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“Il Trattato legalizzerà l’aborto”, la crociata dei cattolici di Irlanda

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Emanuela Lento

società

La campagna sul Trattato di Lisbona è stata il teatro di una strenua operazione di comunicazione per dimostrare che l’Unione Europea ha un’agenda anti-cristiana.

Il primo articolo apparve sull’Irish Times lo scorso febbraio. Pubblicato come articolo di opinione, il titolo serviva certo a catturare l'attenzione: “Votare sì al Trattato di Lisbona potrebbe spalancare le porte all'aborto”. Aspra critica di ciò che definiva una “propaganda politica” condotta per conto del Governo, l'articolo sosteneva che la “disonesta campagna” di informazione pubblica per la corsa al referendum “dovrebbe essere illegale”. L'autore era Richard Greene.

(Image: ©informatique/ Flickr)Il secondo pezzo arriva a luglio. Questa volta è una lettera al direttore, firmata sempre Richard Greene, dal titolo “Il Trattato di Lisbona e l'aborto”. Ancora una volta il testo è collegato a due questioni su cui il Consiglio Europeo continua a insistere, ma proprio perché non siano messe in relazione. L'obiettivo da abbattere era la campagna “Farsi sentire per la libera scelta”, lanciata dalla deputata svedese Birgitta Olson. La Olson aveva iniziato a raccogliere firme per una petizione in cui si richiedeva alla Ue di riconoscere l'accesso alle strutture abortive tra i diritti umani. Birgitta Olson nega tuttavia di voler costringere l'Irlanda a consentire l'aborto senza controllo. “Non vogliamo cambiare la legge irlandese” ha detto la Olson al The Local, “Non stiamo facendo pressione per una legge comunitaria. La Commissione Europea potrebbe sollevare la questione, ma non può costringere gli Stati a fare alcunché”. Birgitta Olson spera di raggiungere un milione di firme; finora ne ha raccolte 4.320.

La lettera di Greene sosteneva che lo scopo di questo movimento era quello di vedere introdotto l'aborto sul suolo irlandese. Greene ha buone ragioni di voler condividere la sua opinione con il pubblico irlandese. È il portavoce di un'organizzazione conosciuta come Cóir, un gruppo di pressione cattolico-conservatore che dal 2008 porta avanti una campagna per il rifiuto del Trattato di Lisbona. Il gruppo è uno degli elementi di spicco della fazione “No a Lisbona”, anche se rappresenta gli elementi più estremi nello spettro dell'opinione pubblica irlandese. Alcuni hanno ignorato la loro recente campagna dal titolo ´€1.84 il salario minimo dopo Lisbona?´, ma non tutti sanno che si tratta di un gruppo di pressione.

“È come collaborare con il diavolo”

La campagna del Cóir sostiene che un'ulteriore integrazione con l'Europa sarà una minaccia per la tutela dei valori cattolici irlandesi, e critica “l'opprimente insistenza dell'Ue nell'estendere le convinzioni immorali di alcuni Stati a tutti gli altri membri”.

E il Cóir si cela anche dietro la pubblicazione della Guida dell'Elettore Cattolico (The Catholic Voter’s Guide, 2008), un manualetto che accusa l'Ue di perseguire un' “Agenda anti-cristiana”. La guida attacca ciò che chiama “la risolutezza femminile radicale” dell'Unione Europea e afferma che le politiche comunitarie hanno “incoraggiato l'agenda degli attivisti omosessuali”. “Molti degli Stati Membri dell'Ue hanno accettato leggi immorali che permettono l'aborto, la ricerca embrionale e altri mali – si può leggere nella Guida - e il Trattato di Lisbona mina seriamente il diritto dell'Irlanda di dissociarsi e mantenere i suoi valori cattolici.” La Guida è chiara per quanto riguarda la sua, di agenda politica. Essa cita una nota inviata dall'allora cardinale Ratzinger ai vescovi cattolici degli Stati Uniti, in cui consigliava loro la giusta via che un cattolico che vuole impegnarsi nella vita politica deve percorrere.

“Votare per qualunque candidato o legislazione che possa, direttamente o indirettamente, portare all'adozione di pratiche condannate dalla Chiesa, è un modo per collaborare con il diavolo”.

Basare un dibattito politico sulle dichiarazioni di Papa Benedetto XVI e Papa Giovanni Paolo II potrebbe sembrare insolito ad un osservatore esterno. Non bisogna dimenticare però che il Cóir opera in un ambiente recettivo. Il più recente sondaggio a riguardo – era il 2006 - riporta che l'87% degli irlandesi si considera cattolico-romano. In alcune zone rurali la percentuale raggiunge un sorprendente 99%.

Anche se l’immagine della Chiesa ha risentito molto degli scandali degli ultimi anni sugli abusi sessuali nei confronti di bambini, resta da vedere quanti potrebbero ritenere una solida base per il rifiuto del Trattato di Lisbona un altro dei timori del Cóir: la possibilità che la richiesta di Papa Benedetto, ovvero che Dio sia menzionato nella Costituzione Europea, venga “completamente ignorata”.

Il contingente di Capel Street

La campagna del Cóir fa parte di una rete di gruppi di pressione formati da cattolici conservatori, tutti operanti a Capel Street, nel centro di Dublino. Sono diretti dallo Youth Defense, alleato di gruppi estremisti statunitensi nel picchettare e occupare cliniche per la pianificazione familiare. Lo Youth Defense ha contribuito al noto caso “Miss C” del 1998: citarono in giudizio una tredicenne vittima di uno stupro per impedirle di andare in Inghilterra ad abortire. I leader dello Youth Defense furono invitati, nel 1995, ad incontrare Papa Giovanni Paolo II, che consigliò loro di “continuare nel loro apostolato ed essere coraggiosi”.

Il quartier generale di Capel Street ha dato origine negli anni ad una miriade di gruppi dagli interessi fondamentalmente comuni ma che operano sotto nomi diversi: da “La campagna madre e figlio”, a “Irlanda pro-vita” e “TV verità”. La campagna del Cóir è una delle ultime, ma in un certo senso ha ottenuto più di qualunque altro gruppo. Come i “No a Nizza”, il gruppo di Capel Street che fece pressione per ottenere il rigetto del Trattato di Nizza del 2001, il Cóir è riuscito a uscire dal suo ristretto ambiente fondamentalista ridefinendo se stesso come un gruppo di protesta relativamente tradizionale, e diventando così leader nella campagna per un secondo “no”.

Traduzione editata da Alessia Smaniotto

Translated from Brussels or Rome? Irish catholics, abortion and Lisbon treaty