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[ita] Kosovo: AUTODETERMINAZIONE IN PRATICA - UNA FORZA DISTRUTTIVA O UN SIMBOLO DI REALE IMPEGNO PER I DIRITTI UMANI?

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Elisa Buzzi

Il movimento politico Vetvendosje - ovvero autodeterminazione - è spesso accusato dai politici, sia del Kosovo che dell’Europa, di essere estremista e di utilizzare la violenza nel tentativo di far valere i propri ideali di giustizia e le necessità della popolazione del Kosovo. Vetvendosje è realmente distruttivo o Kurti deve essere ascoltato seriamente?

Molti si oppongono e dubitano di Vetvendosje e abbastanza spesso, nei dibattiti filogovernativi, politici e giornalisti schierati non perdono occasione di criticarlo e di esprimere preoccupazioni sul suo modo di agire; comportamento che porta alla mente dei telespettatori un fatto ovvio: piuttosto che affrontare le questioni sensibili sollevate dagli attivisti in questi dibattiti, criticano le modalità di azione di Vetvendosje. Tuttavia, Vetvendosje gode di un ampio sostegno della popolazione del Kosovo, da quello che si può dedurre dal numero di persone che partecipano alle proteste e che rispondono ai loro appelli.

Per rispondere alle accuse di esprime le proprie opinioni e porre domande in modo violento, in un recente programma TV su KTV, Albin Kurti, leader di Vetvendosje ha detto: “anche la protesta è un’istituzione democratica” e ha continuato affermando che l’autodeterminazione è un movimento politico e non si limita a quello che l’espressione partito politico potrebbe implicare, che significa che agisce sia dentro che fuori dalle istituzioni del sistema e che si preoccupa solo del benessere della popolazione del Kosovo. L’obiettivo di Vetvendosje non è vincere le elezioni per andare al potere, ma nel caso questo avvenga, utilizzerebbero il potere delle istituzioni governative per rendere il Kosovo un paese in cui tutti possano vivere meglio. Questo è quello che afferma spesso Kurti, quando gli viene chiesto di definire che tipo di soggetto politico sia Vetvendosje e quali siano i suoi obiettivi.

Kurti è stato tanto disponibile da trovare tempo per una corrispondenza scritta per rispondere ad alcune delle mie domande. Di conseguenza, in un’intervista recente, realizzata tramite lo scambio di e-mail, rispondendo a una domanda relativa all’integrazione della popolazione serba, A. Kurti ha scritto: “L’integrazione della popolazione serba in Kosovo, realizzata includendo i soggetti solo nelle istituzioni pubbliche non rappresenta un processo realistico e sostenibile. L’integrazione istituzionale dei serbi consiste solo nell’integrazione dei loro rappresentanti e non della popolazione serba. La vera integrazione si raggiunge solo mediante un’integrazione sociale e democratica. Vetvendosje crede fortemente che il modo più efficace di garantire una protezione delle minoranze sia un buon funzionamento dello Stato, uno sviluppo economico che offra opportunità e condizioni di benessere per ogni cittadino del Kosovo”.

Kurti ha chiarito che Vetvendosje non ha alcun problema con la Serbia “normale”, ma con la “Serbia all’interno del Kosovo” e spesso dichiara che il Kosovo non dovrebbe possedere il modello bosniaco di governo suddiviso. “Con un accordo stipulato il 19 aprile 2013, si può dedurre che il Kosovo e la Serbia condividano entrambi il governo e la sovranità del Kosovo. La creazione dell’Associazione delle comunità serbe consiste nella creazione di una struttura parallela a quella statale, simile alla relazione che c’è tra Bosnia e Republika Srpska. Di conseguenza, le relazioni tra i due paesi non sono normalizzate dall’accordo” ha risposto Kurti nell’intervista scritta, relativamente alla sua opinione su un accordo con la Serbia.

Affermazioni come quella che la Serbia si dovrebbe scusare per i crimini di guerra, reintrodurre i documenti catastali, collaborare nel trovare e far rientrare i kosovari dispersi fanno parte delle richieste di Kurti e di Vetvendosje. In questo contesto, non si stava protestando contro le negoziazioni con la Serbia in sé, ma contro il modo in cui erano condotte, cioè senza stabilire alcune condizioni per la parte serba, come quelle citate in precedenza, ma non solo. “Non siamo contro il dialogo e le negoziazioni con la Serbia, ma siamo dell’opinione che la Serbia debba migliorare le proprie condizioni politiche, giudiziarie, morali e umanitarie, prima di dare l’avvio a qualsiasi tipo di negoziazione e di dialogo” ha risposto Kurti nell’intervista scritta.

Ilir Deda, un’analista politico, ex capo dello staff e consigliere politico del presidente del Kosovo, e attualmente direttore esecutivo dell’istituto kosovaro per la ricerca e lo sviluppo politico (KIPRED) ha incontrato Kurti a metà strada. Deda ha detto in un programma su KTV, che con l’accordo del 19 aprile “l’associazione ha trasformato le municipalità serbe in soggetti politici che opereranno nel rispetto sia delle leggi del Kosovo che di quelle della Serbia”. Ha detto che il principale problema dell’accordo con la Serbia è che rovina il concetto stesso di paese multietnico.

Deda ha detto che molti diplomatici hanno cercato di fare pressione, spiegando che l’unica opzione possibile per mettere fine alla questione tra Kosovo e Serbia e per permettere al Kosovo di entrare nell’UE è firmare un accordo base per la normalizzazione delle relazioni tra questi due stati, che definisca obblighi per ognuno dei due stati nei confronti dell’altro. Deda ha continuato evidenziando il fatto che a suo parere, l’unico modo per i kosovari di mettere fine una volta per tutte alla questione dello stato del Kosovo nei Balcani e nel mondo, consisteva nell’includere nell’accordo con la Serbia alcuni punti in cui le relazioni con questo Stato siano chiaramente definite e con il quale il Kosovo avrebbe avuto il permesso esplicito di aderire all’UE. “Questo è difficile da cambiare ora, dopo che l’accordato è già stato stipulato”, ha detto Deda. Tuttavia, ha affermato che è importante che il Kosovo cambi ora e che cambi anche il suo modello di governo, e che questo cambiamento dovrebbe essere realizzato con un voto di massa alle elezioni, perché “ogni persona del paese dovrebbe considerare il voto un obbligo, non per sé stesso, ma per lo stato”. Sia lui che Kurti criticano il governo attuale del Kosovo, non ritenendolo in grado di dimostrare nella pratica che il paese sa quello che vuole e perché, in modo che le richieste possano essere prese più seriamente dalla comunità internazionale. Deda ha parlato dei problemi del paese, come quelli relativi al non riuscire a rispettare le misure per la liberalizzazione del visto UE e per contrastare il crimine organizzato.

Quando gli si chiede del movimento Vetvendosje, nello stesso programma su KTV, Deda afferma che il comportamento della comunità internazionale nei confronti di Vetvendosje non è corretto e che non si meritano l’etichetta che gli è stata attribuita, perché Vetvendosje gode di un grande supporto da parte della popolazione e questo partito deve essere rispettato e vi si deve comunicare. Deda ha aggiunto che per certi argomenti condivide le opinioni e le frustrazioni con Vetvendosje e che entrambi esprimono pubblicamente quello che anche altri soggetti politici credono.

Il Kosovo si sta preparando per le elezioni amministrative del 3 novembre, i cui risultati potrebbero o meno essere un indicatore del sostegno che Vetvendosje possiede in generale. Tuttavia, la domanda che i sostenitori si potrebbero porre è: cosa può portare Vetvendosje alle persone del Kosovo nel caso in cui vinca le elezioni amministrative, ma soprattutto se vincesse quelle parlamentari? La pressione di prendere decisioni pratiche relative a un possibile futuro dialogo con la Serbia e con la comunità internazionale li renderà meno aggressivi di come sono ora? Oppure diventeranno flessibili nelle negoziazioni e nelle richieste, al punto di avere un effetto negativo sul progresso del Kosovo verso il diventare uno stato sovrano, comportamento che ora criticano al governo? Sembra che la popolazione riponga grandi speranze in Vetvendosje, molte delle quali derivano dalle parole e dalle azioni, considerate come una manifestazione dell’onestà del suo leader. Kurti sarà in grado di integrare la sua forza politica e di far convivere la sua libertà sartriana di azione con il diritto all’autodeterminazione? Certamente questa combinazione non sembra male per il Kosovo.

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Translated from Kosovo: Self-determination in practice - a destructive force, or a symbol of true engagement for human rights?