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Gestire la presenza sul web: la storia di due giornalisti fuori dagli schemi

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Violazione dei dati, identità rubate, annunci mirati che ci seguono con insistenza da una pagina web all'altra... e poi c'è il tempo medio che trascorriamo sulla rete ogni giorno. Tutto questo dimostra quanto poco controllo abbiamo delle informazioni personali che mettiamo online. Ho intrapreso quindi, un viaggio alla ricerca di giovani che, avendone abbastanza, hanno deciso di ridurre drasticamente la loro presenza online. Ho incontrato Tom e Malika, due giornalisti fuori dagli schemi.

Sto attraversando Berlino in un vagone mezzo vuoto quando improvvisamente sento il cellulare vibrare nella mia tasca. Sblocco e trovo un messaggio da parte di Malika, una giornalista di 24 anni di Bishkek, Kyrgyzstan, che non ho mai incontrato. Lei ha risposto a un post sulla mia pagina dicendo che vuole essere intervistata sulla storia a cui sto lavorando. Risulta che non sia facile come sembra trovare qualcuno che di propria volontà si cancelli da internet. Quindi potete immaginare la mia sorpresa quando ho visto la risposta di Malika dal momento che sono stata uno dei suoi ultimi commenti su Facebook. Sta pensando di cancellare il suo account.

Malika non è la prima e certamente non sarà l'ultima a farlo. Il mondo intero ha dovuto fare i conti con la realtà quando è scoppiato lo scandalo di Cambridge Analytica, che ha violato i dati di 50 milioni di account Facebook. A marzo di quest'anno ha fatto la stessa cosa l'hashtag #deletefacebook, sviluppatesi paradossalmente online, che da allora sembra essere diminuito. Tuttavia la gente in tutto il mondo presta molta attenzione quando si tratta di proteggere i propri dati online. Così ho deciso di scoprire com'è difficile (o semplice) cancellarsi definitivamente da internet dal momento che quattro delle applicazioni iOS più scaricate ](http://www.wired.co.uk/article/delete-facebook-movement-brian-acton-leave-aleksandr-kogan) sono tutte gestite da Facebook e questa è solo la punta di un iceberg.

Twitter, annunci mirati e tradimento

Giornalista di professione, Malika ha cominciato a controllare la sua presenza online circa un anno fa. Quando ha cominciato a interessarsi della vigilanza e dell'uso dei dati personali su internet, la giovane ha deciso si cancellare il suo account Twitter. Essendo una giornalista ha usato l'username_ @darklordwannabe_ per controllare le notizie, avere un contatto con varie organizzazioni e mettersi in comunicazione con le fonti potenziali per il suo lavoro. La forza trainante di questa scelta drastica è stato un improvviso cambiamento dell'algoritmo Twitter. “(Da un giorno all'altro), ricorda, i miei feed si trasformarono in una selezione casuale dei tweet più popolari con un miscuglio notevole di annunci pubblicitari. In definitiva, niente a cui potessi essere interessata”.

Desiderosa di capire esattamente cosa stava accadendo con i suoi feed, Malika si buttò a capofitto tra le impostazioni dell'account e richiese un resoconto dettagliato dei suoi dati twitter con la lista delle inserzioni indirizzate a lei. Studiò attentamente le informazioni che ricevette per sapere in quali tailored audiences si trovasse.

Twitter permette che gli inserzionisti lancino campagne pubblicitarie mirate per creare “campagne di marketing altamente efficaci://business.twitter.com/en/help/campaign-setup/campaign-https://business.twitter.com/en/help/campaign-setup/campaign-targeting/tailored-audiences.htmltargeting/tailored-audiences.html)”.Così facendo, la piattaforma permette agli inserzionisti di indirizzare i loro annunci alle tailored audiences: liste di consumatori specifici, persone che hanno visitato i loro siti web di recente o gruppi che hanno agito su un'app di annunci. In seguito alle sue ricerche,Malika rimase scioccata: “ Risultò che più della metà dei contenuti che Twitter mi aveva proposto non mi riguardavano assolutamente. Questo mi irritò e pensai: “Okay, tu vuoi trarre profitto dai miei dati personali e tracciare le mie ricerche sul browser per vendermi di tutto ma non sai niente di ciò di cui ho bisogno”. Quello stesso giorno cancellò il suo account.

Mi hai proprio rimosso?

Poi fu la volta di Instagram. Come con Twitter Malika decise che sarebbe stata meglio senza annunci fastidiosi e contenuti non pertinenti. Questo è accaduto circa tre mesi e mezzo fa. Da allora, lei era già diventata un' esperta nel cancellare le sue tracce sul web e aveva letto dozzine di articoli sull'argomento. In una spiegazione passo passo, Malika mi ha detto come sia difficile cancellare un account su Instagram: “Prima, cancelli tutti i contenuti che hai postato. Poi, cambi il tuo indirizzo email associato al tuo account con un altro che non userai. Questo ti aiuterà a evitare qualsiasi mail o notifica (dai social). Lo stesso va fatto con il tuo numero di telefono. Fatto questo, puoi cancellare definitivamente il tuo account. L'improvvisa scomparsa di Malika da Twitter e Instagram non è passata inosservata. Alcuni suoi amici pensarono che li avesse bloccati e cominciarono a chiedersi il motivo. “Ho dovuto spiegare che avevo semplicemente cancellato il mio account e che non avevo bloccato nessuno”, Malika ride, “ alcune persone hanno approvato la mia scelta, altre l'hanno trovata strana ed esagerata. Complessivamente però, la reazione della gente è stata abbastanza positiva”. Coloro che sono stati più solidali con la decisione di Malika di scomparire da internet, sono stati i suoi genitori che “ sono stati sempre a favore di uno stile di vita sano, incoraggiandomi a trascorrere poco tempo sui social”.

Quando le ho chiesto se la sua vita professionale è stata influenzata dalla decisione di ridurre la sua presenza su internet, lei si è fermata un momento a riflettere. “Non penso”, dice, scuotendo la testa. E' difficile immaginare che una giornalista, cancellando la sua presenza sul web, non influenzi la sua carriera. Ma, se Malika è vissuta per raccontare la sua storia, io dovrò prenderla in parola. Ora, all'ultimo anno del suo master, Malika guarda avanti per cambiare il suo percorso e per trovare un altro campo di interesse. “Spero veramente di lavorare molto di più con la raccolta e l'analisi dei dati. Non voglio dover contattare nessuno e diventerò capace di ridurre ulteriormente l'uso delle varie piattaforme online”, spiega. Alla fine della giornata la giovane giornalista dice di essere contenta della sua decisione e di essere diventata “più giudiziosa” sul modo in cui trascorre il tempo e sul modo in cui interagisce con le persone.

Addio, Zuckie!

Ma andiamo alla domanda da un milione di euro: e Facebook? E' l'unico social che Malika ha continuato a usare nonostante la sua mission di cancellare la sua presenza online. Dato il recente scandalo ( di Cambridge Analytica),(https://www.theguardian.com/news/2018/mar/17/cambridge-analytica-facebook-influence-us-election), il fatto che la piattaforma sia stata accusata di controllare le persone(https://www.theguardian.com/technology/2018/may/24/facebook-accused-of-conducting-mass-surveillance-through-its-apps) attraverso le sue app, mi sarei aspettata che la giovane dicesse addio a Zuckie (Mark Zuckerberg, ed.).Quando le ho chiesto se questi scandali hanno rafforzato la sua decisione di cancellarsi definitivamente dalla piattaforma, lei ha risposto con indifferenza: “Non penso. Non sono rimasta sorpresa quando è successo tutto questo. La questione dei dati personali su internet è enorme ed è facile trarne profitto”.

Malgrado l'amministratore delegato di Facebook affermi che l' l'hashtag #deletefacebook non sta avendo molto impatto sulla società, la maggioranza dei media sembra che stiano facendo la loro parte, perlomeno negli Stati Uniti. Secondo uno studio condotto da Creative Strategies, il 9% degli americani potrebbe aver cancellato completamente il proprio account per problemi di privacy. Mentre continuiamo la nostra conversazione via skype, che Malika ha dovuto reinstallare, diverse notifiche gmail mi distraggono. Mi scuso e le ignoro, anche se so perché la mia casella di posta viene tempestata da messaggi. La nuova legge sulla protezione dei dati (GDPR) è appena entrata in vigore in Europa. Le organizzazioni, le stazioni mediatiche, le compagnie e tutti gli organismi che operano nell'area economica europea, sono obbligate a rispettarla ma l'esportazione dei nostri dati fuori dall'Europa necessita del nostro consenso. Le mail che mi dicono esattamente come i miei dati vengono usati da una certa organizzazione o che mi chiedono di accettare specifici termini di utilizzo sono solo una goccia nel mare. Eppure, secondo il sito web ufficiale, il GDPR è “il più importante cambiamento che riguarda la privacy negli ultimi 20 anni”. Ci sono voluti quattro anni per essere preparata, discussa ed è stata approvata solamente il 14 aprile 2016 prima di essere finalmente applicata il 25 maggio di quest'anno.

Vedendo la mia reazione, Malika mi offre una valida soluzione a gmail. Da molto tempo, è passata da un normale servizio email a un sistema più sicuro con un criptaggio totale chiamato Protonmail. Lei Applica la stessa attenzione alle ricerche sul web. Invece di usare Google, usa DuckDuckGo, un motore di ricerca che si dice protegga la privacy degli utenti ed evita di personalizzare i risultati di ricerca. Malika ha scelto anche di aggirare “il lato oscuro” delle comunicazioni anonime e usa Tor, (Onion Router) software, che nasconde l'attività dei suoi utenti spostando il traffico verso server diversi. Questi server sono chiamati “overlay networks” e hanno più di settemila trasmettitori che nascondono il luogo e qualsiasi attività di un particolare utente. Come una cipolla bisogna attraversare migliaia di strati per arrivare alla sorgente.

Disconnettersi per migliorarsi

Se il problema di Malika di ridurre la sua presenza su internet è stato un procedimento graduale, Tom, un giornalista americano di 26 anni, ha scelto un approccio più radicale. Lui ha cancellato le tracce su tutte le piattaforme usate che includono Twitter, Instagram, Facebook e Linkedin. Ho conosciuto Tom nel modo più ovvio, attraverso un mio amico che ha risposto allo stesso post su Facebook e che mi ha dato il suo indirizzo email. Dopo aver comunicato in maniera altalenante, ho suggerito con naturalezza un'intervista con Skype. Tom risponde che preferisce comunicare via email. Dal 2016 in poi, Tom ha cominciato a cancellare gradualmente i suoi account sui social. Da giornalista, li usava per lavoro. Come Malika, lui contattava clienti e candidati usando Twitter Facebook e Linkedin. Ma a differenza della sua collega del Kyrgystan, il motivo dietro la sua decisione è semplice: Tom voleva essere una persona più produttiva e più sana. “ Sentivo di trascorrere troppo tempo su queste piattaforme e di non crescere come persona. Sentivo che sarebbe stato meglio leggere libri, allenarmi all'aperto, tenere vere conversazioni con le persone ed esercitare le mie abilità culinarie”, spiega, aggiungendo più enfasi alla sua passione per le ricette vegetariane.

Mentre leggo le motivazioni di Tom a favore di una vita priva dei social, penso a Tristan Harris, il primo designer di Google e le menti dietro l'organizzazione Time Well Spent(http://humanetech.com), e la sua teoria secondo la quale la tecnologia moderna sta facendo a pezzi le nostre menti. Harris ha paragonato i nostri telefoni a delle “slot machines” che controlliamo continuamente per vedere se abbiamo ottenuto qualche bonus, nuovi like, più followers o qualche altra ricompensa, spingendoci a rimanere online più a lungo. Niente di più facile, che a lungo andare, tale dipendenza può avere un effetto negativo sulla nostra salute mentale, sulle relazioni sociali e sul nostro benessere generale.

Sebbene l'iter di cancellazione della sua presenza online sia stato graduale ed è durato circa un anno, Tom, in confronto a Malika, ha sentito una reazione più forte da parte della sua famiglia e dei suoi amici. Essi si mostravano piuttosto preoccupati, “ma, una volta spiegata, hanno capito la mia decisione”, ricorda. “ Alcuni erano confusi sul fatto che non volessi usare i social”, aggiunge.

Volere è potere

Mantenere un network professionale senza la presenza online è stata una grande sfida per Tom, lo stesso come trovare un nuovo lavoro: “ i datori di lavoro apprezzano il fatto che i candidati abbiano siti web personali, account social attivi e una forte presenza online per mettere in evidenza le proprie abilità, spiegare i propri obiettivi e poter essere contattati facilmente. Tom ammette di aver esitato solo nel cancellare il suo account su Facebook per questioni non legate al lavoro. Lui usava Facebook, come fanno in tanti, per tenersi in contatto con amici che vivevano lontani. Ma, volere è potere. Tom ha cercato di risolvere il problema spingendo i suoi amici a contattarlo via email, e finora ha funzionato.

Quando parliamo di Facebook e Linkedin, Tom si sofferma sulla natura consumistica delle due piattaforme, le cui funzionalità rendono quasi impossibile diminuire il tempo che gli utenti trascorrono usandole. Per di più, cancellare un account non è sempre una cosa facile; la funzione è spesso nascosta nei meandri dell'applicazione, inserita tra clausole scritte in piccolo e le FAQ. “ Questi social sono progettati da ingegneri molto scaltri al fine di catturare l'attenzione delle persone e mantenerla a tutti i costi”. Questo sistema si basa sul “premio”. In sostanza è quando le notifiche casuali spingono una persona a controllare continuamente il proprio account nella speranza che ci siano nuove attività”, spiega. I premi sono parte integrante dell'hook model e trasformano gli utenti in fan sfegatati. Molti social usano l'hook model per creare dipendenza negli utenti, portandoli nel ciruito trigger- action- reward che si ripete continuamente.

Chiedo a Tom se usa un telefono cellulare e quando risponde di sì, mi manda uno screenshot dello schermo del suo iphone. Ci sono tre icone: contatti, chiamate e messaggi. “ Uso il telefono per mandare messaggi e per chiamare,” dice, “ Qualche volta lo uso per le foto. Questo è tutto. Uso anche le impostazioni della scala dei grigi sul mio iphone per ridurre la sua capacità nel creare dipendenza”. Incuriosito, vado alle impostazioni e cambio i colori dello schermo. Quello che di solito è un invitante mondo di colori, le notifiche e i collegamenti diventano sbiaditi, é come guardare Avatar in bianco e nero. Per non parlare di Instagram.

Avendo ultimamente incontrato un'amica che ha detto di aver trovato l'amore della sua vita su internet, ho in mente un'altra domanda: e le app per incontri? Ho rivolto la domanda a Tom, chiedendogli se cancellare la sua presenza online abbia avuto un qualche impatto sulla sua vita. “Conosco molte persone della mia età che usano i social (come Tinder o Bumble) per incontri e relazioni. So che limito me stesso non partecipando”, ammette. “Ma io voglio una storia più originale per le mie relazioni romantiche. Usare internet per trovare l'amore sembra così disperato, sterile e noioso. Io voglio qualcosa di più casuale”, conclude, dicendo che socializzare con gli amici ( bevendo e giocando a carte) resta uno dei suoi passatempi preferiti.

Finisco di leggere la mail di Tom. Parla dei libri che ha letto e racconta la sua ultima esperienza culinaria, shakshuka, una ricetta che ha felicemente allegato alla sua ultima mail. La apro e trovo immagini colorate e vivide descrizioni del piatto. Mi ritrovo a pensare al pane alla banana che da sempre volevo cucinare ma che non ho mai avuto il tempo di fare. Forse sono stata troppo occupata con il lavoro o forse ho trascorso molto tempo su internet.


Questo articolo è stato pubblicato con la collaborazione di Mes Datas et Moi, una piattaforma che si dedica alla rivendicazione delle nostre identità online. Vuoi controllare](https://www.mesdatasetmoi.fr/)?

Immagine di copertina: (cc) Matthew Henry/Unsplash

Translated from Online presence management: The story of two journalists off the grid