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Nel cuore della rivoluzione arancione II - Figli d’Ucraina

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Secondo episodio della serie di reportage sulla gioventù ucraina nei giorni delle presidenziali. La rivoluzione arancione sancisce la rinascita del nazionalismo ucraino?

Alexis ‘shoote’ una sigaretta (arrotolare una sigaretta nel gergo russo). Dell'alto dei suoi 20 anni, protegge il distretto ‘0’, il cuore dell'accampamento, e monta la guardia dandosi il cambio con altri ragazzi, giorno e notte. Appartiene ad una delle 4 o 5 milizie che si sono formate il 21 novembre, la sua si chiama ‘Figli d'Ucraina’. Vestito con abiti da lavoro, Alexis staziona in una delle mense del campo, in cui all’interno dei piccoli rimorchi militari, veri e propri forni a legna alimentati continuamente dai miliziani di corvé, servono a scaldare la zuppa e l'acqua per il tè. Alexis spiega le ragioni di questa disciplina quasi militare: «Abbiamo una paura enorme che la polizia possa arrivare tutt’a un tratto ed espellerci».

La rivoluzione non è certo passata senza qualche fragore, soprattutto durante la prima settimana. Brice Bader, un francese che abita da un mese nel campo insieme alla sua compagna ucraina, racconta: «Una sera ci hanno chiesto di radunarci e ci han detto 'chi vuol partire è libero di farlo; chi vuol restare è il benvenuto’. Correva voce che l'esercito fosse pronto ad intervenire per farci sloggiare, e che fossero giunti persino dei soldati russi, vestiti con uniformi ucraine». Questa notizia è stata in seguito confermata dalla BBC, che ha in effetti constatato dei movimenti di truppe nella sera del 28 novembre. Se la presenza di soldati russi in uniforme ucraina non può esser data per certa, quella di appartenenti all’FSB, l'ex-KGB, in seno agli apparati statali è tuttavia più che probabile. «Abbiamo messo i nostri pullman come prima barriera, gli uomini poi in seconda linea e nelle tende, le donne – continua Brice – ci hanno chiesto di conservare nelle tasche dei nostri abiti un foglietto con su scritto il nostro gruppo sanguigno, giusto nel caso in cui... Quella sera tuttavia non è accaduto nulla e penso che sia stato allora che la rivoluzione abbia segnato un punto decisivo». In effetti, l'esercito non si è più mosso da allora, salvo che per assicurarsi che i sostenitori di Yanukovich non venissero a creare agitazioni intorno al settore effettivamente controllato dai soldati.

500 anni di oppressione

Alcuni han tuttavia finito per stancarsi di aspettare un nemico che non arrivava mai e di difendere una rivoluzione il cui esito appareva felice. Volevano di più, volevano difendere la loro patria. Come Ochsana che faceva già parte di PORA Noir, una meterora appartenente alla costellazione del PORA giallo ufficiale, da cui si crede indipendente e che è pronta a continuare il suo attivismo anche dopo la rivoluzione. Questa volta, Ochsana intende entrare nell'UNSO, le forze nazionali ucraine di difesa-mobile, un'altra milizia che orbita intorno ai campi, perché, dice, vuol «continuare a difendere la rivoluzione». Va dunque ad ascoltare dalle parole del suo futuro capo, Vasyl Lutyj, la presentazione del movimento: «Per 500 anni siamo stati oppressi da altri popoli, senza che s’instaurasse alcun sentimento patriottico in Ucraina. Ecco da dove nasce l'idea di creare un'organizzazione paramilitare per difenderci. Fu all'epoca dell'indipendenza: non avevamo altra soluzione perché Mosca non condivideva le nostre velleità d’indipendenza. Avevamo inoltre la necessità di proteggere le nostre frontiere per preservare i territori etnicamente ucraini, in particolare dinnanzi all’arrivo di immigrati russi». Un generale entra nel locale e tutti si mettono sull’attenti. Il suo nome: Ruslan Zaitchenko. «Siamo qui per proteggere la nazione a costo di utilizzare anche mezzi non necessariamente pacifici. Questa rivoluzione non avrebbe avuto luogo senza di noi, poiché mostriamo che gli ucraini rappresentano una fiera nazione», sentenzia in prima battuta.

Referente di spicco dell’UNSO è Jean-Marie Le Pen. Come in numerosi paesi dell’Europa dell'est e come in Russia, i movimenti di estrema destra ritornano con prepotenza alla ribalta, in particolare nell'ovest dell'Ucraina. L’UNSO si annida in questi ranghi, e la rivoluzione arancione altro non è che un terreno fertile da cui trar profitto: «Questa rivoluzione mostra che persone dalle diverse opinioni possono unirsi insieme, perché tutti ucraini. Yushenko è un patriota e comprende quanto siamo necessari a tutto il paese. Ma anche se Yushenko verrà eletto, noi non non ci metteremo da parte» aggiunge il generale. Perché il motore di questa rivoluzione, è proprio il nazionalismo ucraino, che si stratti di semplice patriottismo o, più ai margini, di vero estremismo, in ogni strato della società.

L’UNSO riunisce poi gli esclusi della rivoluzione, i giovani ancora troppo giovani per votare e gli estremisti che non si ritrovano nell'azione pacifica… Senza dimenticare tutti gli amanti delle uniformi e coloro che s’infiammano dinnanzi a simboli da skinheads… Il fenomeno è inquietante e risponde ai bisogni di fratellanza e di impegno di una parte della gioventù ucraina.

16 anni e il cranio già rasato

Maksym Pevshen è capo di un’impresa, di una PMI. Lavora per Stab: se avete bisogno di una tenda, di un mezzo di riscaldamento o di una mensa militare nel campo è lui che bisogna chiamare. Questa rivoluzione ha aperto gli occhi di questo nobile, che tuttavia discende dall'aristocrazia russa: «Prima della rivoluzione non ci avevo mai riflettuto, ma adesso è sicuro, mi sento un patriota. E questo nonostante nella mia famiglia un tempo si parlava russo, la cultura cioè nella quale sono cresciuto. Oggi tuttavia capisco di far parte del popolo ucraino». Per lui come per molti altri, questa identità si definisce soprattutto a partire dall'opposizione alla Russia: «Siamo nel nostro paese eppure i russi continuano a pensare di poter guardare a noi come una loro provincia. Non ci hanno mai trattati da loro pari. Mentre Kiev è ben più antica Mosca. Non ci considerano neppure come un popolo autonomo. Putin è venuto due volte a Kiev per sostenere Yanukovich e questo ha esasperato gli ucraini». Perché nell'immaginario russo, l'Ucraina viene assimilata a Sebastopoli, la grande città militare del patriottismo russo, fondata da Caterina II. Ma anche dalla piana del Don, grande terra del proletariato operaio sovietico, dove Stakanov portò a compimento la prodezza, anche se usurpato, di estrarre 102 tonnellate di carbone in una sola giornata. Una terra che i russi hanno popolato e colonizzato, come in Crimea. Come se appartenesse loro.

La mattina dell'elezione, Yushenko si reca in chiesa per pregare. Si dice sia assai praticante. All'uscita, lo si vede dietro una miriade di passaporti ucraini mentre firma i propri autografi. Anche questa è una prova della dimensione patriottica di questo movimento. A che cosa penserà? Forse che la parte più difficile è di là da venire… Come riuscirà a soddisfare tutti questi figli di Ucraina che lo stanno portando al potere?

Translated from Au cœur de la révolution orange - Episode 2 : Les fils d'Ukraine