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L'Italia Nel Pallone

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società

Sa­ba­to 3 mag­gio tutto il mondo ha visto lo spet­ta­co­lo di una fi­na­le di Coppa Ita­lia dove ha vinto il Na­po­li, ma hanno perso lo sport, lo Stato e la sto­ria ita­lia­na. 

« Un ti­fo­so del Na­po­li a nome di tutta la ti­fo­se­ria ha detto ‘gio­chia­mo’ e si gioca. Le au­to­ri­tà stan­no tor­nan­do in­die­tro per­ché la curva ha detto si, gio­chia­mo » Que­ste pa­ro­le del te­le­cro­ni­sta Rai in di­ret­ta rac­con­ta­no la notte di or­di­na­ria fol­lia del­l’O­lim­pi­co. L’I­ta­lia é nel pal­lo­ne. Una par­ti­ta di cal­cio in poche ore é di­ven­ta­ta un caso me­dia­ti­co, po­li­ti­co e sto­ri­co allo stes­so tempo. Se ne par­le­rà per molto tempo.

Se per un at­ti­mo ci met­tes­si­mo nei panni di qual­cu­no ve­nu­to da Marte o sol­tan­to stra­nie­ro, lo spet­ta­co­lo la­sce­reb­be di stuc­co. La fi­na­le della Coppa Na­zio­na­le viene an­ti­ci­pa­ta da al­cu­ni scon­tri tra le ti­fo­se­rie di Na­po­li e Fio­ren­ti­na, ai quali si ag­gun­go­no i colpi di arma da fuoco di un ul­tras della Roma che vo­le­va dare il suo "ben­ve­nu­to", men­tre un ra­gaz­zo ri­schia di per­de­re la vita. Poi, quan­do l’i­ni­zio della par­ti­ta sem­bra com­pro­mes­so, ar­ri­va un « ar­can­ge­lo » che da la sua be­ne­di­zio­ne, si gioca.

Una sto­ria di per­so­nag­gi da bar, delle peg­gio­ri ta­ver­ne che il lato oscu­ro del paese ha pro­dot­to. "Ga­sto­ne", l’ul­tras della Roma, che ha ben pen­sa­to di fare piaz­za pu­li­ta dei na­po­le­ta­ni come un pi­sto­le­ro del far west e poi « Genny 'a Ca­ro­gna », la voce della curva, l’uo­mo che umi­lia lo stato alla pre­sen­za delle mas­si­me au­to­ri­tà dai di­ri­gen­ti del Coni sino a Pre­si­den­te del Se­na­to Piero Gras­so e quel­lo del con­si­glio Mat­teo Renzi.

Chi sono ve­ra­men­te i due per­so­nag­gi?

Par­tia­mo da lui, la « su­per­star » del mo­men­to, « Genny a Ca­ro­gna », al­l’a­na­gra­fe Gen­na­ro di Tom­ma­so. É lui l'e­mis­sa­rio del "cuore della curva", dei pa­dro­ni dello sta­dio, den­tro e fuori dal campo. É lui che parla prima con il ca­pi­ta­no del Na­po­li Marek Ham­sik e poi con la que­stu­ra. A ca­val­lo delle tran­sen­ne del­l'O­lim­pi­co de­ci­de la vita o la morte della par­ti­ta. Lui é un ca­poul­tras, uno di quel­li ri­spet­ta­ti, di quel­li che co­man­da­no per vo­ca­zio­ne na­tu­ra­le, é uno che co­no­sce la sua gente. E la sua gente lo di­fen­de. Se­con­do gli ul­tras, che "ra­gio­na­no sem­pre in te­mi­ni cal­ci­sti­ci" ha sal­va­to la fi­na­le e quin­di é un eroe. Se­con­do i fa­mi­lia­ri di una delle vit­ti­me é stato uno dei primi a soc­cor­re­re il fi­glio in fin di vita e quin­di, anche in questo caso, un eroe. Il no­stro "eroe" però é il fi­glio di Ciro Di Tom­ma­so, ri­te­nu­to un af­fi­lia­to della ca­mor­ra del clan Misso che go­ver­na il rione Sa­ni­tà di Na­po­li. Poco im­por­ta se "A Ca­ro­gna" ha dei pre­ce­den­ti pe­na­li e un Daspo. Forse gli si può pure per­do­na­re il fatto di in­dos­sa­re una ma­gliet­ta nera dove cam­peg­gia la scrit­ta "Spe­zia­le Li­be­ro", in onore del­l'as­sas­si­no del com­mis­sa­rio di po­li­zia Fi­lip­po Ra­ci­ti, morto il 2 feb­bra­io 2007 in oc­ca­sio­ne del tra­gi­co derby Ca­ta­nia-Pa­ler­mo. 

Che ca­na­glia Ga­ston!

Poi c’è Ga­sto­ne, il pa­dro­ne di casa. Al­l’a­na­gra­fe Da­nie­le De San­tis. Noto per la sua fede « nera », ben vi­si­bi­le con quel ta­tuag­gio SPQR sulle dita che hanno pre­mu­to il gril­let­to sa­ba­to­ se­ra, De San­tis é un per­so­nag­gio molto noto nella Curva sud del tifo gial­lor­ros­so. La bal­dan­za può ri­cor­da­re forse Ga­ston, il bullo da ta­ver­na della Bella e la Be­stia, "che ca­na­glia Ga­ston!" E di co­rag­gio a sfi­da­re le au­to­ri­tà ne ha da ven­de­re, so­prat­tut­to quan­do fa parte di quel mani­po­lo di ultrà che in­ter­rom­po­no il derby Ro­ma-La­zio nel 2004. Molti ri­cor­da­no quan­do disse a Fran­ce­sco Totti in ro­ma­ne­sco « non si deve gio­ca­re ». Ades­so é in ospe­dale con un frat­tu­ra alla gamba e l’ac­cu­sa di ten­ta­to omi­ci­dio plu­ri­mo.

I ma­li­gni, non ha torto, hanno par­la­to di trat­tat­ti­va "Sta­dio e Mafia". Forse hanno esa­ge­ra­to, ma il con­cet­to é sem­pre lo stes­so: in Ita­lia le isti­tu­zio­ni de­vo­no scen­de­re a patti con un’al­tra en­ti­tà per con­trol­la­re il ter­ri­to­rio. Alla fine il fotoricordo comprende anche i fischi al­l'in­no na­zio­na­le, im­ma­gi­ne di per sè ri­pro­ve­vo­le per uno stato uni­ta­rio, ma que­sto in ef­fet­ti, no­no­stan­te la pre­sen­za di un pub­bli­co nu­me­ro­so e molte au­to­ri­tà isti­tu­zio­na­li, resta non per­ve­nu­to. Senza voto.