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Il numero c’è, ma nessuno risponde

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Quando la politica nazionale chiama, Prodi, Barnier o Solbes non ci pensano due volte. Rispondono. Lasciando un vuoto deplorabile nell’esecutivo europeo.

Gente che va e gente che viene, valigie, traslochi, spago e cartoni. Mancano alcuni mesi alla fine del mandato, ma già si respira aria di smobilitazione, senza cambiamenti (don’t worry!), alla Commissione europea. Nessuno si era mai accorto che le poltrone di Bruxelles fossero così scomode!

Un vero esecutivo europeo

La scorsa settimana il presidente francese Jacques Chirac ha richiamato a Parigi il “suo” commissario alle politiche regionali Michel Barnier. Solo qualche settimana prima Ana Diamantopoulou tornava al Parlamento greco dopo essere stata capolista socialista alle elezioni nazionali che hanno visto l’affermazione del partito di centro-destra Nea Demokratia. Anche Pedro Solbes, che detiene il portafoglio chiave del Bilancio a Bruxelles, prepara le valigie per occupare la poltrona di Ministro dell’economia nel nuovo governo spagnolo di Zapatero. Ed il Presidente Prodi – è noto a tutti dalle Alpi in giù – occupa da mesi la scena politica nazionale italiana in vista del suo rientro a Roma come futuro leader dell’opposizione all’attuale maggioranza guidata da Silvio Berlusconi.

Euro, allargamento, Convenzione e Costituzione europea, 9/11, Afghanistan, Iraq, Madrid: la Commissione Prodi ha attraversato i cinque anni più intensi della storia europea del dopoguerra, uscendone letteralmente a pezzi. Altiero Spinelli sognava e descriveva la “sua” Commissione europea come un autentico governo eletto direttamente dal popolo e responsabile dinanzi ad esso.

Come se Bush volesse tornare alla politica texana

Ma senza arrivare a tanto, sino ad oggi, la Commissione non si è mai limitata al semplice ruolo di “guardiana dei trattati”, non ha mai accettato di ridursi a direttorio tecnocratico per decidere sulla lunghezza degli spilli. Nella storia dell’integrazione europea è la Commissione che ha dato l’impulso più concreto ad ogni progetto di unificazione politica dell’Europa, a volte forzando la lettera dei trattati: perché ciò che non poté dire o fare la Commissione, fu detto e fatto da alcuni grandi Commissari del passato.

Negli ultimi 5 anni, la Commissione europea, sotto la guida di un politicante italiano come Romano Prodi, si è trasformata in un parcheggio di lusso per politici nazionali in attesa di occasioni migliori ed in sponda politica di comodo per gli interessi nazionali di turno.

Il suo ruolo anche istituzionale esce tanto indebolito dalle ultime vicende che cinque anni di esperienza e vita politica a livello europeo hanno convinto i nostri superdirigenti a lasciare Bruxelles per tornare ad Atene, Madrid, Parigi o Roma. Come se non valesse la pena darsi vita ed esperienza politica al di là ed al di sopra delle carcasse politiche nazionali. Come se Bush potesse rinunciare a Washington e perdesse il suo tempo a preparare il proprio ritorno alla guida del Texas.

Alcuni anni fa’, l’allora segretario di Stato americano Henri Kissinger si chiedeva quale fosse il numero da fare per chiamare un’Europa fin troppo divisa. Oggi l’Europa in molti ambiti è più unita di allora ed un numero da fare ci sarebbe... peccato che nessuno avrà mai il tempo di rispondere finché i presidenti ed i commissari di quest’impossibile Europa saranno sedotti dal richiamo della foresta di governi, partiti ed interessi nazionali.