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Fenomenologia della UK Music Industry post Brexit

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Sarah Penge

Roma

"Hello, Goodbye" cantavano i Beatles nel 1968 all'uscita del loro Magical Mystery Tour. Questa volta, invece, l'hanno cantato i cittadini britannici che lo scorso 23 giugno si sono espressi con circa il 52% delle preferenze per il "leave" dall'Unione Europea. Ma cosa cambierà nell'industria musicale britannica? Tra il tea delle 5 e un live al Cavern Club di Liverpool ho provato a rispondere.

Lo scorso 23 giugno la Gran Bretagna ha deciso, tramite referendum, che lo stato debba uscire dalll’Unione Europea e, con circa il 52% delle preferenze per il leave, i cittadini britannici hanno sconvolto le sorti del proprio paese.

Ma cosa accadrà da qui ai prossimi anni? Molti sono gli scenari che si prospettano. Ma l’unica certezza, per ora, è che la UK dovrà presentare, in base all’art. 50 del Trattato di Lisbona una notifica di intenzione di recesso al Consiglio Europeo.

Probabilmente con la Brexit sarà più difficile bere in tranquillità il famoso tea delle 5 o fare un salto al Cavern Club senza prima aver compilato il visto d’ingresso per entrare in UK.

Ma vi ricordate chi si esibiva al Cavern Club di Liverpool? Esatto, proprio loro.

I nonni, padri, insomma, chiamateli come volete, della British Music, ossia i Beatles.

Ma cosa c’entrano i Beatles con la Brexit? E soprattutto, che ripercussioni ci saranno nei confronti dell’industria musicale britannica?

Hello, Goodbyein questi giorni è cantata un po’ da tutti e sicuramente i cari Sex Pistols quando intonavano Anarchy in the UK qualcosa avevano previsto, come anche i The Smiths con la loro Panic” - “Could life ever be sane again? recitava un giovane Morrisey nel 1988.

Ovviamente la vita, per i cari cittadini Britannici non sarà più la stessa, ma andiamo ad analizzare nel dettaglio le conseguenze del mercato musicale dal momento in cui la Gran Bretagna non sarà più parte dell’Unione Europea.

L’industria musicale britannica fattura circa il 5% dell’economia del paese secondo la UK Music, l’associazione che raggruppa la parte produttiva e commerciale dell’industria musicale britannica mentre, stando alle dichiarazioni della British Phonographic Industry - altra associazione che rappresenta le case discografiche all’interno del Regno Unito - l’Unione Europea è stata essenziale per il mercato musicale british, per quanto riguarda i live degli artisti.

Less promotional tours”: con il Regno Unito fuori dall’UE sarà più difficile spostarsi liberamente. E quindi niente più Glastonbury Festival, Isle of Wight, O2 Arena and so on. Ma avete pensato quanto possa essere costoso per un artista spostarsi in tour? Ebbene, oltre alle spese di base, gli artisti dovranno fare i conti con due situazioni molto costose: i visti individuali per entrare nell’Unione e l’introduzione di un “carnet”, ossia un documento sul quale bisognerà dichiarare nel dettaglio - come accade negli Stati Uniti - ogni singolo strumento che dovrà essere trasportato, per prevenire l’import e l’export di prodotti senza pagare la famosa IVA, l’imposta sul valore aggiunto.

La PRS - ossia la Performing Rights Society, altra associazione che supporta la diffusione della musica britannica all’estero - non è affatto felice delle conseguenze Brexit. Colin Robert, manager dei Bloc Party, in un’intervista al Pitchfork Magazine, ha ricordato che in UK esistono dei fondi per supportare i tour degli artisti negli Stati Uniti. In questo caso bisognerebbe istituire fondi anche per chi volesse promuovere i propri lavori nell’UE e non tutti gli artisti, in particolare emergenti, potrebbero essere supportati.

Ma vi ricordate invece il caso Soundreef? Potrebbero esserci ripercussioni anche per i nostri Fedez e Gigi D’Alessio. Un mese fa abbiamo visto l’introduzione del pacchetto legislativo del Mercato Unico Digitale e delle nuove leggi proprio per il controllo del copyright e il libero scambio di contenuti digitali. La SIAE cominciava a perdere colpi con Soundreef, dal momento in cui si parlava di concorrenza perfetta all’interno del mercato e non più di monopoli di stato. Adesso invece la sede della società che tutela i diritti degli artisti dovrà essere spostata in uno dei 27 paesi restanti dell’Unione Europea per poter continuare ad operare senza problemi.

Si parla anche di mercato fisico di cd e vinili: una ricerca condotta dalla BPI, dimostra che nel 2015 più del 17% della vendita degli album di artisti britannici, dopo la Gran Bretagna, derivava da sei dei mercati più importanti musicali europei come la Germania, Francia, Svezia, Italia, Spagna ed Olanda. Abbiamo parlato di IVA e dell’import ed export precedentemente e, con grande rammarico, verranno ripristinati i tanto cari dazi doganali con i quali, per acquistare anche un capo su siti come Asos - famoso per lo shopping online, ci converrà aprire un mutuo in banca.

Last but not least, sapevate dei fondi europei per l’arte? Nel 2012 il 46% delle domande provenienti dal Regno Unito hanno ottenuto questi fondi.

Un esempio: il Liveurope, una piattaforma musicale che coinvolge 13 locali in 13 Stati Europei, aiutando gli artisti a promuoversi. Nel 2015, la Gran Bretagna ha ottenuto la bellezza di 20 mila euro di fondi per poter ospitare la manifestazione a Londra cosa che, senza UE, non potrà più avvenire.

Un bel danno per la Gran Bretagna questa Brexit, ma gli stessi Beatles in Revolution, nel 1968, si chiedevano Don't you know it's gonna be all right? al grido di You say you want a revolution.

L'audio completo qui -> Come cambia il mercato musicale in caso di Brexit?

europhonica.eu

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