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Open Ministry e Ramses 2013, primi segni di democrazia digitale

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Politica

Una proposta di legge votata su Internet da 50.000 cittadini potrà essere sottoposta al Parlamento. Lo ha stabilito la National Security Authority finlandese, che ha autorizzato l’uso di “Open Ministry”, la prima piattaforma online per elaborare e votare proposte di legge.

La notizia arriva in tempo per l’uscita di “Rasmes 2013”, uno dei più importanti rapporti sulla politica mondiale, che inaugura la discussione sulla democrazia digitale.

Open Ministry” (“Avoin ministeriö” in finlandese), permetterà da Ottobre 2012 la discussione sulle proposte di legge da parte dei cittadini stessi, e la raccolta delle 50 mila firme necessarie per sottoporle al Parlamento. Si tratta di una piattaforma online elaborata da alcuni imprenditori finlandesi dopo che, a marzo, sono state autorizzate nel Paese le proposte di legge di iniziativa popolare. “Open Ministry” permetterà ai raccoglitori di firme oltre il 60° parallelo di rimanere a casa al caldo, ad aspettare che i numeri salgano sul computer.

Governare nell'era digitale

"La censura in Europa non è comparabile a quella di Cina e Russia"

La notizia è uscita poco dopo la pubblicazione di una delle più autorevoli analisi sulla politica mondiale. Il rapporto "Ramses 2013" ha posto, per la prima volta, il problema della governabilità nell'era digitale tra le sfide che attendono i politici europei e mondiali di domani. “Open Ministry”, “Liquid Feedback” e gli altri strumenti accessibili a tutti i cittadini per intervenire nel dibattito democratico hanno delle potenzialità immense. Ma le conseguenze che potrebbero scatenare sono ancora poco studiate, e più di un governo è lungi dall’autorizzarle.

Ramses, uno sguardo sul mondo

“Ramses” è il rapporto annuale realizzato dall'Ifri (Istituto francese di relazioni internazionali) sulla politica mondiale. L’Ifri è stati inserito dal Global Go to Think Tank Reports 2011 tra i 30 think tank più innovatori a livello politico.

Per la prima volta, dopo trent’anni, il direttore Thierry de Montbrial ha dedicato un paragrafo delle sue rigorose “prefazioni” all’influenza dei social network e social media sulla politica contemporanea. Sempre nella prefazione, questi strumenti sono ricollegati a un “embrione di società civile mondiale”, ancora tutto da definire.

Come raccogliere i semi della democrazia digitale su cafebabel

Il concetto di E-governance non presuppone soltanto un migliore accesso alle informazioni e ai processi politici, ma anche un approccio partecipativo, destinato a modificare i rapporti tra autorità dello Stato e la società”. Queste parole, inserite tra le prime pagine del rapporto, potrebbero segnare il campanello d’allarme per più di un regime contemporaneo, democratico o autoritario che sia.

La sensazione di libertà della Rete, anche sotto censura

L’argomento, approfondito da un giovane e brillante ricercatore in materia, Julien Nocetti, potrebbe apparire ostico a quanti non si nutrono di Internet e Scienze Politiche tutti i giorni. Nocetti ci porta con sé tra le maglie della Rete, dove la censura si fa "dolce" e i ruoli dei diversi attori si fanno ancora più indefiniti.

Prima di mettere in pratica ogni forma di democrazia diretta attraverso Internet, sembrano dire i commentatori più esperti, è necessario definire le regole del Web. Ma fino a che punto lo Stato può controllare Internet? Se si vuole beneficiare degli effetti, non solo politici, della Rete, bisogna preservarne la “sensazione di libertà”. In alcuni paesi del mondo si sperimentano nuove forme di censura, con risultati più o meno favorevoli.

"Per la generazione dei digital natives, il Web non significa solo libertà di informazione"

Una strategia, applicata dai russi, è detta “dell’annegamento”: ci racconta Nocetti, "i blogger e gli internauti ‘pericolosi’ (tra i più famosi, Alexeï Navalny) sono accusati di essere al soldo degli occidentali. E la loro voce si perde in un mare di post favorevoli al regime, sostenuti direttamente dalle autorità”.

E in Europa? “La censura in Europa non è comparabile a quella di Cina e Russia – spiega – Riguarda aspetti più intellettuali, quali il diritto di copyright (legge Hadopi in Francia, processo a The Pirate Bay in Svezia), oppure è giustificata come lotta contro la criminalità”.

WikiLeaks e Anonymous

I problemi che la “democrazia digitale” deve affrontare da noi non sembrano essere quelli legati alla censura. “La rete provoca una rimessa in discussione dei rapporti tra istituzioni ed individui. Ed è riduttivo ridurre questo fatto al solo aspetto delle proteste – si può leggere in “Ramses” –[..] Per la generazione dei digital natives, il Web non concretizza soltanto la libera informazione, ma è anche il modo migliore per aggirare le barriere strutturali”.

"Il Web non impone ruoli a nessuno, ma ne offre a tutti"

Nel caso finlandese, “Open Ministry” aggira le difficoltà economiche e organizzative legate alla raccolta di firme e alla discussione prolungata su un progetto di legge, tra persone disperse su uno Stato che è il 7° per estensione in Europa.“Èincontestabile che la tecnologia evolva più velocemente della società, e ancor più degli Stati” scrive ancora Nocetti. “Gli affari WikiLeaks e Anonymus hanno illuminato una serie di fratture: quella tra il privilegio di riservatezza delle élites e il bisogno di trasparenza delle masse; tra il monopolio della decisione politica e il desiderio di una democrazia condivisa; tra una casta dirigente che si basa sulla dissimulazione, e le giovani generazioni per le quali Facebook rappresenta una nuova griglia di lettura del mondo”.

Nocetti, alla fine del capitolo, s’interroga se questo uso “cittadino” e “militante” della Rete parta da una crisi di autorità degli Stati: “lo Stato è ancora lungi dallo scomparire [..] La frontiera tra semplici militanti, trolls e criminali diventa sempre più sottile sulla Rete. Ed è uno dei limiti del Web: non imporre ruoli a nessuno, ma offrirli a tutti”.

All’ora in cui scriviamo, la democrazia digitale è ancora un breve capitolo inserito un rapporto annuale di geopolitica. Scommettiamo che ne sentirete parlare ancora?

Immagine di (cc) alles-schlumpf/flickr. Video di etiopianews/youtube.