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L'Europa divide ancora il Partito Socialista: Atto II

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La Parisienne di cafébabel

Martedì 6 novembre sarà conosciuta la posizione del Partito Socialista a proposito del trattato semplificato adottato a Lisbona. Se riserva ancora la sua risposta, è perchè da due anni l'Europa è diventata un soggetto tabù con il fallimento del referendum sulla Costituzione Europea.

Oggì non è tanto il tenore ma piuttosto la forma che da fastidio a alcuni socialisti, Nicolas Sarkozy avendo deciso di ratificare il trattato di Lisbona nel Parlamento. Quindi, solo Jean-Luc Mélenchon potrebbe votare mentre altri come Laurent Fabius s'indignano del fatto che il nuovo testo non sia presentato al voto dei francesi.

Reciterà di nuovo il Partito Socialista francese la tragicommedia che l'aveva mostrato farsi a pezzi a proposito della questione europea nel 2005? Niente è meno sicuro, tanto le ferite sembrano ancora aperte.

François Hollande l'ha capito, perciò, senza ottenere un compromesso durante il Bureau National del 23 ottobre, ha preferito rimandare la decisione al martedì 6  novembre. All'inizio il futuro ex-primo segretario del Partito Socialista ha considerato la soluzione dell'astensione. Poi, vista la pressione dei partigiani del si, rinforzati dal "transfuga" di Vincent Peillon, che defendeva ardentemente il no due anni fa, François Hollande ha dichiarato che voterebbe in favore del si. Ha concedito che "anche se il testo non è quello che avremmo negoziato", permette tuttavia di fare "uscire l'Europa dalla fase di stallo".

Il PS è confrontato ad un dilemma; come approvare il trattato, senza allinerarsi sulla posizione di Nicolas Sarkozy, che è riuschito con Angel Merkel a mettere tutti d'accordo. Oggì i membri della direzione del PS, ostili alla ratificazione della Costituzione Europea nel 2005, sono consapevoli che è difficile per loro sostenere questa posizione. In effetti è difficile spiegare ai francesi che le difficili negoziazioni che hanno condotto i capi di Stato e di Governi ad adottare il trattato di Lisbona non vanno sempre nella buona direzione.

Così alcuni preferiscono concentrare le loro critiche sulla forma e più sul contenuto del testo. Per questo, si appoggiano sull'impegno che aveva preso Ségolène Royal durante la campagna presidenziale, di sottoporre il nuovo trattato alla consultazione popolare.

E il caso di Laurent Fabius; vessillifero del no, due anni fa, che considera dunque di rifiutare di partecipare al voto che occorrerà al Parlamento "nello stato attuale". Prima di questo, Laurent Fabius vuole convincere i socialisti che devono esigere da Nicolas Sarkozy un nuovo referendum.

Altrimenti, sul contenuto del trattato, ammette alcune avanzate come la creazione di "un presidente dell'Unione Europea per due anni e mezzo e un alto rappresentante per la politica estera" ma nello stesso tempo gli dispiace che il trattato non comporti "niente per debloccare la situazione sociale e fiscale dell'Europa (...) Niente nel dominio monetario."

Vincent Peillon, un altro ex-leader del no, all'opposto di Laurent Fabius indica che voterà in favore del si. In un testo che pubblica con una quindicina di deputati o senatori socialisti provenendo del corrente Nuovo Partito Socialista (NPS) spiega : "Nel 2005, abbiamo chiamato a votare in favore del no al referendum, sperando di creare un rapporto di forza che avrebbe permesso di rinegoziare il trattato costituzionale in migliori condizioni, ma non è accadutto. Stavolta, se questo trattato non ha successo, non ci sarà une nuova rinegoziazione". Intende tuttavia di chiedere l'organizzazione di un nuovo referendum. Bisogna sapere quale sarà la sua posizione se il PS chiama a votare in favore del si senza preavviso o che il Presidente rifiuta di cedere (cio che è molto probabile).

Alla fine solo quelli che sostenevano già la Costituzione non hanno cambiato idea. Certamente, all'immagine dell'ex ministro delle affari europee, Pierre Moscovici, "il trattato non contiene tutti i progressi per i cittadini", e gli dispiace che questo testo "non preveda il voto a maggioranza qualificata per le questioni fiscali e sociali, non apra nuove competenze energetiche o ambientali." Ma, "un presidente del Consiglio Europeo stabile, un ruolo affermato dei Parlamenti nazionali, un presidente della Commissione provenendo di un voto all'occasione di elezioni europee, un altro rappresentante per le affari stranieri, una referenza alla Carta dei diritti fondamentali (...) sono delle ameliorazioni decisive" secondo lui per adottare il trattato.

Come di solito, non c'è niente di semplice nel paese del Partito Socialista. François Hollande ha dichiarato aver preso atto della decisione di Nicolas Sarkozy di non organizzare un nuovo referendum e che nel stesso tempo gli dispiaceva. Ma, Laurent Fabius, Vincent Peillon e li altri sarebbero veramente favorabili a un nuova consultazione se il Presidente aveva deciso altramente? Tutti gli ingredienti sono communque riuniti per che assistiamo martedì sera, via di Solférino a l'atto II delle divisioni per quanto riguarda il futuro dell'Europa, con François Hollande nel ruolo del regista. E vero che con tutto questo, staremmo quasi per dimenticare che si tratta di una questione importante.

Elie Levaï

Traduzione Sophie Janod