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La Pac, politica agricola sotto pressione

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Anna Narcisi

L'aumento dei costi dell’agricoltura compromette il rilancio della Pac. Istituita dopo la II Guerra Mondiale, è ancora in grado di adattarsi alle nuove regole del mercato?

Prima politica europea, prima voce del budget dell’Unione, prima potenza agricola mondiale, ma anche donatore di fondi (e di lezioni?) numero uno, la Pac è un soggetto sensibile e non manca di suscitare i dibattiti più conflittuali. Tutto ciò che è stato costruito dopo i Trattati di Roma del 1957 , però, rischia di essere vanificato dagli stravolgimenti del paesaggio agricolo mondiale. A 50 anni la Pac è già vecchia?

Vendo. Ma non compro

La Pac muove i suoi primi passi sotto forma di coordinamento comune delle politiche agricole nazionali per fare della nascente Comunità Economica Europea il primo esportatore mondiale. È normale per le economie che escono distrutte dalla Seconda Guerra Mondiale: tutto deve essere ricostruito. Scarsità di mezzi, disuguaglianze, disparità, così la Pac rimette pian piano a posto le cose.

Per recuperare il mercato interno è necessario per prima cosa isolarlo dall’esterno con dazi doganali per limitare le importazioni e sovvenzioni agli agricoltori e sostenere quindi le esportazioni. Si importa poco e si esporta molto: un sogno. Termina così la volatilità del mercato mondiale, ma almeno si possono vendere i propri prodotti. I vantaggi senza gli inconvenienti sono certo un beneficio, ma non piacciono a tutti.

I paesi poveri accusano l'Ue di concorrenza sleale. Il ciclo di Doha, cominciato nel 2001 dal Wto (l'Organizzazione mondiale del commercio ndr), e volto a liberalizzare gli scambi per sostenere i Paesi più fragili, è stato bloccato nel 2006. L'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) ne imputa il fallimento ai grandi produttori che non sono disposti a perdere i propri vantaggi competitivi.

Qualità o quantità?

All’interno dell’Unione, la Pac distribuisce fondi agli agricoltori per incoraggiarli a sviluppare la propria produzione, ma dal momento che i sussidi sono proporzionali alle quantità prodotte, gli agricoltori sono costretti a produrre sempre di più, anche se ciò non è redditizio. Più si produce e più si ricevono fondi, anche se non si riesce a vendere.

All’inizio degli anni Ottanta le produzioni agricole diventano eccedenti. La corsa al profitto distrugge le economie locali, assorbite dalle grandi aziende. La quantità vince sulla qualità. Questo finisce per costare troppo caro all'Ue che si batte contro gli agricoltori che si aggrappano ai finanziamenti e i Paesi beneficiari della Pac.

Quote, terreni a riposo, divario tra i finanziamenti e le quantità prodotte, così la produzione deve essere limitata. La seconda Pac prevede di ricostruire il tessuto rurale che aveva smantellato in precedenza. Seguendo i consigli dell’Ocse, le azioni vengono calibrate meglio, si preferisce la promozione della ruralità ai risultati economici e si cerca di non sovvenzionare più le aziende deficitarie.

Il prezzo dei cereali aumentato del 95,8%

A causa di tempeste, alluvioni e calamità naturali sempre più spesso i raccolti mondiali, sono cattivi. Se poi si aggiunge un aumento della domanda dovuto all'uso massiccio di biocarburante, alle diverse abitudini alimentari e un’offerta inferiore, il risultato è solo uno: i prezzi aumentano vertiginosamente. Il 95,8% in un anno per i cereali. I consumatori hanno l’acqua alla gola, ma gli agricoltori si lamentano perché non beneficiano degli aumenti a causa delle quote imposte. Fino a poco tempo fa i prezzi erano così bassi che era necessario ricevere i finanziamenti per sopravvivere, mentre oggi sono tanto elevati da far incassare fior di quattrini. Chi in passato difendeva i propri benefici fiscali, oggi è il primo a non volerne più.

Di conseguenza la Francia, primo produttore di cereali e principale beneficiaria della Pac, chiede di rivedere i capisaldi della politica agricola, ma tutti sono coscienti che la gestione amministrativa dell’agricoltura è molto spesso inefficace. Caso per caso, fluttuazione delle quotazioni agricole mondiali, difficoltà a essere gli intermediari tra il mercato interno e quello mondiale.

Da molto tempo l'Unione Europea sta cercando di riportare le tariffe europee al livello dei prezzi mondiali. Per questo motivo ha diminuito i finanziamenti, passando dal 38% al 27% del budget della Pac in vent’anni, secondo i dati dell'Ocse. Lo scopo è quello di adattare le coltivazioni alle esigenze dei consumatori. L'aumento dei prezzi, però, accelera la manovra. La commissaria per l'agricoltura Mariann Fisher Boel ha proposto di sospendere i dazi doganali a partire dal 2008. Alcuni, però, temono che in caso di capovolgimento dei mercati l'Unione Europea rimanga senza difese.

Translated from La PAC, politique sous tension