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La storia di Vijesti, giornale indipendente montenegrino

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Irene Doda

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Indipendenti, minacciati, malmenati: vivono così i giornalisti di Vijesti, il quotidiano più letto del Montengro nonché uno dei pochi a essere vera-mente indipendente. Ecco il media balcanico che sfida il discredito e la censura.

Mihailo Jovović – giornalista montenegrino e direttore del quotidiano indipendente Vijesti – ha una voce bassa, profonda e ferma. Mi racconta di quando, nel 2009, lui e un collega fotografo sono stati malmenati dal sindaco di Podgorica e da suo figlio per aver scattato una foto alla macchina dello stesso sindaco parcheggiata in divieto di sosta. Dopo l’episodio, Jovović fu accusato di aggressione ai danni di un autista (che in realtà era del tutto illeso). «Il sindaco ne è uscito completamente pulito» racconta il giornalista. «Un cittadino ordinario si sarebbe beccato da uno a otto anni di galera per una cosa del genere. Ma il sistema si autotutela: polizia, politici, giudici si coprono a vicenda». Jovović è stato poi sollevato dalle accuse, a causa dell’attenzione dell’opinione pubblica sul caso.

Il Montenegro, come altri paesi dell’area balcanica, è candidato a entrare nell’Unione Europea: ha avviato ufficialmente i negoziati per l’ingresso nel 2012. Il Partito Democratico dei Socialisti è al potere da quasi 25 anni. La libertà di espressione è uno dei maggiori nodi irrisolti della nazione: l’indice sulla libertà di stampa di Reporter Senza Frontiere del 2015 lo vede al 114° posto. Rapporti con risultati analoghi sono stati presentati da Freedom House e dal CPJ (Committee to Protect Journalists).

Il costo dell'indipendenza

La storia di Vijesti non fa che confermare questi dati. Fondato nel 1997, è uno dei pochi giornali indipendenti del paese, non controllato dallo Stato o da società ad esso affiliate. Jovović e i suoi colleghi indagano quotidianamente su casi di corruzione e legami con il crimine organizzato, sugli intrecci tra potere politico, economico e mafioso.

Come accade in altri paesi della regione, gli editori dipendono quasi interamente dai fondi pubblici e dalle inserzioni pubblicitarie pagate dal governo. Il partito al potere quindi costringere i media a piegarsi alle sue volontà propagandistiche. Vijesti, essendo finanziariamente indipendente e quindi non ricattabile dal punto di vista economico, subisce attacchi di altra natura: dal discredito alle aggressioni fisiche contro i reporter.

Nel dicembre 2013 una bomba è esplosa davanti alla redazione. Pur essendo stata istituita una commissione composta da giornalisti e rappresentanti del governo per indagare sulla questione, i documenti della polizia rilevanti per il caso non sono mai stati consegnati. Secondo un rapporto del gennaio 2014 dell’ong montenegrina “Action for Human Rights” nove attacchi contro giornalisti su dieci sono indirizzati a membri della redazione di Vijesti. A un’indagine sensibile seguono sempre minacce, pestaggi, sabotaggi delle vetture o delle proprietà del giornale. Il governo fa di tutto per scoraggiare i privati dall’investire in inserzioni pubblicitarie sul quotidiano che, nonostante tutto, è il più letto del paese.

Il video dell'esplosione della bomba davanti alla redazione di Vijesti.

A tutto questo si aggiunge la campagna diffamatoria portata avanti dai media filo-governativi, primo tra tutti il quotidiano Pobjeda. Vijesti è descritto come un’organizzazione di spie al soldo della Serbia o della CIA. Il Primo Ministro Milo Dukanović lo ha definito “mafia mediatica” e ha pubblicamente auspicato il licenziamento dei giornalisti.

Jovović è stato ospite al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, dove, insieme alla collega serba Gordana Igrić, ha raccontato la situazione dei media indipendenti dell’area balcanica. Igrić è la fondatrice di BIRN, una rete di reporter investigativi, al pari massacrati mediaticamente dal governo serbo, che li accusa di spionaggio.

L’ingresso nell’Unione potrà in qualche modo modificare questo scenario? Jovović si è dichiarato scettico. «Le istituzioni europee hanno esercitato pressione per quanto riguarda le libertà mediatiche. Ma se questo governo resterà in carica non vedo possibilità di un cambiamento concreto. Nonostante le dichiarazioni, per adesso non si sono fatti passi avanti».

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