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Le galassie, gli armadi e le evasioni di Nicolò Carnesi 

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Palermo

La prima puntata delle nostre interviste agli interpreti più interessanti della scena musicale palermitana è dedicata a Nicolò Carnesi, cantautore in bilico tra l'ironia e il nichilismo, che ci ha parlato di galassie e sentimenti, di esperienze passate e di progetti per il futuro.  

Capita a volte di incontrarlo tra le viuzze affollate del centro storico palermitano, con la sua massa ingestibile di capelli ricci e la sua altezza oltre la media. Nicolò Carnesi, classe '87, un'adolescenza trascorsa in un piccolo paesino a poco più di 30 km da Palermo, è già a quota due album, centinaia di concerti in tutta Italia e moltissime collaborazioni con i principali interpreti del panorama musicale underground: da Dente a Brunori Sas, da Dimartino a Lo Stato Sociale. Adesso sta cominciando a pensare a un terzo album e intanto ci ha annunciato in anteprima due date all'estero in programmazione: Parigi e Bruxelles.

La fisica non sbaglia

All'inizio c'era la “noia state of mind” della vita di provincia, dove se non amavi andare in discoteca il sabato sera eri un “diverso” e ti toccava scovare un antidoto alla monotonia per non deprimerti. Ecco, la musica era «una sorta di rifugio, di mondo parallelo dove esprimere quello che non puoi essere nel mondo della realtà. Per non crollare, per non perdere l'equilibrio» , racconta Nicolò.                                                                                           

Comincia da solista, lottando con la timidezza per riuscire a salire sui palchi dei localini palermitani, poi, nel 2007, prova a unire il mondo dell'elettronica a quello del cantautorato italiano con un duo dal nome baudelairiano: Paradisi Artificiali

Finalmente la svolta. Viene notato dalla Malintenti Dischi, esce il primo, sorprendente, album. È il 2012 e Gli Eroi Non Escono Il Sabato è il ritratto di una generazione annoiata che non sa bene ciò che vuole, con chicche diventate tormentoni come Il Colpo, Penelope, Spara! o Mi Sono Perso a Zanzibar.

La noia, il disicanto, la dissacrazione della banalità e una sostanziale incomunicabilità tra le persone tornano anche nel secondo album: Ho Una Galassia Nell'Armadio (2014) dove la fisica quantistica viene trasposta in note new wave alla New Order o in sonorità più pop alla Belle and Sebastian.

Si tratta  di un album concepito on the road, tra le decine di date del tour e un viaggio oltreoceano. Un po' più «ponderato» – come è lui stesso a definirlo – rispetto al precedente: «Nel primo non avevo assolutamente idea di cosa sarebbe successo: scrivevo e basta. Non che nel secondo ci sia stato qualcosa di artefatto, ma inevitabilmente c'era quello che era venuto prima».

Ma la differenza principale tra i due album è di tipo tematico-concettuale: «Il primo disco era più incentrato su quello che vedevo al di fuori di me; uno spaccato della vita che mi circondava, fosse quella del paese ma anche della città di Palermo. Nel secondo lo sguardo si è rivolto invece da un lato a quello che sono io ho parlato molto più di me che mi rapporto verso l'esterno (a differenza che nel primo, dove era l'esterno che si rapportava a me: proprio un'inversione di rotta) dall'altro all'infinito, all'universale, a tutto quello che è lontano da noi: le galassie, i mondi microscopici rapportati sempre a figure e sentimenti umani, che siano l'amore, la solitudine, la paura della morte e del futuro».

Realtà vs immaginazione

Quella di “una galassia nell'armadio” è un'immagine apparentemente “surreale”: come può un contenitore di vestiti contenere a sua volta un contenitore di stelle? Eppure – ci spiega Nicolò – «molte cose sembrano surreali, ma se guardi bene la realtà è tutto un contenitore di qualcos'altro. Penso che la vita sia un'enorme matrioska, in cui trovare tutto all'interno di tutto. L'idea che mi piaceva era appunto questa: nel luogo dove in genere ti ritrovi solo con te stesso, che può essere la tua stanza dove leggi i tuoi libri e ti fermi a pensare, si forma una sorta di “galassia” che ti permette di andare lontanissimo. Per dire, con i libri puoi andare praticamente ovunque. Quindi nonostante sia un'immagine apparentemente “surreale” e dicotomica, in realtà è tangibile».

Sotto un pessimismo che sembra pervasivo si cela un sognatore, insomma. Uno che ama l'evasione e non la realtà nuda e cruda. Una realtà da “sentimenti da discount” e che, diciamolo pure, la maggior parte delle volte è noiosa e deludente. 

«Personalmente quello che salva me è molto spesso l'evasione. E l'evasione io riesco a trovarla solamente con le “storie”: un libro che ti sta raccontando qualcosa, un quadro, una canzone. Insomma l'antidoto per non piombare in un pessimismo totale sono le creazioni. Ognuno poi trova il suo modo»