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L'arte è un affare privato: lo strano caso della Fondazione Prada

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Milano

Lo scorso anno la Fondazione Prada ha inaugurato la nuova sede a Milano. Qui e nella sede veneziana, Ca' Corner della Regina, si susseguono mostre ed eventi dedicati all'arte. L'ultimo in ordine di tempo "Flesh, Mind and Spirit", la rassegna cinematografica curata da Iñárritu.

Avrei voluto scrivere un bel pezzo sulla Fondazione Prada di Milano e sull’attuale rassegna cinematografica curata da Alejandro González Iñárritu. Sì, proprio quel regista che agli Oscar 2015 ha vinto ben 4 statuette con il lungometraggio Birdman e che sembra replicherà il successo con Revenant - Redivivo, candidato a 12 nomination per gli Oscar 2016. Non male no? Tra l’altro le proiezioni dei 15 film selezionati è gratuita, basta solo prenotare. Pazzesco. Però io non ci sono andata a vedere i film. Non solo - mea culpa -, non sono nemmeno mai andata alla Fondazione Prada.

Che fare? Ho pensato bene che cercando tutti gli articoli usciti sulla Fondazione sarei riuscita a scrivere una cosa degna di essere letta, ma inevitabilmente asettica. Un bel copia incolla e una vaga rielaborazione di informazioni. Come se avessi avuto una vera cartella stampa per un vero giornalista. E ci ho anche provato, giuro.

Il punto è che con tutti quegli articoli, con tutti quei nomi e date, mi è venuta l’ansia e mi sono persa. Da questo si può dedurre - oltre ad una mia scarsa capacità di organizzazione delle idee e dei dati -  che Miuccia Prada e, il consorte, Patrizio Bertelli, dal 1993 ad oggi si sono dati un gran da fare per l’arte e la cultura.

Un costoso dono per Milano e l'Italia?

Tanto che, citando l'ANSA, il Ministro dei beni culturali Dario Franceschini ha affermato: “È un dono a Milano e all'Italia perché la sfida del nostro Paese è mettere insieme storia e talento, andare oltre la conservazione con la consapevolezza che anche il Colosseo è stato arte contemporanea”. Ma sembra che la definizione di “regalo” non compiaccia i dirigenti della Fondazione. Sempre secondo l'ANSA, Patrizio Bertelli avrebbe preferito parlare di “proposta per il pubblico”. Perché, mi chiedo. Al di là del fatto che “proposta per il pubblico” suoni davvero male, non si capisce che cosa ci sia di sbagliato nel pensarlo come un bel gesto per la cultura nel nostro Paese

Qui mi viene in aiuto il New York Times. Già poco dopo l’attacco del pezzo vengo informata del fatto che anche la Fondation Louis Vuitton ha fatto una cosa simile a Parigi qualche mese prima, spendendo circa 143 milioni di euro. Non credo che questo rubi il primato alla fondazione italiana dato che si fa un confronto con la sede di Milano, non con Ca’ Corner della Regina a Venezia, aperta nel 2011 (ebbene sì, la fondazione Prada ha ben due sedi).

Arte e gentrificazione

Si conclude il nostro ragionamento grazie alla citazione di Luca Solca, analista dei beni di lusso per Exane BPN Paribas a Londra: “Prada sta consolidando la percezione che i brand come il suo abbiano a che fare con le cose belle e l’associazione con l’arte ne è una naturale estensione”. Ha poi aggiunto che questa mossa di Prada può essere considerata come la volontà di “gentrificare ancora di più il marchio”. 

Però, anche se la gentrificazione non sempre porta buone cose e se anche crediamo che l’arte debba essere gestita dallo Stato e non dai privati, è doveroso ricordare la Fondazione Prada di Milano ha un bar progettato da Wes Anderson. Quell’altro regista famoso, che di oscar ne ha vinti 6. E Wes l’ha detto: “Credo che sarebbe un ottimo set, ma anche un bellissimo posto per scrivere un film. Ho cercato di dare forma a un luogo in cui mi piacerebbe trascorrere i miei pomeriggi non cinematografici”. Forse l’avrei dovuto scrivere lì questo articolo.