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Il giornalismo del futuro

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Default profile picture leo wood

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Default profile picture carlo pennarola

Nuove forme di giornalismo stanno mettendo in discussione il pensiero di A. J. Liebling secondo cui “la libertà di stampa si limita a coloro che ne posseggono una”. Ma è una buona notizia?

“Viviamo in un’era di forti passioni politiche, in cui i canali di libera espressione sono in declino e la menzogna organizzata prospera in dimensioni mai viste prima”, scrisse George Orwell nel 1943. Chi non sarebbe oggi d’accordo con lui? Ma gli abitanti del XXI secolo hanno tratto vantaggio dall’esplosione di nuovi canali di libera espressione. Qualunque siano le proprie credenziali, se si ha un’opinione, oggi si hanno anche i mezzi per diffonderla.

Il vecchio si faccia da parte

Tradizionalmente il giornalismo ha avuto solo pochi sbocchi, la maggioranza dei quali riservati a giornalisti “qualificati” ed in genere una politica editoriale fortemente controllata. Durante il corso di questi ultimi dieci anni, molte barriere sono state infrante, facilitando il transito verso un’era di giornalismo partecipativo. Il principale responsabile è internet e la sua evoluzione verso una piattaforma grazie alla quale tutti possono essere giornalisti.

Mentre la maggior parte dei 215 milioni di utenti di internet nella Ue, accede ai servizi in rete in modo passivo, quale può essere il controllo di dati, la lettura o visione di foto, un numero sempre maggiore sta diventando, de facto giornalista. Attraverso l’inserzione dei frutti delle loro ricerche o esperienze su internet, si può dire che la gente si renda ora parte attiva di una nuova forma di giornalismo. Basta citare il caso di café babel per accorgersi di tale fenomeno: 30.000 persone visitano il suo sito ogni mese per poter discutere con gran serietà di politica e cultura. Gli articoli sono in realtà contributi volontari di gente sparsa in tutta Europa e i lettori sono poi liberi di aprire dibattiti nelle chat-rooms.

Il nuovo che avanza

Ad ogni modo, è il fenomeno del blogging ad essere identificato dai giornalisti dei media di larga diffusione quale minaccia principale alla loro professione. Concedendo l’uso al cittadino-giornalista di un mezzo di comunicazione accessibile, i blogs sono giornali online privi di censura. Accattivanti, arrabbiati, irriverenti, spesso non veri, sono un miscuglio senza regole aperto a tutti.

Il maggior numero dei blog oggi, stimati sui 10 milioni, consistono in pagine riempite di aneddoti, gossip e chiacchiere in generale. Ma se il contenuto di alcuni di questi blogs è considerato osceno nelle libere democrazie, questo rappresenta un importante atto di sfida in molte parti del mondo laddove libertà più basilari non sono concesse. In Cina, una giovane donna, è diventata famosa dopo aver pubblicato su un sito web alcune rivelazioni a riguardo di un certo appuntamento romantico segreto di una pop star. Anche se il Ministero della propaganda ha proibito la pubblicazione del suo libro e la stampa di stato ha attaccato le sue “qualità morali fortemente depravate”, lei è diventata un’eroina clandestina e un simbolo della lotta per le libertà personali. Il blog di Zimei ha registrato 20 milioni di visitatori, stimolando un dibattito che ha incoraggiato milioni di persone a prender parte online, a discussioni aperte e sincere su argomenti altrimenti considerati una volta tabù.

Internet ha dunque stimolato con potenza un tipo di giornalismo dal basso, che rappresenta la spina nel fianco dei controlli di stato. Inoltre, la natura transnazionale di internet, apre per la gente, una nuova finestra sul mondo. Di recente, la gente ha fatto ricorso ad internet per ottenere resoconti microcosmici dei drammatici eventi in Ucraina. Invece di far conto sui reportage dei giornalisti occidentali professionisti, sono i resoconti di testimonianze oculari che hanno offerto un’affascinante introspettiva dell’umore del paese, facendo sì che anche gli stranieri potessero condividere le emozioni degli storici partecipanti della Rivoluzione Arancione.

Diversificazione

Il blogging ha fatto notizia, ma in realtà rappresenta solo una dimensione della rivoluzione nel giornalismo partecipativo. Nei primi anni ‘90, gli show interattivi alla radio e la televisione costituivano una novità, ora sono invece comuni e la gente d’ogni giorno è invitata a condividere le proprie esperienze personali col resto del pubblico. Sicché, una volta, le voci dei “notiziari” e “analisti esperti” erano ad esclusivo appannaggio dei grandi. I canali tradizionali dei media (la stampa, la radio, la TV), la classe dirigente e quella imprenditoriale, si sono tutti adattati ad includere la gente comune. La maggior parte delle pubblicazioni (riviste, giornali etc.) ed emittenti, hanno siti web con chat-room sempre accessibili, che offrono agli utenti la possibilità di dire la propria. Un altro esempio è il video-diario. I progressi nel campo tecnologico, hanno fatto sì che macchine fotografiche e videocamere digitali diventassero accessori alla portata di tutti, dando la possibilità a chiunque di filmare la propria storia. Una volta finito, il filmino può essere facilmente editato col computer di casa. Il risultato prodotto, è un filmino dalla qualità semiprofessionale, che una volta scaricato sul computer, ha un’audience potenziale di milioni di persone.

Il chiedersi qualora il giornalismo partecipativo sia realmente “giornalismo”, è una questione spinosa, ma i critici che lo accantonano dichiarandolo una forma surrogata di giornalismo, non ne comprendono la portata. A differenza dei media accreditati, i giornalisti di partecipazione non sbandierano ai quattro venti la loro oggettività ed il loro monopolio sulla verità. Se sviluppi quali internet, hanno stimolato ulteriormente dibattiti pubblici su argomenti importanti, di certo rappresenta una cosa buona? Desta curiosità il fatto che in un momento in cui l’apatia dei votanti e ladisillusione per la politica sembrano essere al loro massimo storico, l’espressione delle proprie opinioni sia invece in forte crescita. Lo scopo del gioco è quello di cercare di coinvolgere quanta più gente è possibile. La partecipazione è una parte integrante del concetto di giornalismo contemporaneo, che piaccia o no agli stoici del MSM. La bellezza è che dà al comune cittadino un palco, per quanto di fortuna, d’accesso al consumatore.

Quella stessa opinione pubblica, una volta territorio monopolizzato da organi di stato e conseguentemente estesa ad una stampa libera, si sta oggi ridefinendo e sta diventando sempre più pluralista. Credo che Orwell ne sarebbe orgoglioso.

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Translated from Journalism of the future