Le notizie da Bruxelles? “Importanti ma poco interessanti”. Parola di giornalista.
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Il sociologo Alessio Cornia ha intervistato decine di giornalisti e corrispondenti per capire perché l’Europa non fa notizia. Ne è venuto fuori il saggio “Notizie da Bruxelles” (FrancoAngeli), un ritratto lucido e impietoso dei meccanismi di newsmaking e delle logiche di notiziabilità.
di Tiziana Sforza
“Quando ero presidente della Commissione europea, mi sentivo un politico… a luci rosse” scherzava qualche anno fa Romano Prodi, nel commentare la presenza di notizie dedicate all’Europa in programmi televisivi per lo più collocati in seconda serata, se non addirittura di notte. Le cose stanno ancora così, anzi, forse peggio.
La mancanza di informazione dedicata all’Europa riguarda soprattutto la televisione, che è anche il media attraverso il quale la maggior parte degli italiani si tiene informato su quanto accade. Nel corso del 2010, i principali Tg italiani (quelli delle reti Rai, delle reti Mediaset e di La7) hanno complessivamente dedicato ai soggetti UE 11 ore, 33 minuti e 22 secondi, pari a 1 minuto e 54 secondi al giorno. In altre parole, ogni singola testata ha mediamente dedicato all’Ue 16 secondi al giorno (durante tutte le edizioni diurne e notturne).
E’ quanto emerge da uno studio condotto da Alessio Cornia, basato sull'elaborazione dei dati AgCom/Isimm Ricerche, presentato di recente a Roma durante il ciclo di “Incontri culturali europei” organizzato dalla Rappresentanza della Commissione europea.
I dati presentati mostrano quanto gli esponenti delle istituzioni Ue hanno parlato all'interno dei Tg e quanto i giornalisti hanno parlato di questi soggetti (o delle istituzioni europee in generale).
I risultati della ricerca evidenziano inoltre che, quando si parla di temi di rilevanza politico-sociale, i Tg italiani monitorati danno voce a soggetti e organi costituzionali, seguiti dai partiti politici e da una decina di altre categorie prima di arrivare a soggetti europei. Al Tg1 e al Tg3 va la palma dei “più europeisti”, ossia quelli che mostrano un po’ più di sensibilità rispetto a questioni che riguardano l’Europa e le sue istituzioni.
In queste “briciole” di informazione, la fetta più grande se la accaparra la Commissione europea, con il 40% su tutto il tempo dedicato ai soggetti Ue. Una magra consolazione, se si considera che la stessa Commissione nel 2010 ha investito 100 milioni di euro in comunicazione. All’Europarlamento, pur essendo l’organo decisionale più importante, va solo il 4,5 % del tempo.
Le cose forse cambieranno a breve, o almeno si spera: il nuovo contratto di servizio della Rai, approvato il 3 febbraio 2011, impone alle testate giornalistiche di diffondere notizie dedicate all’Europa.
Occorre comunque specificare che sulla carta stampata la situazione è un po’ diversa e che, soprattutto a causa della ricaduta regionale di tante decisioni Ue, i quotidiani nazionali e locali dedicano più spazio all’Europa, anche se spesso solo per documentare le contrapposizioni di alcune frange della società civile alle politiche Ue.
Negli anni Ottanta a Bruxelles c’erano meno di 500 giornalisti accreditati. L’anno scorso se ne contavano più di mille: in vent’anni sono raddoppiati. Eppure meno di cinquanta si presentano al midday briefing, una sorta di conferenza stampa organizzata dalla Commissione per comunicare i temi affrontati quel giorno. Perché?
E soprattutto, perché l’Ue è considerata un argomento giornalistico di scarso interesse?
Alessio Cornia è andato a chiederlo ai diretti interessati: i giornalisti e i corrispondenti da Bruxelles. Ne è venuto fuori il saggio “Notizie da Bruxelles”, una raccolta di testimonianze che fa luce da un lato sul rapporto esistente fra i giornalisti e le istituzioni europee, dall’altro sul rapporto fra i giornalisti e le loro redazioni centrali.
“Le notizie di Bruxelles sono considerate importanti, ma poco interessanti” affermano i giornalisti. Non hanno ricadute nell’immediato. Insomma, sono poco notiziabili. E quando finalmente salta fuori la notizia, la redazione centrale la boicotta: “Sono argomenti complicati… alla gente non interessa…” è la scusa addotta più di frequente.
“Il problema della copertura giornalistica europea è che non interessa alla direzione, che pensa che non interessi al lettore. Io non lo so se non interessa al lettore, mi piacerebbe fare una scommessa” commenta uno dei giornalisti intervistati da Alessio Cornia.
Il che viene confermato dai risultati di un recente focus group sulla percezione delle notizie dedicate alla Ue: “Gli italiani coinvolti nell’indagine hanno affermato di non provare interesse per le notizie sull’Europa a causa del modo in cui vengono raccontate loro” spiega Thierry Vissol, della Rappresentanza della Commissione europea a Roma.
“I giornalisti italiani a Bruxelles si trovano spiazzati perché sono abituati a concepire e raccontare tutto in termini in contrapposizione esacerbata. A Bruxelles le contrapposizioni sono gestiste in modo più soft, più diplomatico, e comunque diversamente rispetto all’Italia. Quindi i giornalisti si ritrovano fra le mani notizie che, ai loro occhi, non sono notizie” aggiunge Cornia.
Un dato che pare confermare l’antica differenza fra lo “stile mediterraneo” (che tende a dare attenzione alle notizie politiche soprattutto se accompagnate da polemiche e attacchi personali) e lo “stile nordico” (più attento alle notizie pacate e “di servizio”). Questa tendenza si sta pian piano invertendo, e anche le istituzioni europee hanno iniziato a mostrare il loro “lato oscuro”, i conflitti, le polemiche e i temi controversi.
Inoltre la maggior parte delle notizie dedicate all’Europa divulgate dai nostri media sono redatte al desk, ossia derivano dalle agenzie. Infatti dei 60 giornalisti italiani accreditati a Bruxelles, 30 rappresentano le agenzie di stampa, 22 scrivono per la carta stampata, 8 lavorano per televisioni e radio. Nonostante le scelte dell’Unione europea incidano fortemente sulla vita quotidiana degli italiani, la maggior parte delle testate giornalistiche ritengono che non valga la pena avere un proprio corrispondente a Bruxelles.
“Notizie da Bruxelles” contiene anche uno spaccato sulle logiche di funzionamento del microcosmo dei giornalisti: “Dietro le notizie che arrivano in Italia si nasconde un gioco strategico fatto di collaborazioni, conflitti, accordi e compromessi. C’è una negoziazione continua che coinvolge giornalisti, organizzazioni mediali e fonti e che condiziona pesantemente il modo in cui vengono raccontati gli eventi”, spiega l’autore.
E poi, a quanto pare, il posto di corrispondente a Bruxelles non è esattamente il coronamento della carriera. Anzi, laggiù i corrispondenti italiani si sentono “abbandonati” dalla redazione centrale disinteressata a quanto accade a Bruxelles. “Per questo motivo tentano di italianizzare Bruxelles – spiega Cornia – enfatizzano la prospettiva nazionale delle notizie e trattano la materia comunitaria secondo le procedure lavorative tipiche della cronaca politica nostrana”. Ardua impresa: a Bruxelles il Bunga Bunga non è ancora arrivato…
Le notizie delle istituzioni europee sono soporifere? Giudicate voi...
Si ringrazia Alvise Armellini (giornalista a Bruxelles per DPA - Deutsche Presse Agentur) autore e proprietario delle foto pubblicate in questo articolo.