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La rivolta studentesca a Bologna

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Bologna

Al grido “blocchiamo tutto!” gli studenti italiani stanno manifestando da giorni il loro dissenso nei confronti della riforma universitaria, attualmente discussa in parlamento. Il 30 novembre circa settemila ragazzi hanno sfilato per la città di Bologna per poi dirigersi verso il casello autostradale al fine di occuparne le corsie.

Per circa due ore la circolazione è stata completamente interrotta, tagliando di fatto l’Italia in due.

“Per imporci all’attenzione di tutti siamo costretti ad inscenare degli atti dimostrativi; c’è una coltre di nebbia in questo paese che impedisce alle istanze sociali di emergere” afferma Simone, un dei coordinatori del movimento. Lo stesso giorno il corteo ha tentato di entrare alla stazione ferroviaria, il blocco della circolazione dei treni ha coinvolto molte città italiane toccate dalla protesta degli studenti. Tuttavia, all’ingresso, un nutrito cordone di poliziotti in assetto antisommossa ha impedito ai manifestanti l’accesso ai binari; sono volate manganellate e le forze dell’ordine hanno caricato i dimostranti a più riprese. “Il fatto che la polizia ci impedisca di mettere in atto le nostre iniziative rappresenta una violazione del nostro diritto di sciopero, diritto negatoci in quanto costituiamo una categoria precaria e non riconosciuta” contesta Antonio. Anche il giorno successivo si sono verificati degli scontri: alla Fiera di Bologna è il giorno d’inaugurazione del Motorshow, il più importante salone nazionale dedicato al mondo dei motori. “Siamo andati a manifestare al Motorshow perché lo consideriamo un luogo simbolico del consumismo, esattamente il modello di società che noi vogliamo combattere, e lo vogliamo fare proprio a partire dai saperi e dalla conoscenza, quindi dall’Università, l’istituzione fondamentale per formare persone raziocinanti e libere da logiche di consumo” dichiara Jessica con voce accorata.Ore 19:00, 2 dicembre, Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna:. ogni sera gli studenti si riuniscono in assemblea per dibattere della giornata di manifestazioni e per organizzare nuove iniziative. Chiunque voglia intervenire si iscrive al dibattito e quando è il suo turno prende la parola al microfono. Il tema dello scontro con la polizia anima molti degli interventi, d’altronde non sono pochi coloro che hanno subito violenze e non mancano teste incerottate e zigomi contusi. Alcuni sottolineano come la celere (il reparto di Polizia Mobile dello Stato) rappresenti un nemico da combattere, ma sono in molti che ritengono centrale l’espressione del dissenso nel merito della riforma universitaria. Inoltre, secondo Chiara “ bisogna ricordare che, nel momento in cui manifestiamo, ognuno, oltre a rappresentare sè stesso, rappresenta l’intero movimento. Per cui è necessaria una forte responsabilità personale”. Le circa trecento persone che partecipano all’assemblea, che viene denominata costituente, approvano con molti applausi le proposte di creazione di laboratori di idee, inreamente formati da studenti, i quali si facciano carico di costruire delle proposte concrete per riformare il mondo della didattica e, più in generale, la concezione di apprendimento all’interno dell’Università. “Ciò che non ci piace di questa riforma” sottolinea Simone “è il modo in cui vengono tagliati drasticamente i fondi per la ricerca e la formazione; esiste inoltre un forte problema di autonomia per il ricercatore, il quale deve sottostare agli indirizzi impostigli dal professore cattedratico che a sua volta dispone di un’autorità pressoché illimitata nell’avanzamento delle carriere dei dottorandi”. L’elaborazione di proposte concrete rappresenta una questione centrale del movimento studentesco; a questo proposito Antonio rimarca la necessità di coinvolgere altri settori della società al fine di condurre una battaglia che considera comune: “i tagli all’università comportano una dequalificazione di coloro che andranno ad affacciarsi sul mondo del lavoro. Per cui il tema della precarietà nel mondo professionale è strettamente legato al nostro dibattito. E’ necessario comprendere come le conseguenze di queste politiche tocchino alla radice non solo i diritti dello studente, ma anche quelli dei lavoratori”. Simone ribadisce il concetto affermando che “la nostra contestazione non si limita alla riforma universitaria, bensì interessa anche altre politiche del governo, come ad esempio la legge finanziaria. Inoltre stiamo cercando di spingere per uno sciopero che sia generale, che attiri tutte le categorie di lavoratori che soffrono in egual misura della precarietà e dell’attacco ai diritti acquisiti”. Nonostante le difficoltà e la crisi che serpeggia nella società italiana, all’interno del movimento studentesco c’è grande fiducia. Lo spostamento di due settimane del voto definitivo sulla riforma viene esibito come una grande vittoria degli studenti, i quali si preparano a nuove dimostrazioni in vista della manifestazione nazionale indetta a Roma, in concomitanza con il voto parlamentare di fiducia al governo. “Non ci sentiamo soli, sentiamo grande solidarietà intorno a noi, com’è stato dimostrato dagli incitamenti e dal risuono dei clacson dei camionisti che abbiamo bloccato in autostrada. Ogni giorno siamo sulle pagine dei giornali, ogni giorno scendiamo per strada a richiamare l’attenzione della cittadinanza. L’attuale crisi del governo è anche merito nostro” conclude Simone. Alla domanda su come andrà a finire i visi dei ragazzi si illuminano di grandi sorrisi e con audacia insieme rispondono: “Vinceremo!”.