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Glifosato: altri 5 anni di bestie nere della Monsanto

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Francesca Trevisan

SocietyAmbiente

Bruxelles autorizza l'uso del glifosato per altri 5 anni, Italia e Francia votano no. L'erbicida è denunciato da centinaia di studi, ma l'UE lo dichiara innocuo. Nella lotta che vede protagonisti lobby pro-pesticida, Stati, istituzioni e ONG, un gruppo spicca tra gli altri: persone mascherate da animali, pronte a tutto per vietare il prodotto. Reportage tra i dissidenti.

Davanti al palazzo di giustizia di Bruxelles, c'è uno strano raggruppamento: pesci, meduse, renne, orsi, anatre e altri animali si cimentano in un haka, con tanto di urla. Nel frastuono, vengono scanditi slogan come: "Des patates, pas du glyphosate" (Vogliamo patate, non glifosato), "On est plus chaud que le glypho" (Siamo più forti del glifosato), "Solidarité avec les inculpés du monde entier" (Solidarietà agli accusati di tutto il mondo), "Non non non au glyphosate... et au monde de merde qui va avec" (No no no al glifosato...e al mondo di merda che porta). Dietro questo serraglio, si cela il sostegno ai membri del gruppo di attivisti dell'Ensemble Zoologique de Libération de la Nature (EZLN). Nove dei loro membri sono stati incriminati il maggio scorso per aver danneggiato alcuni edifici dell'Associazione europea per la protezione delle colture (ECPA), un gruppo di interesse che riunisce le più grandi industrie dei pesticidi a Bruxelles. I sostenitori del sottocomandante tigre e del sottocomandante gabbia di uccelli  sono venuti a manifestare in massa la loro indignazione.

Un totale di altre cinquanta organizzazioni hanno dimostrato il proprio appoggio all'EZLN, tra cui Greenpeace, Corporate Europe Observatory, la Lega dei diritti umani e Oxfam. Queste ritengono infatti che "le azioni condotte da questo collettivo vertano su un argomento di interesse generale", in un momento cruciale per l'Unione europea, che "deve prendere la decisione di estendere o meno l'autorizzazione della produzione di glifosato, il componente principale dell'erbicida Roundup".

Il passato tumultuoso del glifosato

Non è un caso che l'EZLN abbia scelto di prendersela con l'ECPA. La lobby rappresenta in particolare gli interessi della multinazionale Monsanto, una delle più grandi aziende produttrici di pesticidi, che versa ufficialmente 400mila euro all'anno alla lobby belga. Si tratta di una cifra ben al di sotto di quella reale, secondo quanto stima il Corporate Europe Observatory (Le lobbying de Monsanto : une attaque contre notre planète et la démocratie, 2016 - Il lobbying della Monsanto: un attacco al nostro pianeta e alla democrazia).

Negli anni '70, l'azienda entra in possesso dell'invenzione di un tale Henri Martin, pensata per sgorgare i tubi: il glifosato. Il suo successo verrà però da un utilizzo completamente diverso, cioè come diserbante. In effetti, il prodotto è molto utile: permette di eliminare tutte le erbe cattive (e anche quelle buone), senza effetti sulle colture successive, basta rispettare il tempo di attesa di una settimana. Il prodotto diventa ancora più efficace se abbinato alle sementi geneticamente modificate (OGM) della stessa marca, resistenti alla sostanza. Ogni anno vengono vendute più di 700mila tonnellate di glifosato nel mondo. La molecola è infatti poco costosa e molto efficace. È per questo che dal 2000, quando l'uso esclusivo del brevetto da parte della Monsanto è scaduto, la sostanza è utilizzata da altre 90 aziende. Il glifosato si trova oggi in oltre 750 prodotti, ed è attualmente l'erbicida più diffuso al mondo.

Nel 2015, tuttavia, un'ombra oscura il successo del glifosato. Il CIRC, centro di ricerca sul cancro e agenzia dell'ONU con sede a Lione, segnala il "carattere mutageno, cancerogeno per gli animali e probabilmente anche per l'uomo" della molecola. I ricercatori collegano il linfoma non hodgkin, un raro tumore del sangue, con l'esposizione al glifosato. La letteratura utilizzata all'epoca dal CIRC escludeva gli studi realizzati dalle aziende stesse.

A partire da quella data, l'opinione pubblica, allora piuttosto indifferente se non addirittura favorevole al prodotto (grazie alle numerose campagne pubblicitarie realizzate dalla Monsanto), scopre di essere a contatto con una sostanza pericolosa. Il recente documentario di Marie-Monique Robin, Le Roundup face à ses juges (2017), mostra questi anni di utilizzo spensierato. Madri come Grataloup, francese, e Maria, argentina, che vivono vicino ai campi, raccontano come i loro bambini siano affetti da malformazioni dell'apparato respiratorio dovute all'utilizzo del Roundup. Un allevatore di maiali tedesco fa il paragone tra i suoi figli e i suoi maiali, nati con deformazioni da madri nutrite con sementi OGM contenenti glifosato. Di storie come queste ne esistono a centinaia.

"Nel quadro dei regolamenti europei, una molecola che è probabilmente cancerogena non deve più essere autorizzata", ci spiega Nadine Lauverjat, membro dell'ONG Générations Futures. Tuttavia, il CIRC, che ha riconosciuto il carattere cancerogeno del glifosato nel 2015, non è l'agenzia ufficiale per l'Unione europea. Al suo posto, troviamo l'EFSA, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare.

Nel 2015, le relazioni dell'EFSA e dell'ECHA, l'Agenzia europea per le sostanze chimiche, arrivano alla conclusione che il glifosato non è cancerogeno. Una sconfitta per le associazioni, che denunciano una decisione presa su fondamenti normativi più che scientifici. In effetti, le agenzie si sono ampiamente basate sugli studi forniti dalla stessa Monsanto, senza analizzare tutta la letteratura scientifica esistente. "Questo mette in dubbio la correttezza dei valutatori europei e la loro imparzialità", osserva Nadine Lauverjat. Un dubbio ancor più leggittimo dopo che quest'anno il giornale francese Le Monde ha pubblicato i  "Monsanto Papers". Il quotidiano svela, tra le altre, la pratica di "ghost writing", consistente nello scrivere relazioni che lodano i prodotti dell'azienda e che vengono poi fatte firmare da "esperti", in cambio di generose somme di denaro. Di fronte a queste rivelazioni, il gruppo attivista belga ritiene che i metodi d'azione tradizionali non siano più sufficienti. Di fatto, Marie Lauverjat riconosce che "il dibattito sul glifosato in Europa ha raggiunto una violenza inusitata".

Quando la natura si riappropria dei suoi diritti

Il collettivo, creato in occasione della COP21 nel 2015, non smette di lottare. Dopo il TTIP nel 2016, la battaglia del 2017 doveva essere quella contro il glifosato: "Nel 2017 abbiamo capito che l'autorizzazione per il glifosato sarebbe stata rinnovata, allora ci siamo detti che bisognava segnalarlo ai media, che bisognava parlarne, mostrare che c'è chi non è d'accordo e che esiste una resistenza concreta e diretta", ricorda il sottocomandante anatra. Quindi non lottano "per, bensì con la natura", aggiunge il palmipede.Organizzato secondo il modello dei gruppi di resistenza messicani dell'EZLN, il collettivo conta circa 200-300 persone, di età compresa tra i 18 e i 60 anni, provenienti da diversi contesti culturali e pronte a mobilitarsi in caso di forza maggiore per difendere l'ambiente. I più attivi sono circa venti, ma cercano comunque di non stabilire relazioni gerarchiche. In effetti, tutti i membri, senza distinzione di sorta, sono "sottocomandanti". Un metodo di organizzazione orizzontale, d'ispirazione anarchista. Perché, prima di essere dei difensori della natura, farfalle e macachi sono anticapitalisti. "Il glifosato è uno degli elementi del capitalismo, di fatto ne è un sintomo. Si tratta di un modello che intende generare del profitto a scapito di qualsiasi cosa: dell'ambiente, dei lavoratori e delle lavoratrici. Il capitalismo distrugge la natura. Ed è per questo che, nella nostra riflessione di protezione della natura, ci definiamo anticapitalisti, con tutto ciò che comporta", ci spiega il sottocomandante anatra.

Il gruppo conduce azioni non violente, ma sufficientemente fotogeniche, per generare un impatto sull'opinione pubblica. Un metodo d'azione che Nadine Lauverjat commenta: "Non bisogna privarsi di tutti gli strumenti legali a disposizione: gli strumenti mediatici, visivi, che permettono di arrivare a un pubblico che noi, per esempio, con i nostri studi scientifici, non riusciremmo a  raggiungere. Le associazioni danno prova di una grande immaginazione, utile per stimolare il dibattito. E poi, è importante restare nella legalità. La disobbedienza civile è valida, ma deve essere condotta in maniera molto precisa".

Armata di secchi di vernici ad acqua, bombolette spray, terra e foglie, il 10 maggio 2017, l'allegra truppa si dirige in una missione di forza alla sede dell'ECPA a Bruxelles. L'azione è un successo, ma finisce male. La polizia si apposta e arresta nove persone. Perseguiti dallo Stato belga, rischiano la grave pena di reclusione con condizionale.

A Novembre, mese in cui Bruxelles si è espresso per mantenere per altri 5 anni l'uso attivo del glifosato, la "natura" si mobilita, solidale. Un venditore di patate è venuto per dimostrare il suo sostegno agli attivisti. Dall'inizio della mobilizzazione, ha venduto più di 1.000 sacchi, pari a circa 3 tonnellate. Per ogni sacco venduto, ha versato 3 euro all'associazione. Un modo per supportarli, afferma, visto che non ha tempo di recarsi spesso in "città", dove si concentra l'azione. I sottocomandanti, a turno, prendono la parola. Il sottocomandante orso presenta l'EZLN come "un'unione di animali e vegetali" che spera, soprattutto, nella creazione di un tribunale penale internazionale per i crimini contro l'ambiente. Il sottocomandante renna deplora un "clima di repressione" ed elenca tutti i processi in corso che vedono coinvolti gli attivisti. Nina, membro del Corporate Europe Observatory, racconta ciò che è successo la mattina stessa, dietro le porte chiuse delle istituzioni. Gli Stati membri non sono ancora riusciti a raggiungere un accordo, e la decisione viene rinviata. Italia, Francia, Belgio, Grecia, Croazia, Cipro, Malta, Lussemburgo e Austria si sono dichiarati contrari al rinnovo della licenza del glifosato per altri 5 anni. 18 stati membri hanno votato a favore. Solo il Portogallo si è astenuto.

Incontrata il giorno stesso del processo, la deputata Christine Revault D’allones Bonnefoy (S&D), che ha votato nel Parlamento europeo per il divieto del glifosato, si rammarica: "Quando abbiamo a disposizione tutte le informazioni, non possiamo chiudere gli occhi. Bisogna fermare questo scandalo". Secondo la deputata, gli Stati membri diventano complici della Monsanto, se non si oppongono al rinnovo del glifosato. Sottolinea inoltre l'importante lavoro degli informatori di atti illeciti, come ad esempio l'EZLN. Aggiunge che "la questione riguarda la vita di uomini e donne. Se esiste la politica, dopotutto, è per loro".

"Il risultato è un regalo alle multinazionali", dicono gli animalisti. Ma l'EZLN non intende arrendersi: "Il processo è un modo per farci tacere. Noi siamo qui per preservare un bene comune, quindi non staremo zitti", afferma il sottocomandante anatra.

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Translated from Glyphosate : les bêtes noires de Monsanto