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LA PEGATINA travolge l’EUROPA a ritmo di RUMBA

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Roberta Minardi

Il concerto del gruppo catalano La Pegatina ha travolto Bruxelles come un uragano di energia, musica e danza. Il frenetico spettacolo, carico di sorprese e cambi di ritmo, ha inondato l'An­cien­ne Bel­gi­que di rumba, rendendo Bruxelles un po’ meno fredda. Durante il movimentato tour europeo, riusciamo a trovare un momento prima del concerto per parlare con il cantante del gruppo, Adrià Salas.

Non è semplice trovare un attimo per intervistarli. Il primo contatto è telefonico. Sono appena arrivati ad Ams­ter­dam dopo essere stati a Zurigo. Arriveranno a Bru­xelles lo stesso giorno del concerto e ripartiranno il giorno seguente. Du­ran­te il tour “Llo­ve­rá y yo veré” percorrono tutta l’Eu­ro­pa a un ritmo in­ces­san­te, così come ai concerti. Fi­nal­men­te troviamo un po’ di tempo per parlare con Adrià, mentre il resto del gruppo scarica il materiale dal furgoncino, con cui si spostano di città in città. 

Ca­fé­Ba­bel: In che momento è nato La pe­ga­ti­na?

Adrià Salas: La maggior parte di noi proviene dallo stesso paese, Mont­ca­da i Rei­xac. Quan­do andavamo a concerti alternativi a Barcellona, dopo suonava sempre Rubén (can­tan­te e chitarrista), fino a che un giorno qualcuno ha detto "mirad el pe­ga­ti­na este..." (“guardate  l’adesivo…”). Così al nostro primo concerto abbiamo mantenuto il nome.

Ca­fé­Ba­bel: Vantate già dieci anni di carriera, quattro dischi e siete uno dei gruppi catalani con maggiore fama a livello internazionale. ¿È stato facile ottenere tutto ciò?                                             

Adrià Salas: Sinceramente non ce lo aspettavamo, però se vuoi raggiungere un obiettivo devi lanciarti. Cioè, noi all’inizio eravamo in tre, non sapevamo neanche suonare… Ma ci piaceva tanto avere fan nuovi! Bisogna lavorare sodo e noi ci siamo dati da fare per molti anni. Anche se il marchio Bar­cel­lo­na vende molto, ciò che la gente ritiene importante è l’allegria del sole, la filosofia del sud.

Ca­fé­Ba­bel: I vostri primi tour si sono svolti in Catalogna e man mano siete riusciti a farvi conoscere. Quan­do e come avete fatto il salto internazionale?

Adrià Salas: Di fatto siamo arrivati prima all’Eu­ro­pa che al resto della Spagna. Non appena pubblicavamo i nostri album su Internet, da scaricare gratuitamente, ci hanno conosciuto in Svezia e ci hanno chiamato per un tour in questo Paese. Poi abbiamo cominciato a esibirci nei Paesi Baschi, Galizia e Ma­drid, che sono luoghi abituati a sapere ciò che succede in Ca­ta­logna. Da lì abbiamo cominciato a partecipare a feste più grandi, come il Vi­ña­ro­ck o l’Are­nal, e poi finiscono per conoscerti tutti.

Ca­fé­Ba­bel: ¿Un effetto domino?

Adrià Salas: Meglio effetto mimesi. Ai grandi festival devi andare con il pubblico e, se hai qualche fan catalano, basco e galiziano, sicuramente si metteranno in prima fila e contageranno tutti gli altri. Ad esempio, in O­lan­da ci conoscono già bene e questo ci ha permesso di avvicinarci a poco a poco al Belgio.

Ca­fé­Ba­bel: La rumba si sta facendo posto in Eu­ro­pa?

Adrià Salas: Noi facciamo rumba, ma anche ska, me­ren­gue o cum­bia. In Eu­ro­pa ci vedono come un gruppo di musi­ca pop, come qualcosa che piace a tutti. Un misto, rumba… non si può etichettare.

Ca­fé­Ba­bel: Ogni anno organizzate in media 100 concerti, talvolta esibendovi in 6 con­certi consecutivi e muovendovi di Paese in Paese. Un ritmo fre­neti­co… Sapete già dove vi sveglierete ogni mattina?

Adrià Salas: Sappiamo dove ci svegliamo, ma alla fin fine, siamo sempre in un hotel. Sai l’ora e il luogo, ma non ti godi l’esperienza. Facciamo un concerto, va alla grande, ma alla fine pensi: "me ne rimangono altri 5, è meglio andare a dormire". Non puoi stare tanto con le persone, parlarci e vedere se si sono divertite al concerto. Non hai tempo di vivere quel Paese. Finché non arriviamo all’ultimo dei sei concerti, non abbiamo tempo di riflettere su quello che è successo. Cerchiamo di dormire un minimo di 8 ore. Facciamo un’attività molto fisica e, se non riposiamo, non riusciamo ad andare avanti… andiamo dal fi­sio­te­ra­pis­ta una volta alla settimana!

Ca­fé­Ba­bel: Vedervi in diretta è prova della necessità fisica di cui parlavi. Qual è la ricetta per trasformare ogni concerto in un’esplosione di musica e danza?

Adrià Salas: È quello che abbiamo dentro. In ogni caso, dipende anche dal lavoro che c’è dietro. A gennaio ci chiudiamo in una sala o a teatro e pianifichiamo tutto. Il suono, le luci, ogni cosa che faremo o diremo, i movimenti di tutti e l’interazione con il pubblico. Prepariamo tutto. Ov­via­men­te improvvisiamo qualcosa, capita con qualche canzone del Paese o qualche altra sciocchezza. Ma sappiamo in che momento e tra quali canzoni possiamo farlo.

Ca­fé­Ba­bel: Pra­ti­ca­men­te quasi tutte le canzoni vengono composte da voi. Adrià, tu ti occupi della maggior parte dei testi e poi con agli altri unisci la melodia. A cosa vi ispirate per scrivere canzoni come Alos­que u Oli­via?

Adrià Salas: Le nostre canzoni derivano in sostanza da aspetti molto differenti, alcune, anzi, diciamo la maggior parte traggono ispirazione da delusioni amorose. Ci riflettiamo su. Trattiamo anche di altri temi. Così come già si faceva con la tipica rumba gi­ta­na in epoca franchista, quando si cantavano canzoni d’amore, ma in realtà si parlava di politica. Talvolta la gente non riesce a capire, ma se lo spiegassimo, non sarebbe arte, sarebbe propaganda.

Ca­fé­Ba­bel: Senza dare inizio a un meeting politico, potresti fare un esempio?

Adrià Salas: La canzone Ara vé lo bo comincia dicendo: "Cuan­do todo es­ta­lló, me cogí de una ma­de­ra, vine flo­tan­do hasta aquí de nin­gu­na ma­ne­ra, nunca me mojé, la co­rrien­te me llevó”. Si tratta di una cri­ti­ca alla gente che non fa nulla.

Ca­fé­Ba­bel: Avete realizzato un documentario dopo 10 anni dalla fondazione del gruppo e adesso utilizzate nuovi strumenti durante i concerti, come la videocamera a 360 gra­di che avete usato a Barcellona. Avete qualche obiettivo?

Adrià Salas: Al momento uscirà un album a maggio. Ma il nostro progetto a lungo termine è diffondere la nostra musica, essere riconosciuti come gruppo musicale in grado di suonare in tutto il mondo e avere un pubblico dappertutto.

Video pro­mo­zionale del tour Llo­ve­rá y yo veré. 

Appena tre ore dopo aver parlato con Adrià, La Pe­ga­ti­na sale di slancio sul palco della famosa sala di Bruxelles. Cominciano con una serie di canzoni, cambiando il ritmo e, così facendo, in 10 mi­nu­ti, ripassano gran parte del loro repertorio. Può essere faticoso, ma è ri­vi­ta­li­zzan­te dato che pre­pa­ra il corpo a ciò che viene dopo. Dall’inizio del concerto allo spegnimento delle luci, la gente balla, salta e canta senza fermarsi. Può darsi che abbiano preparato lo show, ma ogni volta mostrano una freschezza evidente.

Translated from La Pegatina invade Europa a golpe de rumba