovere il coinvolgimento di singoli cittadini e di associazioni ambientaliste e culturali.

La passione per gli orti urbani sembrerebbe un trend recente, eppure nelle borgate e nelle periferie estreme della capitale – dove l’assenza di piani regolatori fa convivere da decenni, senza soluzione di continuità, terreni abbandonati con aree occupate da casette e condomini – coltivare l’orto è sempre stato normale. La differenza è che prima si faceva fondamentalmente per riempire lo stomaco, ora il fenomeno si è arricchito di una connotazione culturale legata all’attenzione per il cibo biologico, per il mangiar sano e per il recupero delle tradizioni gastronomiche.

Le fotografie di questo reportage sono state gentilmente fornite da Legambiente Garbatella.