
Nessun potere alle donne? L'India cambia mentalità
Published on
Translation by:
Laura CortesiQuest'estate, di ritorno dall'India, l’unica domanda che mi facevano era: “Ma non è stato pericoloso?”. Da quando, a dicembre 2012, i media europei si sono occupati del caso di stupro di una 23enne di New Delhi, morta a causa delle ferite riportate, molti sembrano associare la parola India solo a stupri, rischio e preistoria nel rapporto tra i sessi.
Ci sono poi le relazioni autorevoli sulle proteste di massa a New Delhi e sui crimini violenti nei confronti di turiste straniere a Orcha, Madya Pradesh e Agra. Nel 2013 l'India è una meta di vacanze non grata. Chi si spaventa leggendo il resoconto europeo, in India proverebbe panico allo stato puro. Non passa giorno che non si legga di violenze sessuali, tuttavia solo raramente le notizie dell’Assam Tribune o del Telegraph Calcutta riferiscono di donne straniere. Le notizie riguardano aggressioni a donne indiane, giovani e anziane, stupri di minorenni e crimini violenti nei confronti di bambini piccoli. L’orrore non manca nemmeno quando sfoglio distrattamente il giornale locale in un ristorante di Shillong. Il proprietario, vedendomi scioccata dalla storia dello stupro di due bambine di 4 e 5 anni nello stato federale di Meghlaya, cerca di tranquillizzarmi: “Le donne straniere non devono avere paura, badiamo noi a loro.” Con un sorriso incoraggiante, fa scivolare oltre il bancone il biglietto da visita del ristorante: “Qui sopra c’è il mio numero. Se ci sono problemi, vi aiuto io.”
A marzo 2013, la camera di commercio e dell'industria indiana ASSOCHAM ha reso noto che il 25% in meno di turisti stranieri ha visitato il Paese. Stando a una – non incontestata – breve inchiesta della Social Development foundation dell’ASSOCHAM, le agenzie di viaggio e le autorità del settore turistico hanno registrato addirittura il 35% in meno di visitatori donne. L'accresciuto senso di insicurezza che molte donne provano al pensiero dell’India sembra essere qualcosa di più che una semplice emozione latente. Ciononostante, nel Nord-est dell’India questa primavera ci si può sentire altrettanto sicure che in passato. Questo può essere dovuto al fatto che qui predominano forme di convivenza sociale più moderne. Anche nel Bengala occidentale e nell’Assam, però, entrambi fortemente induisti e relativamente conservativi, ci si può muovere con la libertà che in India è consentita solo a una straniera. Le strutture sociali fortemente patriarcali, le religioni incentrate su preti e divinità di genere maschile, l’ingiusta tradizione della dote, il ruolo della moglie induista come serva dei suoi coniugi divini, la violenza domestica e l’aborto di feti di sesso femminile: anche la turista più sprovveduta si accorge ben presto che in India c’è qualcosa che non va. Di conseguenza, nell’UN Gender Inequality Index del 2012 il Paese occupava il 136º posto su 186 stati. Uno sguardo alle statistiche degli stupri è altrettanto allarmante: secondo l’ultimo rapporto del National Crime Records Bureau indiano, nel 2012 sono state registrate 24.923 denunce di stupri. Tuttavia, se si pensa che l’India ha più di un miliardo di abitanti, di cui quasi 600 milioni donne, risulta evidente che non basta guardare le cifre per capire. In India, lo stupro è soggetto a un forte tabù, perciò molte aggressioni non vengono neppure denunciate. La paura delle donne di essere ripudiate, rabbonite, messe in ridicolo, oppure – nel peggiore dei casi – seviziate di nuovo, è troppo grande.
Tuttavia, una donna straniera vive generalmente una situazione diversa. Dal momento che è subito riconoscibile dal colore della pelle e che costituisce un oggetto del desiderio per molti indiani, è sempre l’estranea, la diversa. L’intoccabile. L’ospite che viene protetto. In India le regole dell’ospitalità sono infatti molto severe e rispettarle è fondamentale. Proteggere le visitatrici straniere è sicuramente una di queste norme. Che si tratti di un anzianotto funzionario statale di Guwahati, di un giovane musicista sul traghetto per Majuli o del proprietario di un ristorante di Shillong, tutti sono consapevoli delle speciali circostanze e proteggono le straniere. D’altro canto, una donna straniera deve saper riconoscere le differenze culturali e attenersi a determinate regole sociali. A grandi linee, indossare vesititi coprenti e essere riservate quando si ha a che fare con degli uomini sono comportamenti irrinunciabili per la propria sicurezza, così come il rispetto di semplici regole fondamentali, che riducono notevolmente il rischio di ritrovarsi in situazioni spiacevoli o pericolose. Per esempio, sarebbe bene non uscire da sole di notte né bere alcoolici con gruppi di uomini o viaggiare in autostop con degli sconosciuti. Questi comportamenti sono abbastanza evidenti e sono consigliati praticamente in tutte le guide turistiche.
In India solo poche turiste straniere, tra le quali, però, anche alcune delle vittime degli stupri dei mesi scorsi, si comportano in modo da alzare in modo significativo il livello di rischio. Tuttavia, una violenza sessuale non è mai giustificata, nemmeno nel caso in cui una turista non sia consapevole delle differenze culturali e si comporti in modo inappropriato. Il fatto che una turista decida di portare un paio di pantaloncini o di viaggiare in autostop non significa che possa essere toccata senza il suo consenso o che “voglia essere violentata” – una colpevolizzazione davvero intollerabile, che non è raro sentire nelle discussioni riguardanti questo tema. Una donna dovrebbe sentirsi sempre al sicuro, indipendentemente dal suo abbigliamento e dal suo atteggiamento. Purtroppo, però, la realtà indiana non è la sola a essere ben lontana da questo ideale. Le campagne informative condotte dalle femministe e dalle attiviste sociali dovranno proseguire ancora per molte decine di anni, accompagnate da riforme giuridiche e sociali di ampio respiro, prima che le donne indiane possano godere degli stessi diritti e della stessa sicurezza degli uomini. Non serve a molto denunciare la sofferenza delle donne indiane o riflettere sui roghi delle vedove (proibiti per legge dal 1829) o sugli aborti allo scopo di evitare completamente l'India. Qui nel 2013 una straniera non corre più pericoli che in passato. Se ci si attiene alle regole di base, si può ridurre al minimo il rischio anche senza rinchiudersi in una gabbia dorata. Gli uomini indiani, a ben vedere, non possono che trarne vantaggio, abituandosi alle turiste europee e "aggiustando" l'immagine della “donna occidentale”, falsata da leggende metropolitane, da internet e dalla pornografia.
Il vero male di fondo non sono, però, le strutture sociali e religiose o la mancanza di legislazione: questi sono, piuttosto, i sintomi di una fondamentale disparità tra uomini e donne. Se ci si vuole impegnare affinché le donne indiane diventino persone e cittadine con pari diritti e dignità, anche gli uomini devono partecipare. Proprio questo è l'obbiettivo della campagna Bell Bajao! One million men. One million promises che Mallika Dutt conduce già dal 2008. Dutt, che 13 anni fa ha fondato la ONG Breakthrough e che utilizza i mezzi della cultura pop globale per pubblicizzare le sue campagne, da tempo si batte anche per i diritti della donna in India e nel mondo. Recentemente, nel Times of India , ha auspicato un cambiamento culturale basato non tanto su tentativi di arginare il problema con riforme giuridiche e sociali, quanto su una parificazione tra uomini e donne. Dutt è fiduciosa: “In India e nel mondo ci sono stati due cambiamenti fondamentali: da un lato, sempre più persone sono consapevoli del fatto che la violenza contro le donne è un problema globale urgente; dall’altro, sempre più spesso queste persone sono uomini.” Certo, sono necessarie nuove leggi che riconoscano maggiori diritti alle donne e che rendano più trasparente il processo di denuncia, persecuzione e condanna degli stupratori. Ma questo non serve a niente se la maggioranza degli uomini non rispetta le donne nella vita quotidiana.
Fortunatamente, la sensibilità nei confronti di questi temi sembra essere aumentata. Se in treno una famiglia ti prende sotto la sua protezione, se il giovane impiegato di un albergo si scusa con te per la stanza misera e per il comportamento da cafoni degli ospiti maschi offrendoti chai e mithai (due tipi di dolci), o il proprietario di un ristorante sviluppa sentimenti paterni nei tuoi confronti, puoi sentirti più sicura e apprezzare questi comportamenti. Spesso sono infatti dei piccoli gesti a fare la differenza tra senso di sicurezza e paura. Evitare l’India non è certo la scelta giusta. Il dibattito indiano sui diritti della donna dovrebbe essere, piuttosto, uno stimolo per riflettere e agire, perché per l'uguaglianza tra uomini e donne ci si dovrebbe impegnare ovunque, non solo in India.
Translated from Keine Macht den Frauen? Indien denkt um